martedì 28 giugno 2016

STORIEE VOCI DAL SILENZIO

Ci sono due modi per avvicinarsi alla cultura contadina: quello accademico, sussiegoso e salottiero, tipico di alcuni circoli delle grandi metropoli (dove il mondo rurale molti frequentatori l'hanno visto solo col binocolo) o quello della ricerca diretta, con testimonianze raccolte dal vivo incontrando i protagonisti, ascoltando tutto il vissuto che a noi è stato tramandato attraverso i racconti che gli anziani facevono a parenti ed amici radunati davanti al braciere o all'ombra dei vigneti. Ha scelto questa seconda strada Giuseppe Aprile, veterano di tante battaglie sindacali, autore del racconto che segue .
LA GIORNATA DI UN CONTADINO
-racconto di Giuseppe Aprile
Nelle sue mani la zappa pesava un quintale. Si era alzato di malavoglia. Avrebbe dormito fino a mezzogiorno se non fosse stato per quella chiamata della moglie che si era prefissa di rdargli che il sole avrebbe ingiallito le piantine lasciate con le radici nell’acqua, fuori al balcone, ove non le avesse piantate subito, al fresco del primo mattino. Che stanchezza e che noia quella mattina! Si stiracchiava già nel letto dove presagiva che il sangue sarebbe rimasto senza scorrere normalmente nelle sue vene sicuramente ingrossate.
Era da tempo che pensava di avere smarrito la via della giovinezza. Non aveva che cinquanta anni e gli pareva di averne settanta. Ogni giorno era un incubo. Spesso si appoggiava con il mento sul manico della zappa parata in verticale; chiudeva gli occhi e pensava di avvicinarsi sempre più alla sua vecchiaia che sentiva come una dannazione; che lo inseguiva per portarselo via daisuoi giorni. Giorgio faticava anche ad alzare in su la lama della zappa. Quando la scendeva, anzi, era come se prendesse una discesa e riposava; si rianimava per un attimo. La terra non riusciva a vederla tutta zappata. La vedeva, permanente
tappeto di gramigna, e stentava ad andare avanti per far crescere lo spazio marrone delle zolle voltate e rivoltate per fare i solchi e seminare l’orto. Guardava il cielo e invocava il riposo;
comunque la fine di quel suo calvario di zappatore e ortolano, mentre altri suoi coetanei avevano studiato o imparato un mestiere di artigiano. “Compare, siete pentito di fare il contadino?” gli diceva un suo caro amico. “Non ho scelto questa vita, è stato naturale vista la mia famiglia. E nessuno può negare che la terra è una brutta bestia! Non c’è lavoro più pesante di quello del contadino” chiudeva. E ricordava e pensava spesso quanto in giro si diceva che quello di emigrantee minatore fosse peggiore. Che portava anche a vive
re freddamente la solitudine della miniera e del paese straniero, senza i suoi amici e i suoi c
onoscenti paesani. Quella mattinata l’aveva vissutacome una delle peggiori che gli capitavano. “Una giornata non in sì”per come venivano definite le giornate per le quali veniva facile prevedere una sorta di brutti presentimenti. Anche se poi non sarebbe accaduto nulla di male. Ma si sa che il contadino non ha grandi e frequenti motivi di piacere o di normali e felici stati d’animo. La fatica che lo aspetta e le tribolazioni continue sono lo scenario sentimentale della sua quotidianità. E quando avviene una prospettiva di cose maggiormente pesanti e tristi, il giorno e le nottidiventano pesi, motivi di foschi sentimenti duri asopportare. C’è nell’animo del contadino una sorta di tristezza permanente, cui s’è abituato fino al punto di non notarla più. È assegnato, sa di non avere diritto a sorridere, a gioire: Se vede sorridere altri, si domanda se sono impazziti. “Di che si deve ridere in questa vita?” diceva tra sé. Lui non sapeva di potere essere felice. Nei suoi giorni non balenava l’idea della contentezza assoluta. Non faceva parte delle sue aspirazioni l’essere gioioso. Il contadino sembrava votato ad una vita di sacrificio. Le gioie erano per gli altri, per i fortunati che avevano avuto la possibilitàe la capacità di evitare il sacrificio del lavoro sulla terra.
Accade che tanta vita da contadini viene poi paragonata ad una vita diversa. Perché i figli dei
contadini difficilmente continuano la vita dei padri, ora che la società s’è sviluppata in modo tale che la campagna è rimasta quasi totalmente esclusa anche dal pensiero quotidiano della gente,tanto è stata dura e difficile. I figli dei contadini ad un certo punto hanno avuto aperta la via della
diversa condizione. Sono diventati studenti, emigrati, operai dell’industria, persone che non
stanno più sulla dura e avara terra dei propri padri. Molte persone rimpiangono, alla lunga, la vita dei campi. Avviene quando si incontrano le difficoltà della vita di città, tra i mondi di altra gente con altre esperienze, con altre abitudini. Altre persone, invece, pensano che non tornerebbero alla vita di campagna per nessuna ragione. E ricordano coma un calvario il tempo della vita passata; quando la mattina, con il freddo e con io sole cocente, comunque, si apprestavano ad affrontare la giornata che non presentava nulla di buono e costringeva ad un duro lavoro tra terra e alberi erbae ortaggi, uliveti e querceti. Solitari. Non passano mai le ore sulla terra. Si tratta di una sorta disolitudine assai atroce e infelice. Aggravate dal poco raccolto, dalla poco riuscita attività di coltivazione, dalla natura che spesso punisce indip
