mercoledì 27 febbraio 2013
giovedì 21 febbraio 2013
BIBLIOFOLLIA : . Vocabolario degli Accademici della Crusca,
BIBLIOFOLLIA : . Vocabolario degli Accademici della Crusca, con tre indici delle voci, locuzioni, e proverbi latini, e greci, posti per entro l’opera. Venezia, Giovanni Alberti, 1612.
PRIMA EDIZIONE di quello che è unanimemente considerato come il primo dizionario scientifico di una lingua europea moderna. Esso ebbe inoltre un ruolo fondamentale nello sviluppo dell’italiano nei secoli successivi fino all’unità d’Italia.
I primordi dell’Accademia della Crusca risalgono al decennio 1570, quando cominciarono le prime riunioni di un gruppo di amici che si dettero il nome giocoso di “crusconi”, prendendo così le distanze dalle pedanterie dell’Accademia fiorentina. La prima adunanza, in cui si cominciò a parlare di leggi e statuti, si svolse il 25 gennaio del 1583, ma la cerimonia inaugurale dell’Accademia risale al 25 marzo del 1585.
Vengono tradizionalmente indicati come fondatori della Crusca Giovan Battista Deti (il Sollo), Anton Francesco Grazzini (il Lasca), Bernardo Canigiani (il Gramolato), Bernardo Zanchini (il Macerato), Bastiano de’ Rossi (l’Inferigno) e, soprattutto, Leonardo Salviati (l’Infarinato), il quale, pur essendo entrato per ultimo, dette la spinta decisiva verso l’istituzionalizzazione dell’Accademia e la codificazione della terminologia legata alla farina. L’Accademia aveva infatti il compito di separare il fior di farina (la buona lingua) dalla crusca, secondo quel modello linguistico già promosso dal Bembo nelle Prose della volgar lingua (1525), che prevedeva il primato del volgare fiorentino modellato sugli autori del Trecento (Dante, Petrarca, Boccaccio). Tutti gli oggetti e i mobili dell’Accademia avevano nomi attinenti al grano e al pane, compresi gli stemmi personali degli accademici.
Intorno al 1590 l’attività dell’Accademia iniziò a focalizzarsi sulla preparazione del Vocabolario. I primi testi ad essere spogliati furono quelli volgari delle Tre Corone, seguiti da altri testi fiorentini, per lo più letterari, del Trecento e da autori più recenti come Francesco Berni, Niccolò Machiavelli, Pietro Bembo, Giovanni della Casa, Ludovico Ariosto e lo stesso Salviati. L’aperto fiorentinismo arcaizzante proposto dal Vocabolario, che, quando apparve nel 1612, suscitò immediatamente grandi dispute, destinate a durare fino alla fine dell’Ottocento, ebbe tuttavia il merito di codificare per secoli, in un’Italia politicamente e linguisticamente divisa, un idioma comune, realizzando uno strumento indispensabile per tutti coloro che volevano scrivere in buon italiano.
Il Vocabolario ebbe grande fortuna in tutta Europa e fu preso a modello dalle altre accademie europee nella redazione dei vocabolari delle rispettive lingue nazionali: Dictionnaire de la langue françoise (1694), Diccionario de la lengua castellana (1726-1739), Dictionary of the English Language di Samuel Johnson (1755), Deutsches Wörterbuch dei fratelli Grimm (1854).
La seconda edizione del Vocabolario apparve a Venezia nel 1623, a cura di Bastiano de’ Rossi, senza sostanziali modifiche o aggiunte rispetto alla prima. La terza edizione, uscita nel 1691 a Firenze in tre volumi, ebbe una lunga gestazione (i lavori iniziarono nel 1648) e contiene per la prima volta termini tecnici di arti e mestieri. La quarta edizione del Vocabolario della Crusca fu stampata a Firenze da Domenico Maria Manni in sei volumi, dal 1729 al 1738.
Descrizione fisica. Un volume in folio di pp. (28), 960, (104). Sul frontespizio grande calcografia raffigurante l’impresa dell’Accademia della Crusca. Testo stampato su due colonne entro riquadratura.
F. Govi, I classici che hanno fatto l'Italia, Milano,
Regnani, 2010
Eremo Rocca S.Stefano giovedì 21 febbraio 2013
sabato 16 febbraio 2013
LINEA D’OMBRA : Diritti dell'infanzia, il ruolo dei garanti in Italia
LINEA D’OMBRA : Diritti dell'infanzia, il ruolo dei garanti in Italia
Il 15 febbraio all’Istituto degli Innocenti a Firenze si è tenuto un convegno internazionale con Garanti ed esperti del settore.
