sabato 2 gennaio 2010

uno sguardo verde d'erba -poesie-

1.
Perché scomponi il cielo
in mare,
per il loro comune azzurro,
insieme li fa stare
forse un infinito,
pure,se troppo presto sbiadito
in un mare e cielo svanito.

2.
Di questo si può vivere
poche cose
pazienza e anni di lavoro
assenze e parole.
Piovose primavere.
Viene l’ora malvagia
d’un terribile dolore
come un vento di primo mattino.
Ciechi e taciturni
Si rimane come alberi,
“ lì comincia l’autunno”.

3.
Il mattino ha un vento
ed è
come un dolore che storce
anche le pietre.

4.
Qui tacciono i giorni
e dove dormo
solo si sente in alto
una tramontana
che batte i muri
come una fuga di Bach
e l’impressione è quella
di portarti in viaggio
in quella terra che sembra essere
già mia
dove continua
una musica che altro
non è, se non voce,
voce di tramontana.

5.
Mio è il tuo stesso dolore
segreto,
ed è come ascoltare
il suono fondo e la voce rara
della campagna
appena…
appena mescolato
con uno sguardo verde d’erba
nella stagione buona,
quella delle parole ospitali,
ed è tutta una sfolgorata,un poco dolce, un poco amara,
di consolazioni.

Anche questo dolore passerà
e questa solitudine, anche.

6.
Mercurio brilla al tramonto
e su un trapezio di stelle
s’arrampica la luna
in un cielo di maggio
mentre il vento torna
in volo
a dissipare una sera,
ogni sera e questa sera.

7.
E suonava il vento un flamenco
tra le rose
con la sonorità del loro rossore.

8.
Una piccola terra,
nemmeno un giardinetto
dove fioriscono le rose
sentinelle all’orizzonte
tra case e mattoni
alberi di pino,selciato
umido di resina
e nuova stagione.
Questa è una piccola terra.


9.
Veder le stelle
in corsa
nell’amato cielo,
sentir raschiare
la porta
da un gatto famigliare
raccontar la vita
e il suo dolore

dolce amata poesia

veder sparire
il conto degli anni
e da vecchio far
finta
che il mondo non è più quello
che mi ricordavo.

10.
Che dire di te
e di quel poco del tuo
dono
che posso portare con me.

Un poco del tuo dono
saprò poi donare
anch’io?

Verrò a vedere le ali
dipinte dei tuoi uccelli
in volo
in un cielo blu
di canapa e tempera
quando verrò.

Come si fa a volare
senza il tuo cielo?
Lieto sarò con un’allegrezza
solitaria quando verrò
e come per incanto
un altro bacio sulla guancia
mi darai.

Dono raro e grato
dono solo per me.

11.
Tu dormi dietro quel muro
di sassi e attendi con la civetta
il giorno, il giorno sull’orto
solitario e ombroso
d’un rosso agosto;
ed è rossa anche l’erba
quest’anno come il sole.

Sono venuto nel mese dell’erba
rossa a parlare di te
con te e di me e non so
più dirti
quelle parole che ascoltavo
da bambino.
Sono rimaste sulle labbra
senza voce per affiorare
ora al mondo.

E te le dico ora che
non ho più
uno sguardo per guardare,
un amore per amare,
un sorriso per sorridere,
un canto per cantare,
un sogno per sognare,
un pianto per piangere,
un dolore per soffrire,
una gioia per gioire,
un pezzo di vita per vivere.

E te lo dico ora per
finire di cantare
questo giorno e il suo stordimento
e la voglia di ritornare
cresciuto all’ombra d’un aprile
d’un aprile d’inverno.

Ma oggi è giorno
che non è giorno
-come dirtelo? –

12.
Non si può tornare a questo paese
vuoto e muto
come le ore e le campane,
a questo paese povero
povero
che al sole prende il colore
il colore delle ossa
di tutti i suoi morti.

Non sei più tu qui
dove un vento freddo
parla sugli usci delle case
a mezza voce
e arrossa e sbianca il male
del nostro esilio
fatica di vivere
che muta in beffa la morte.

Qui la morte
è ancora calda di lacrime,
di calme primavere
di visi sbiancati
dalle lacrime di salnitro
che non bastano mai
come il pane.

Come tornare con questo dolore
da vecchi
a guardare con gli occhi
di bambino
una piazza e queste case;
di questo si può vivere:
riudire un suono, una memoria
rivedere un cielo stellato
su questo paese.
Sulla via della morte
paese mio
nel conto della mia rabbia
ci sei anche tu
paese che non vuoi morire
con me.

13.
Il giorno studiavi matematica
la notte a ballare sulle piazze.
Come si fa nella vita a costruire
il quadrato sull’ipotenusa
sotto la luna artificiale
e le stelle di luce elettrica
appese al cielo, firmamento
di sogni e d’allegre piazze
come la pazza gente che balla
balla la notte sulle piazze?
“Grazia dei miracoli “
a te risuonava dentro il cuore
di crisalide la vampa del fuoco,
il fischio del vento,l’onda
del tempo : quel gran casino
che fanno le parole,
metà all’ombra, metà al sole,
metà quadrato sui cateti
quadrato intero sull’ipotenusa.

L’Aquila. Eremo di Via Vado di sole
Sabato 2 gennaio 2010

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