endentemente dal come s’è lavorato e dalla volontà e capacità precisa di operare come coltivatore. Quando il raccolto è abbondante e buono, i sacrifici si ritengono compensati. La bontà e la qualità del raccolto fanno dimenticare il sudore sofferto e il dolore delle spalle dovuto al menare la zappa senza sosta o, magari, la stanchezza di ore interminabili, nella solitudine più atroce e lunga. È quando si fatica, si suda, si soffre fisicamente ed il raccolto è, poi, misero e scadente che avvengono o dolori, come dicono i contadini delle nostre annate passate. Quando uno lavora e non ricava abbastanza, arriva lo sconforto e si vorrebbe andare via, lontano, fuori dal mondo e si pensano i luoghi di altri mondi, di altri continenti e si fantastica anche se, quasi sempre, non si spera tanto in evasioni di vita. Il contadino è rassegnato, vive sapendo che la sua vita non è modificabile. Si rassegna al peggio e vive di speranza per le annate successive. Mio padre amava la terra. Vi si recava con molto piacere
e aveva grandi soddisfazioni. Non si lamentava mai.Almeno, noi figli, questo capivamo e pensavamo. A volte immaginavamo pure che la sofferenza eventuale che c’era, mio padre la
poteva nascondere, come una madre nasconde il suo dolore sotto un sorriso per come diceva la poesia indimenticabile di Edmondo De Amicis dal titolo “A mia madre”. Dall’ora in cui parte per la campagna a quella del suo ritorno, il contadino ha a che fare con il cielo, la terra, la pioggia, il sole, il giorno, la sera, il sudore, il belare delle pecore, il raglio dell’asino, il canto degli uccelli, lo sfilare delle lucertole e di qualche rara serpe. E poi l’acqua che scorre proveniente dal fiume dove viene raccolta e poi divisa da un addetto alla divisione in ore, per tutti gli orti da irrigare. Il contadino non leggeva i giornali per vedere le previsioni deltempo, non aveva conoscenza diversa che ciò che leggeva nella natura, nel cielo, alla luce dell
a propria esperienza. Non parliamo della sera, dopo il rientro dalla campagna. La cena sempre è unmomento di festa ma i dolori della fatica quotidiana non sono evitabili. E non fanno hanno tregua. La cena e un po’ di tempo alla luce fioca della lanterna ad olio. La luce elettrica è cosa dei tempi assai remoti. Tutti ricordiamo quando non c’era la luce elettrica. Tempo non molto lontano. Si tratta dei primi anni cinquanta, quindi anni vicini a noi; che ricordiamo tranquillamente e li commentiamo, e facciamo il paragone tra allora ed ora che le strade sono tutte illuminate a giorno e nelle case non si conosce più l’oscurità della notte. Le nostre vecchie più negli anni ricordano quei tempi solitamente per farci capire quanto la
vita di oggi è piena di comodità e ci ha tolto dalle atrocità di una volta. E bisognava accudire gli
animali prima di andare a letto. Mia madre diceva, quasi per abitudine, a mio padre, la sera tardi: “ Lo hai messo a posto il cavallo?”: Metterlo a posto significava avergli pulito lo spazio tra i piediun rettangolo di selciato che gli era stato costruito come una specie di letto che a sera veniva cosparso di paglia in modo che si potesse anche coricare un pochino senza stare con la carne direttamente in terra bagnata da orina, quando nella notte la faceva. Mia madre sembrava impicciona per quanto diceva quando una cosa e quando un’altra mio padre. Non ne parliamo quando faceva le raccomandazioni sulle attività all’orto. C’era da raccogliere ortaggi? Hai fatto questo ? Hai fatto quello? Ti sei ricordato di chiudere il cancello una volta uscito? Che c’era il pericolo che entrassero gli animali e si mangiassero tutti i cavoli e le lattughe senza che lasciassero niente! Se entrano gli animali, dentro l’orto, fanno una strage e non resta poi niente. Era impossibile lasciare il cancello aperto, sulla strada da dove passavano tutti e soprattutto gli animaldi Banconaro che avrebbero fatto strage di ogni ben
di Dio. Ed il padrone, il pecoraio, non avrebbe avuto interesse a guardarli. Avrebbe fatto bel volentieri a meno di stare attento e tante volte li lasciava mangiare quello che trovavano, fingendo dinon accorgersi: Salvo, poi, a dire: “ Per la miseria! Hanno fatto danni!” e, dopo che avevano mangiato il più possibile, li avrebbe diretti perltra via. Ogni anno c’era qualcuno che si doveva lamentare perché in un dato periodo capre,pecore, buoi entravano nell’orto e danneggiavano la coltivazione. E nessuno mai andava dai carabinieri perché il rischio era che di più rischiavano danni. Il rimedio era di chiudersi il più possibile la terra coltivata e salvaguardare l’orto con un cancello ben messo e chiuso con un lucchetto. Nessuno avrebbe aperto perchè una cosa èpoter fare finta che gli animali erano sfuggiti al suo controllo, altro sarebbe stato provocare luiil rubare aprendo il cancello. Non avrebbe potuto invocare disattenzione! E prendersela con gli animali! Mio nonno, invece, al contrario di mio padre, amava furiosamente il suo lavoro e la sua produzione e ci pensava in tempo a salvaguardare l’orto. Manteneva un recinto difensivo di filo spinato e avvolto in una selva di piante spinose, di erbe adatte proprio a fare da siepe invalicabile e fitta. Ogni pezzo di terra dentro la quale faceva l’orto, mio nonno la salvaguardava perbene circondandola di protezione. Mio nonno
voleva apparire più saggio, più esperto, meno disponibile a farsi prendere per i fondelli da parte di chi non ci pensava due volte a distruggere un orto,pur di fare di ogni cosa coltivata pascolo per le sue bestie. A lui non lo imbrogliava nessuno. Era stato in america, aveva un’altra mentalità; più abituata ad affrontare le cattiverie della gente e le furberie degli altri. In tutto il fare dei contadini trovi ragioni di saggezza e di grandi esperienze divita. Il contadino, solitamente, ha una sola via vitale. Sta davanti alla natura con i suoi problemie da essa ricava tutto per svolgere la sua esistenza. Imparando dalla scuola del passato e utilizzando la sua stessa naturale capacità di capire e fare. Niente scuola nel senso stretto del termine
. La sua scuola è la vita e la tradizione che leggenel cuore delle attività del popolo e delle famiglie del proprio ambiente.
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Valter Marcone
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lunedì 27 giugno 2016