Le istituzioni indipendenti per i diritti dell’infanzia hanno un ruolo fondamentale nella relazione fra due mondi agli antipodi: quello delle politiche e dei governi e quello dei bambini, cittadini spesso esclusi dalle scelte che li riguardano e inascoltati. I garanti per l’infanzia nascono per restituire voce ai bisogni dei più piccoli e far si che i loro interessi stiano al centro dei meccanismi di governo.
E' un messaggio forte e esplicito quello lanciato dal rapporto In difesa dei diritti dell’infanzia. Uno studio globale sulle istituzioni indipendenti dei diritti umani per l’infanzia realizzato dal Centro di Ricerca UNICEF di Firenze. Lo studio è al centro del dibattito nel convegno In Difesa dei Diritti dell’Infanzia Il ruolo dei garanti per l’infanzia in Italia:ambiti di intervento e prospettive di sviluppo organizzato dalla Regione Toscana, dal Centro di Ricerca dell’UNICEF, dal Garante Regionale per l’Infanzia e dall’Istituto degli Innocenti, che si è svolto oggi all'istituto.
“La difesa dei diritti dell’infanzia vede impegnato da sempre l’Istituto degli Innocenti, - spiega la presidente Alessandra Maggi. Un impegno che ci lega da più di 25 anni al Centro di ricerca UNICEF, e che ci vede impegnati a supporto delle attività della Regione Toscana e del Garante regionale. Un impegno che individua nelle istituzioni indipendenti, come il Garante, una importante affermazione della necessità di dar voce concreta e reale alla “cittadinanza” di bambini e ragazzi”.
Il Convegno ha riunito i garanti italiani a livello regionale e il garante nazionale, esperti del settore e giuristi e rappresenta un momento di scambio di esperienze per mettere a fuoco le prospettive di sviluppo dei garanti nel nostro paese, a partire da un confronto con la situazione mondiale.
Per il Garante per l'infanzia della Regione Toscana, Grazia Sestini, che ha coordinato i lavori della mattinata, l’approccio del garante è al bambino nella sua totalità: membro di una famiglia e di una comunità, mai solo ma sorretto e accompagnato nella vita secondo il rispetto di quattro principi fondamentali: alla non discriminazione, a godere sempre dell’interesse superiore, alla vita e ad essere ascoltato nel pieno rispetto dell’età e della maturità. Da qui l’importanza della figura del Garante, per sua natura organismo monocratico e indipendente per la tutela dei diritti dei bambini e degli adolescenti, e quindi non subordinato ad alcun potere politico o esecutivo.
Sono sempre in aumento i paesi che istituiscono figure indipendenti per garantire i diritti dei bambini. Come emerge dallo studio UNICEF oltre 200 istituzioni di questo tipo sono state create in 70 paesi nel mondo negli ultimi due decenni.
Nel 1981 la Norvegia è stato il primo paese ad istituire il garante per l’infanzia, ancora prima dell’adozione della Convenzione delle Nazioni Unite per l’infanzia del 1989. Nel 1986 è stato seguito dal Costa Rica. Da allora la nascita delle istituzioni indipendenti ha subito una forte accelerazione, soprattutto in Europa e in America Latina, mentre in Africa e Asia solo a partire dal 2000. In Medio Oriente e Nord Africa il tema ha ricevuto recentemente grande attenzione.
In Italia la figura dell'Autorità garante per l'infanzia e l'adolescenza a livello nazionale è stata istituita con la legge 12 luglio 2011 n. 112. Il Garante, nominato dai presidenti di Camera e Senato, dura in carica quattro anni e riveste un ruolo centrale nel promuovere la tutela dei diritti dei minori, vigilare sull'applicazione della Convenzione Onu sui diritti del fanciullo, diffondere la conoscenza e la cultura dei diritti dell'infanzia e dell'adolescenza, segnalare alle autorità competenti casi di violazione dei diritti dei minori.
