LINEA D’OMBRA : Io non tacerò
In un
momento ancora una volta difficile per il nostro paese la verità ,la
ricerca della verità è essenziale per la vita democratica. Mi piace
allora richiamare l'attensione su questo " Io non tacerò". Non tacere
chiedere incessantemente la verità.

A
Palermo sbarcò di notte, protetto da uomini armati di mitraglia. Una
corsa nella , città deserta, un portone di ferro che si spalanca e poi
la caserma che sarebbe diventata la sua nuova casa. «Sono stati i
quattro anni e quattro mesi più intensi della mia vita», qui quando
ormai Giovanni Falcone e Paolo Borsellino - i suoi figli, i suoi
fratelli, i suoi amici - non c'erano più. Era arrivato il 9 novembre del
1983, cento giorni prima avevano fatto saltare in aria il consigliere
istruttore Rocco
Chinnici. E lui Antonino Caponnetto, aveva preso
il suo posto. E lui Antonìno Caponnetto, era stato quello che subito
dopo aveva messo la sua fìrma su un milione di pagine e sulla prima
pagina di una sentenza-ordìnanza che avrebbe fatto la storia della
Sicilia: «Questo è il processo all' organizzazione mafiosa denominata
Cosa Nostra ... », Era l'atto di accusa contro i boss che avevano
seminato morte e terrore, era l'inizio della primavera di Palermo.

La
sua straordinaria avventura siciliana è diventata un libro Io non
tacertò (Melampo Editore, pagg. 288, euro 16) curato da Maria Grimaldi
dove sono stati raccolti i discorsi, le lezioni, gli scritti del
galantuomo che fece nascere il pool antimafia e si fece scudo per
difendere "i suoi gìudicì" dagli attacchi più infami che cominciarono
proprio quando il maxì processo a Cosa Nostra era ormai alle porte.
Discreto, silenzioso, all'apparenza fragile ma dentro duro come l'
acciaio, Antonino Caponnetto segnò il confine fra la Palermo di prima e
la Palermo di dopo, testimone del cambiamento di una città che non
sarebbe mai più tornata quella di un tempo. Dieci anni di memorie, dal
1992 al 2002, dalla stagione delle bombe fino alla sua morte.

Il
suo pensiero è stato riversato in questo volume che è la lunga cronaca
di una battaglia dopo la battaglia, un peregrinare per l'Italia dopo le
stragi per portare insegnamenti e ricordi nelle piazze e nelle scuole:
la mafia e l'antimafia, la pace, l'educazione alla legalità, i diritti
dei cittadini e l'informazione. E ogni emozione partiva sempre da là, da
Palermo: «lo capitai su mia domanda». La scelta degli uomini da
affiancare a Falcone (“Nino, devi recuperare Paolo Borsellino ... mi
suggerì Giovanni”), la campagna contro il pool scatenata da Il Giornale
di Sicilia e da Il Giornale, le tante "estati dei veleni", i Corvi, gli
attentati. Fino al maggio 1992. Fino al luglio 1992. Fino all'uccisione
dei suoi due migliori amici palermitani. Si è sempre chiesto Antonino
Caponnetto, intuendo quello che i procuratori avrebbero sospettato tanto
tempo dopo: «Perché questa doppia strage? Non è una riposta semplice da
dare. A un certo momento sembra troppo facile dire: la mafia ne aveva
decretato la sentenza a morte. Ne aveva decretato la morte e l'ha
eseguita. Sì, questo è vero. Però con tecniche che la mafia non ha mai
usato, che fanno pensare quanto meno al coinvolgimento di altri
elementi, magari anche esterni».
Dalla Sicilia al lavoro
minorile, da certa stampa che «stravolge i fatti» alla P2 ( Leggo la
dichiarazione con la quale l'onorevole Silvio Berlusconi sostiene che"
essere piduisti non è un titolo di demerito" ... »), dal progetto di
«destrutturazione della Costituzione» ancora alla Palermo che era
rimasta nel suo cuore.
Le sue ultime parole sono state
naturalmente per Giovanni e Paolo, per la "dolcissima Francesca" e gli
uomini delle loro scorte: «Sono morti tutti per noi, per gli "ingiusti".
Abbiamo un grande debito verso di loro e dobbiamo pagarlo
gioiosamente». E infime, il saluto: «E ora vi lascio ... so che il mio
percorso è ormai prossimo a concludersi». Antonino Caponnetto è morto
qualche settimana dopo, il 6 dicembre de1 2002. Al suo funerale una
grande folla. E nemmeno un'''autorità'', neanche un solo uomo di governo
a rendere omaggio a "nonno Nino", il consigliere istruttore che onorò
Falcone e Borsellino da vivi.
Recensione di Attilio Bolzoni al libro Io non tacerò pubblicata su Repubblica del 23 luglio 2010
Eremo Via vado di sole, L'Aquila, lunedì 21 maggio 2012
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