Canzoniere :In un giorno qualsiasi



In un giorno qualsiasi

A poco  a poco, a poco se vuoi
in un giorno qualsiasi vieni ,
entra e il posto lasciato dalla sofferenza
vieni e prendi. Fa sparire nel vento ,
nella polvere la pena di un momento ,
resta compagna senza sentimento
come un gioco senza tempo,
ritaglia i perché,archivia
facendo finta di non sapere
quello che abbiamo attraversato
sapendo che mai ci sarà il pareggio,
l’incontro del tempo con il tempo
e quello che ho imparato paziente
liberi in silenzio l’orizzonte .

FESTIVAL PARTECIPAZIONE 8-9 e 10 luglio 2016

Venerdì 8 luglio 2016 alle ore 18 al Palazzetto dei nobili per l’Urban Center su proposta dell’Associazione Bambini di Ieri e di Oggi presenterò il prof .Carlo Di Marco professore aggregato di diritto pubblico all’Università di Teramo che dialogherà con il Dott. Nicola Trifuoggi sui temi contenuti nel suo libro “Sovranità popolare, partecipazione e metodo democratico fra utopia e illusioni costituzionali. Dalla deriva dei partiti agli scenari del XXI secolo” .Ed Giappicchelli . Un libro che vuole evidenziare come la sovranità del popolo nel moderno costituzionalismo, sembra oggi un inutile esercizio tanto che democrazia e partecipazione dei cittadini appaiono termini abusati a causa di leggi elettorali antidemocratiche, assenteismo degli elettori e globalizzazione capitalistica. Eppure nel costituzionalismo del Ventesimo secolo, buone leggi elettorali, partecipazione popolare e partiti democratici rappresentarono la diramazione vertebrale della sovranità del popolo tanto che hanno ancora un senso .