Il Garante nazionale è chiamato a collaborare, oltre che con le reti internazionali dei Garanti anche con i garanti per l'infanzia a livello regionale, al momento presenti in 9 regioni e nelle due provincie autonome di Trento e Bolzano. In Toscana il Garante è stato istituito con Legge regionale 1 marzo 2010, n. 26. (fr. cop)
Eremo Rocca S.Stefano Domenica 17 Febbraio 2013
mercoledì 13 febbraio 2013
BIBLIOFOLLIA : Scanno : Una biblioteca fatta in casa
BIBLIOFOLLIA : Scanno
: Una biblioteca fatta in casa
Scriveva Il
CENTRO il 2 febbraio 2011 , a due anni
dal sisma dell’aprile 2009 e circa due anni fa
Lo stato patrimoniale della biblioteca comunale del centro montano è
a forte rischio. A lanciare il grido di allarme, nell'ultima seduta dell'assise
civica, sono stati i consiglieri Amedeo Fusco e Luca Silvani che hanno proposto
ed ottenuto l'approvazione di un ordine del giorno specifico finalizzato a
studiare azioni e interventi volti al recupero del materiale didattico nella
struttura per mesi non utilizzata. Il provvedimento, approvato in
consiglio comunale, invita il sindaco di Scanno, Patrizio Giammarco, a
predisporre urgentemente un sopralluogo nei locali della biblioteca comunale
per verificare la condizione dei libri e documenti custoditi nei locali del
vecchio edificio scolastico di Scanno. Infatti dopo il sisma del 2009 lo
stabile è stato dichiarato inagibile e per i danni riportati dall'edificio
l'amministrazione municipale si è vista costretta a chiudere anche la
biblioteca situata a pian terreno dell'antico palazzo che si trova in viale del
Lago. «Nelle stanze della vecchia scuola sono stipati oltre sei mila
volumi e alcuni di grande interesse storico», hanno precisato i consiglieri Silvani
e Fusco. «I libri, assieme ai beni tecnologici potrebbero purtroppo aver
subito danni irreparabili a causa della forte umidità e del totale abbandono
della struttura». Nei mesi scorsi anche i responsabili dell'associazione
«La Foce», che ha sede in altri locali dell'edifico, avevano sollecitato il
sindaco Giammarco a predisporre le modalità per il recupero dei beni editoriali
di proprietà del circolo culturale nell'intento di salvaguardare l'intero
patrimonio. L'ordine del giorno in consiglio sollecita un provvedimento
importante anche alla luce delle difficoltà strutturali dell'edificio,
considerato per anni uno dei punti di riferimento della vita sociale e
culturale della comunità di Scanno.
La biblioteca comunale
è intitolata a Giuseppe Tanturri (Scanno 1823-1891), medico, storico,
naturalista. A Scanno gli è stata dedicata una lapide. Si laureò in medicina e
chirurgia a Napoli. Nelle esposizioni nazionali e della regione fu espositore
di prodotti locali e del costume di Scanno. Per cospirazione contro il governo
napoletano fu incarcerato dal governo borbonico a L'Aquila.
Dopo il Risorgimento
fu insignito del grado di tenente della milizia territoriale quando fu
istituita questa carica. Scrisse vari libri su Scanno.
Scanno un enigma e un
sogno .La "Cronica Cassinese" del 1067 esordisce: "Venit ad
Scannum!" Diverse fonti del XVIII e XIX secolo parlano di una quasi
mitologica Scanno. I documenti originali negli archivi cittadini risalgono al
1548, mentre la libreria comunale
conserva libri di valore sulla storia di Scanno.
Scrive Gaither Stewart
:” Scanno è un eterno enigma. Le
origini di questa piccola montagna sono sepolte nella leggenda, mentre i
tenacissimi usi e costumi, così diversi da quelli delle altre città
dell'Abruzzo, e il suo incomprensibile dialetto, fatto di influenze greche,
latine e slave, hanno resistito alla pressione del tempo. La sua diversità è
inspiegabile, così come lo è la purezza dei "sopravvissuti di
Scanno". Severa, inviolabile, Scanno "si rilassa e si apre" solo
durante una delle sue feste, o in un orgia dei suoi potenti liquori Centerba,
quando gli uomini tornano a casa dopo i lunghi mesi di pastorizia invernale.”
Ma Scanno sta per
avere una nuova biblioteca seppure fatta in casa .
Massimiliano
Lavillotti su Il Centro del 6 febbraio 2013
scrive : Quella comunale è chiusa da quasi quattro anni. Ma Scanno avrà
presto una biblioteca “fatta in casa”. I giovani dell’associazione culturale
Coro Mariella e Nando stanno infatti lavorando alla realizzazione di una
biblioteca da allestire all’interno dei locali che già ospitano una
cartolibreria in via Domenico Tanturri. Circa 50 gli associati registrati in
pochi giorni e quasi 1.000 i libri raccolti a seguito di donazioni da parte di
residenti e turisti che abitualmente frequentano il paese.
L’iniziativa parte da Antonella Caimi, titolare in pieno centro
abitato della rivendita commerciale e membro dell’associazione, che ha pensato
di aprire nella stanza attigua alla cartolibreria una biblioteca, pubblica e
gratuita, raccogliendo tutti i libri che stavano per essere accantonati nelle
cantine di tante famiglie scannesi o addirittura buttati nei cassonetti della
spazzatura. «Abbiamo ricevuto due scatoloni di libri anche da un turista di Napoli», commenta Caimi, giovane mamma e proprietaria della cartolibreria, «e presto offriremo un servizio a scannesi e turisti che dal terremoto dell’Aquila non hanno più la possibilità di usufruire della biblioteca».
Dopo il sisma del 2009 il vecchio edificio scolastico del paese è stato dichiarato inagibile e per i danni riportati dalla struttura l'ex amministrazione municipale si è vista costretta a chiudere anche la biblioteca situata al pian terreno dell'antico palazzo che si trova in viale del Lago. Da allora nelle stanze della vecchia scuola sono stipati oltre 6mila volumi e alcuni di grande interesse storico che, assieme ai beni tecnologici, potrebbero purtroppo aver subìto danni irreparabili a causa della forte umidità e del totale abbandono della struttura. Più volte sono stati invocati interventi volti al recupero del materiale didattico nella struttura, ma nulla è stato fatto ed oggi è a forte rischio tutto lo stato patrimoniale della biblioteca comunale.
«Ai soci verrà rilasciata una tessera d’iscrizione al costo di 20 euro l’anno, valida per l’intera famiglia» aggiunge Caimi «e chiunque volesse partecipare all’iniziativa, donando qualche libro, può farlo. Tutti i libri sono graditi, anche quelli scolastici e di lingua straniera».
martedì 12 febbraio 2013
SILLABARI : Carosello
SILLABARI : Carosello
Carosello fu per i bambini
di allora il nuovo orologio per
andare a letto. Al termine di carosello tutti a nanna. Il limite tra il giorno e la notte con i suoi sogni inquieti era segnata da
quell’ora le 21, le 21 meno qualche minuto . I bimbi a letto e per gli
adulti Mike Buongiorno, , Silvio Noto,
Enzo Tortora, Pippo Baudo . Lascia e raddoppia al giovedì, il musichiere il
sabato sera.
Ero un po’ più grande di un bambino e andavo a vedere la
tivvù all’oratorio parrocchiale solo il
giovedì e il sabato sera. Poi prima di avere dentro casa l’apparecchio
televisivo, una scatola enorme con un monoscopio altrettanto enorme l’andavo a vedere a casa di zia Elvira. E al
pomeriggio della domenica c’erano gli Show appunto di Perry Como Show e gli altri giorni alla tivvù dei ragazzi ,
circa le cinque del pomeriggio le
avventure di Rin Tin Tin
. Il mercoledì
sera le commedie di Gilberto Govi e poi
di Eduardo De Filippo.
D’estate mi era consentito di uscire la sera e di restare a casa di zia Elvira per vedere le commedie teatrali in tivvù. Per
tornare a casa, perché zia abitava dall’altra parte della città mi riaccompagnavano zia Olimpia e zia
Rosaria che abitavano anche loro nel mio stesso quartiere e che
amavano molto quelle commedie teatrali che la tivvù di quel tempo
trasmetteva. La prima volta poi che sono
entrato l Teatro Comunale di Sulmona ero un po’ più grosso e andai al loggione
a vedere e sentire un’opera lirica con mio padre. Con Romeo poi per anni abbiamo sognato di compraci uno smoking e di andare alla prima
della Scala e ora
dovrò farlo da solo perché Romeo non c’è più. E non siamo nemmeno andati all’Arena di Verona
perché là potevamo risparmiare sullo smoking
per la stagione delle rappresentazioni è solo quella estiva.
Carosello dunque una
parola del vocabolario della nostra vita .
Eremo Rocca S.Stefano martedì12 febbraio 2013
lunedì 11 febbraio 2013
BIBLIOFOLLIA : Cinque libri
BIBLIOFOLLIA : Cinque libri
Vi è mai capitato di desiderare un libro tanto intensamente da farne il vostro chiodo fisso? Se sì, vuol dire che il tarlo della bibliofilia lo avete provato. In fondo chiunque abbia una libreria - fisica o virtuale - che contiene più libri di quanti riuscirà mai a leggerne è un po' bibliofilo. Quelle che seguono sono storie di veri fanatici del libro: lettori accaniti e amanti delle prime edizioni. Cercatori di note scritte da altri a margine delle pagine. Appassionati del libro come oggetto da possedere e da collezionare. Storie ancor più preziose oggi che l'editoria digitale avanza e non sappiamo come sarà il futuro. Quando, comunque vada, si stamperanno meno volumi e le biblioteche come memoria e monumento del sapere cambieranno forma.
La casa di carta - Carlos Maria Dominguez
Se si cena in compagnia di un'edizione rara del Don Chisciotte posata su un leggio e le si versa un calice di vino come se fosse un commensale forse qualcosa non va. Succede a Carlos Brauer, un bibliofilo argentino che si è rovinato economicamente per arricchire di pagine preziose la sua immensa biblioteca. Quando lo schedario che contiene le chiavi per ritrovare i volumi sugli scaffali va in fiamme Carlos impazzisce. L'amore per i suoi libri è talmente grande che pur di non separarsene li userà per costruirsi una casa, impastando le pagine con la malta. Una storia bellissima, ricca di frasi rassicuranti per chi sente la mancanza della consistenza della carta negli ebook.
Del furore d'aver libri - Gaetano Volpi
Una guida per bibliofili in cui l'abate e editore Gaetano Volpi spiega le Varie avvertenze utili e necessarie agli amatori de' buoni libri disposte per la via dell'alfabeto. Pubblicata nel 1756 a Padova è una vera "chicca" da leggere pensando ai tempi che furono, ma anche a quanto si continua a fare per conservare e tramandare il sapere. Chi oggi critica gli ebook perché non hanno il profumo della carta può consultare la voce "odore" senza rimanere deluso.
Severina - Rodrigo Rey Rosa
Un giovane libraio e aspirante scrittore sorprende una ladra nel suo negozio. Severina, bella e colta, compie furti talmente assennati e intellettualmente validi da indurlo a non fermarla. Annota solo il titolo dei volumi scomparsi, nel tentativo di conoscere la ragazza attraverso l'interpretazione dei suoi gusti letterari. Una storia d'amore e di passione per le pagine scritte e per chi le ama, rigorosamente consumata tra gli scaffali della libreria e le porte antitaccheggio. Anche in ebook .
Firmino - Sam Savage
Parlare di un topo di biblioteca in questo caso non ha un senso metaforico. Firmino è proprio un topo, una specie di Ratatouille della carta. Lasciato solo dai suoi fratelli nella libreria Pembroke Books di Boston scopre che le pagine non sono solo buone da mangiar per non morire di fame e diventa un accanito lettore. Da leggere in ebook .
Al paese dei libri - Paul Collins
Chissà se Hay-on-Wye, il villaggio gallese della Contea di Powys noto anche come la mecca dei lettori (vanta una libreria ogni quaranta abitanti) manterrà il suo primato anche in tempi digitali. In questo divertente autobiografia Paul Collins racconta le sue avventure e disavventure nel trasferirsi dalla California al Galles e il suo amore viscerale per i libri accatastati e dimenticati. E ricorda che i libri si giudicano anche e soprattutto dalla copertina:
Se una copertina ha il titolo in rilievo, metallizzato, o entrambe le cose, allora è come se dicesse al lettore: Salve, sono un romanzo rosa, o un noir, o l’autobiografia di un’attrice. Ai lettori che non amano quei generi, il titolo dice: Salve, sono robaccia. Per questi libri la copertina patinata è un obbligo, mentre ai Libri Seri si può concedere una carta opaca.
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I LIBRI CONSIGLIATI
C. M. Dominguez, La casa di carta, Sellerio, 2011, 85 p.
R. R. Rosa, Severina, Feltrinelli, 2012, 109 p.
G. Volpi, Del furore di aver libri, Marco Valerio, 2011, 92 p.
S. Savage, Firmino, Einaudi, 2009, 179 p.
P. Collins, Al paese dei libri, Adelphi, 2010, 216 p.
Da : Cinque libri sulla bibliofilia in http://cultura.panorama.it/libri/cinque-libri-bibliofilia
Eremo Rocca S. Stefano Lunedì 11 Febbraio 2013
STORIE E VOCI DAL SILENZIO Storie fantastiche dal cratere aquilano
STORIE E VOCI DAL SILENZIO Storie fantastiche dal cratere aquilano
di Luciano Fiammata da Il Corriere Peligno
L’Aquila,9 febbraio.– Viale Duca degli Abruzzi ormai non lo cammina quasi più nessuno. E’ diventato un vicolo cieco, da quella notte. Si interrompe al ponte del Belvedere. Che ancora nessuno sa se può sostenere qualcosa, a parte l’asfalto della strada e i ricordi. Una volta, il traffico sul viale faceva traboccare il vaso. Specialmente all’orario d’ingresso e di uscita delle scuole. Tanto che, se in quei momenti un’ambulanza avesse dovuto passare di lì, tra macchine parcheggiate in tripla fila, autobus urbani ed extraurbani, avrebbe potuto farlo solo se dotata di ali e d’infinita pazienza. Ora, invece, il boato delle foglie che cadono d’autunno, quando arrivano a terra, scuote le case puntellate. La sera poi, il silenzio annerisce il buio che avvolge tutto e sarebbe persino possibile inseguire, coi passi, i raggi di luna, unica luce accesa, camminando piano, con il ritmo della terra che ruota. Le finestre hanno gli occhi chiusi e i cancelli di ferro hanno coltivato ruggine sui cardini.
C’era un asilo, una volta, sul viale.
E una volta capitava, passandoci al fianco a metà mattinata, magari una
mattinata di primavera, di ascoltare le voci colorate dei bambini. Onde, nel
piccolo mare del giardino cintato di mura, aperto solo all’azzurro del cielo.
Voci e richiami, capaci di spegnere il traffico e lo smog intorno. Adesso, di
notte, invece, dentro, respirano sparsi scricchiolii spezzati. E non sono le
pietre che stridono e scivolano cercando un equilibrio nuovo dopo i crolli. Non
sono neanche i moderni ladri della zona rossa, in cerca del fasciame delle barche
distrutte dal naufragio. Dentro l’asilo ci vive Francesco.
Francesco, all’asilo, ci è arrivato quasi due anni fa. Un po’ per
caso, e tanto per necessità. Due anni fa, più o meno, è morta sua madre. Di
dolore e di sogni finiti. Francesco viveva con sua madre e con la sua pensione,
che serviva almeno a pagare l’affitto e qualche bolletta. Fin quando c’è stata,
la pensione. Poi è arrivato lo sfratto e, a trent’anni, Francesco s’è ritrovato
con tante strade intorno e nessun tetto che gli rimboccasse le coperte. E aveva
iniziato a girare per L’Aquila, portandosi dietro i resti della sua vita
passata e un vecchio paio di trampoli. Per questo, quando era passato un
mattino davanti alle transenne dei Quattro Cantoni, e aveva visto tutte quelle
chiavi senza porta, lì appese, ne aveva rapita qualcuna.Con quelle chiavi in tasca, di notte, aveva cominciato a provare ad aprire portoni. E, del tutto inaspettatamente, una di quelle chiavi aveva aperto le porte dell’asilo. L’asilo sembrava essere stato percorso da una festa frenetica e urlante, il pavimento era coperto di giocattoli e matite frantumate. Dai muri scolavano disegni bellissimi, già mangiati in parte dall’umido e dalle lacrime di pioggia che, evidentemente, erano filtrate dal tetto. Ma era confortevole l’asilo. Accatastati in un canto c’erano grandi tappeti gialli di gomma, su cui stendersi per dormire. E c’erano i bagni, ancora funzionanti, e, persino una piccola cucina a gas che ancora faceva fuoco senza esplodere. E pentole. Francesco aveva così trovato casa. E festeggiò subito, quella notte, facendosi un caffè caldo, con quello che riuscì a trovare, e che era rimasto lì, fermo nel gelo dell’abbandono da almeno un anno. Come aver ritrovato un vecchio amico.
Bastava rispettare alcune regole, nella nuova casa. Vincere sempre la tentazione di provare ad accendere la luce. Rendendosi invisibile soprattutto di notte. Usare l’acqua e il gas al minimo indispensabile, giusto per le necessità non comprimibili. E ringraziare, almeno una volta al giorno, quel santo che s’era dimenticato di staccare da lì tutte le utenze. Francesco si era inventato un lavoro da mimo-pagliaccio-saltimbanco-mendicante. Per mangiare e bere, aveva scoperto quanto fosse utile frequentare i cassonetti dell’immondizia posti alle spalle dei grandi supermercati; per esempio intorno alle 13 e 30, al cambio del turno del personale, al supermercato sopra il cimitero. Era possibile trovare merce scaduta il giorno prima o verdure non sufficientemente luccicanti e però ancora buone. E Francesco aveva fatto amicizia con una delle commesse del supermercato; una ragazza rotondissima e sempre sorridente che lo aspettava, per lasciargli prendere il cibo migliore, prima di buttar via tutto il resto. E per vestirsi, Francesco aveva imparato a scassinare quei contenitori gialli dell’abbigliamento scaduto, posti in giro per la città, e svuotati periodicamente da misteriose associazioni benefiche forse senza scopo di lucro.
Un mattino Francesco mischiò insieme un po’ di vestiti per impersonare un vagabondo americano degli anni ’20 del secolo scorso e imbracciò una specie di banjo lacerato recuperato tra i calcinacci di un negozio di strumenti musicali in via Garibaldi; si dipinse il viso di bianco con le labbra e le gote e il naso rossissimi da bevitore impenitente e si andò a piazzare su uno dei basamenti che sostenevano i lampioni in piazza del Duomo. Restava lì immobile, fin quando qualcuno non avesse lasciato qualche moneta nel cappellaccio posato a terra. Allora si scatenava, fingendo di suonare, in una pantomima sgangherata che si concludeva con un gran ruzzolone a terra, che doveva apparire del tutto casuale e fragoroso. Suscitando insieme risate e preoccupazione.
A metà mattina, quando ancora non si era avvicinato nessuno, scorse da lontano due donne, seguite da un cagnolino bianco e baffuto. Il cagnolino si fermò ad annusare il cappello, girandoci intorno, come per trovare il lato giusto dove alzare la gambetta. E ogni volta che sembrava fermarsi, Francesco cercava di compiere un movimento impercettibile ma brusco, che lo spaventasse almeno un po’, convincendolo a cercare altrove il gabinetto giusto. Sembrava quasi che i due si fossero messi d’accordo, agli occhi delle due donne che si avvicinavano ridacchiando.
Quella bionda era un angelo dal viso imbronciato e le labbra piene, leggermente piegate verso il basso; quella bruna era una statua di Venere, con i tacchi altissimi, e riempiva i vestiti lussuosi di tanta carne buona. La bionda rideva di gola, mentre cercava di richiamare il suo cagnolino ad una maggiore educazione. E, come per premiarla della comprensione, Francesco iniziò la sua recita. Ispirata. L’assenza di parole dei suoi movimenti scomposti era una musica dal ritmo segreto, e, quando cadde per terra, precipitando sul cuscino messo a protezione del sedere sotto i pantaloni approssimativi, la bionda gli corse incontro per soccorrerlo, mentre la mora rideva con i denti bianchissimi, sotto il rossetto scuro. Francesco si rialzò con una piroetta su sé stesso, riprendendo da terra il cappello, poggiandolo sulla testa e togliendoselo subito dopo, mentre si inchinava goffamente rivolto alle due donne. Il cane eccitato cercava di mordergli i polpacci e Francesco cercava di allontanarlo, scalciando all’indietro come un mulo gentile.
E fu allora che la mora gli propose di presentarsi il pomeriggio del giorno dopo nel giardino di un albergo sulla strada per Scoppito, per fare uno spettacolino in occasione della festa per i dieci anni della sua bimba. Non ci aveva ricavato un euro dalla pipì del cagnolino, Francesco, però aveva trovato un ingaggio. Quella notte, Francesco nell’asilo non riusciva a dormire. Si sentiva le gambe elettriche e lo stomaco annodato. E vuoto. Da una finestra rotta, sotto il tetto, filtrava il rumore di una stella lontana. Bionda come un angelo dalle labbra corrucciate. E Francesco avrebbe voluto saper suonare davvero; una serenata dolce come il sospiro di un fiore.
All’ingresso dell’albergo, due tronchi d’uomo tutti tatuati e con la testa rasata non lo facevano entrare, fin quando non arrivò la mora a sorridere per lui. Indossava dei pantaloni così aderenti che si sarebbero potuti scorgere i pori della pelle leggermente irritata dalla depilazione, e una scollatura generosa come il lavoro del chirurgo estetico. Pesava di gioielli e capelli cotonati dalle arti del parrucchiere E camminava su un paio di stivaletti neri dal tacco che trapassava le formiche su prato. Gli invitati alla festa lo guardavano col naso arricciato dall’odore stantìo dell’asilo. Giacche doppio petto e cravatte finto Cambridge. Scarpe come guanti sui calli e guance riempite di buffet. Orologi che costavano più del tempo.
I bimbi erano tutti in cerchio, seduti su sedie annoiate, impegnati a pestare con le mani sui tasti di piccoli apparecchi elettronici che gorgogliavano segnali ipnotici. Francesco si piazzò sul prato, in mezzo a loro, seduto su un enorme pallone di gomma celeste, e iniziò a rimbalzare come se fosse in groppa ad un toro imbizzarrito E, ad ogni salto, urlava lasciando cadere dalle tasche cioccolatini che gli erano costati gli ultimi euro rimasti, e che nessuno raccoglieva. I bimbi sembravano disturbati dai suoi schiamazzi scalcagnati. E si svegliarono solo quando una nonna dai capelli ramati annunciò l’arrivo della magnifica torta. La bimba di dieci anni ricevette il suo regalo dalle mani piene di unghie artistiche della mamma mora. E, sorridendo, scartò il fiammante I-Cellulare numero 8. Poteva scattare subito mille foto della festa e condividerle su faccialibro con i suoi amici. Come la mamma prontamente la incitò a fare. Tra gli applausi.
Sotto un albero, un po’ lontano dalla carta gettata a terra di tutti gli altri regali scartati, Francesco vide la bionda. Che cercava di allontanare da sé un figuro scuro e alto, con i capelli brizzolati e i baffi forforosi. Francesco, senza pensarci, si avvicinò velocemente ai due. La rincorsa serviva per caricare uno splendido calcio nel sedere dell’energumeno. La bionda sorrise, e Francesco iniziò a scappare inseguito dall’uomo, sempre più velocemente, fin quando si bloccò improvvisamente mettendosi in posa da pugile. Il tizio allora gli si buttò addosso furioso, e Francesco, scansandosi, lo sgambettò facendolo volare dritto nella torta piena di panna che esplose tutto intorno.Forse alla bionda piacerà l’asilo. Sull’orlo di un tramonto. (h.7,30) luigifiammata@gmail.com Il Corriere Peligno
Eremo Rocca S. StefanoLunedì 11 febbraio 2013
LETTERA DALL'OSSERVATORIO
Agli amici e frequentatori del blog osservatoriodiconfine (http://osservatoriodiconfine.blogspot.com/
)
Dal mese di settembre dello scorso anno i post delle rubriche del blog si sono diradati. Appaiono in questi
mesi trascorsi,da allora ad oggi, solo i
link che richiamano l’attività poetica ospitata nel blog
LeStanzeDellaPoesia su Il Capoluogo.it.
.L’assenza di altri post è dipesa
dall’impegno di un trasloco e
della relativa sistemazione logistica.
Infatti dall’Eremo di Via vado di sole ,
nel quartiere Valle Pretara di L’Aquila
l’eremo si è trasferito alla
periferia della città. A undici chilometri
dal centro dell’Aquila a Rocca S. Stefano di Tornimparte . Dopo la
sistemazione logistica , estremamente laboriosa a varie ragioni, si è
provveduto a ripristinare la connessione alla rete per il cui sono
pronto a riprendere le rubriche
dell’osservatorio.
Un blog nato nel novembre
del 2009 quando, di fronte alle evidenze del terremoto, alle esperienze della
vita in tenda, alla riconquistata fragile normalità di un alloggio “di quattro mura “ (né tela, né legno, nè
lamiera ma solide mura di pietra
e calce ) ho sentito la necessità
di dare vita ad un progetto per altro
ideato prima del terremoto.
Osservatorio di
confine voleva e vuole fare esperienza
di scrittura attraverso due punto :
l’osservazione e il confine.
Per chi come me ha lavorato per alcuni
decenni in una istituzione chiusa ,l’osservatorio di confine diventava ed è un
modo proprio di aprire quella
istituzione da una parte e di
sperimentare dall’altra la visione che a’punto da quel confine si ha delle cose
e del mondo. Aprire dunque ai “viandanti della rete “ perché potessero portare una notizia , una idea , una buona parola sul loro cammino a tutte le persone che inc0ontravano e incontrano , nei luoghi
dove sostavano e sostano.
Naturalmente si trattava di costruire , con le
rubriche un percorso di scrittura
che attraversasse poesia,
narrativa,storia, antropologia, economia ,messe insieme trasversalmente per offrire forse un punto di riferimento ma anche semplicemente un punto di incontro.
In alcuni momenti però questo progetto è stato sopraffatto dall’impellente crudele necessità
di guardare e piangere su una città ( a
Via vado di sole per mesi la notte e il
giorno ho sentito solo il latrato dei cani e ho visto luci accese nelle dimore
che si potevano contare sulle dita di una mano ) . Una città distrutta in ogni
senso. Tanto che a volte mi sono domandato che senso aveva restare lì. Ed era
come presidiare un confine ( in senso reale e metaforico ) e ci sono rimasto fino a quando le luci sono diventare più
numerose e per le strade si sono cominciate a sentire voci.
Con la rubrica ET
TERRA MOTA EST si è riflettuto sull’evento del terremoto e sui problemi
della ricostruzione che stenta ancora
oggi a partire. Questa rubrica è stata abbandonata nel maggio del 2012
con l’impegno di riprenderla per
“fare i conti “ ( delle promesse e premesse elettorali, delle idee sulla nuova
città , sullo stato di avanzamento della
ricostruzione e non solo ).
Così a fianco di Sillabari,Ani9mali veri animali immaginari,
Voci e storie dal silenzio, Bibliofollia
sono nate ad Hoc, Historica, Artefactum,Editoriali, Settimo giorno, Canzoniere ,Gramsciana, Poesie d’altri ed altre poesie, La luna dei lunatici, Camera oscura,Portfolio, Mediterraneo, Elogi ed esortazioni , Incipit, Cotto e crudo , Confini, Occhio di Giuda, Linea d’ombra, , Micrologus,
e da ultime Mirabilia Urbis e Lettere
dall’eremo.
Queste rubriche dunque contengono tutti i post pubblicati
sul blog dal settembre 2009 al settembre 2012 . Tre anni di attività che forse avevano bisogno di una sosta E sosta c’ è stata .
E allora dall’Eremo di
Rocca S. Stefano si riprende il cammino.
Naturalmente la porta dell’eremo è aperta a tutti . L’ospitalità davanti al fuoco del camino (specialmente in questa stagione inclemente )
ed altre cose per riscaldare la mente (libri, grafica, ), l’anima (poesia,
musica ) e il corpo (un buon bicchierozzo di rosso ,castagne e polenta ) è qui sacra .
Eremo Rocca S. Stefano
Domenica 10 febbraio 2013
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