Ripartire dalla partecipazione per il cambiamento dell’Italia e dei territori. La partecipazione e la riappropriazione dello spazio politico da parte dei cittadini, infatti, sono la chiave per una democrazia compiuta, più qualificata ed efficiente.
È questo che si propone di realizzare il Festival della Partecipazione, una quattro giorni di dibattiti, conferenze, workshop, spettacoli teatrali, musica, cultura, cibo, che avranno per protagonista la città dell'Aquila con le sue piazze, i teatri, i cortili di alcuni degli antichi palazzi restituiti da poco alla loro bellezza, insieme ad oltre cento ospiti, e a tutte le persone che vorranno partecipare, ascoltare, ma soprattutto condividere.
E poi lezioni magistrali, un pranzo condiviso dei cittadini aquilani insieme a un migliaio dei 3.500 operai che lavorano nei cantieri attivi in città, una disco soup e due concerti, l'arrivo della Lunga Marcia per l'Aquila, il mercato contadino, l'apertura degli antichi forni. E tutto questo sarà seguito dal programma Tutta la città ne parla di Radio3, da Radio L’Aquila1, e da Il Centro, che quest'anno festeggia il trentennale, con le loro redazioni in Piazza Duomo.
La prima edizione del Festival della Partecipazione, che si svolgerà dal 7 al 10 luglio all'Aquila con un programma ricco di appuntamenti, è stata presentata oggi nel corso di una conferenza stampa a Palazzo Fibbioni, alla quale sono intervenuti i rappresentanti delle associazioni del comitato promotore Marco De Ponte, segretario generale di ActionAid Italia, Antonio Gaudioso, segretario generale di Cittadinanzattiva, Francesca Rocchi, vice presidente di Slow Food Italia e Massimo Cialente, sindaco dell'Aquila, ente promotore del Festival, con la partecipazione straordinaria di Enrico Lo Verso.
Il Festival nasce dall'alleanza Italia, sveglia!, che le tre organizzazioni hanno siglato lo scorso anno per promuovere una partecipazione più riconosciuta e qualificata dei cittadini al governo delle politiche pubbliche. Una prospettiva, quella del Festival, almeno decennale, che ha anche l'obiettivo di seguire la ricostruzione della città dell’Aquila così duramente provata dal terremoto non soltanto in relazione ai suoi edifici, ma anche all’intera sua comunità.
"La partecipazione va riconosciuta, tutelata e promossa - ha dichiarato De Ponte - Questo Festival vuole sottolineare il valore e il ruolo dell'attivismo civico e l'importanza di una politica che nasce dal basso soprattutto in una fase di distacco tra i cittadini e le istituzioni come quella che stiamo attraversando. La partecipazione è senza dubbio un elemento qualificante della democrazia, è la vera chiave per il cambiamento".
"Cittadinanzattiva nasce con l'obiettivo di promuovere la partecipazione civica e di favorire un ruolo attivo dei cittadini per la tutela dei diritti, la cura dei beni comuni, il sostegno ai soggetti deboli - ha sottolineato Gaudioso - Il Festival è una occasione importantissima, perché ha l'obiettivo di raccontare e valorizzare le attività svolte dai cittadini nell'interesse generale e di rappresentare il potere che essi hanno di cambiare lo stato delle cose e di migliorare la tenuta dei diritti".
"Per Slow Food cibo e partecipazione sono le due facce della stessa medaglia. Da ormai 30 anni ci battiamo per difendere il diritto al piacere e alla convivialità, cercando di garantire l'accesso a un cibo buono, pulito e giusto per tutti - ha spiegato Francesca Rocchi - All'Aquila parleremo, tra le altre cose, di agricoltura, di montagna, di vino naturale, di legalità e di lavoro, e lo faremo coinvolgendo tutti i partecipanti in originali cene, Eat in in piazza e mercati in cui scoprire i prodotti del territorio e conoscere i produttori".
"Con il Festival della Partecipazione - ha dichiarato Massimo Cialente - si apre un nuovo cantiere, indubbiamente il più atipico e dinamico, nella nostra città. Un cantiere che vuole integrare e arricchire la ricostruzione del patrimonio edilizio e monumentale con quella, vitale per il tessuto connettivo, che riguarda la vita, la socialità, il senso più vero e profondo dell’essere, e del sentirsi, una comunità. Il Festival è un grande laboratorio, al contempo una fucina di idee, un incubatore di progetti, una immensa piazza virtuale per confrontarsi, dialogare, condividere. I percorsi tematici, individuati a loro volta all’esito di un percorso partecipativo, riguardano diversi ambiti e convergeranno in dibattiti, seminari, conferenze, senza dimenticare il buon cibo. La partecipazione, insomma, diventa una grande festa di colori, di suoni, di immagini, di idee. Un progetto che abbiamo voluto sostenere con entusiasmo e convinzione perché crediamo che solo così potrà essere costruita, e ri-costruita, la città del futuro".
Il programma, che è stato illustrato nella conferenza stampa di oggi, prevede più di 50 appuntamenti e si snoderà in diversi luoghi della città seguendo alcuni percorsi tematici (Cibo, Città territorio e ambiente, Welfare, Arte, Sociale, Scuola ed educazione), tenuti insieme dal filo rosso della Partecipazione, che percorre in modo trasversale la trama del Festival.
Tra gli eventi previsti, l’inaugurazione con Don Luigi Ciotti e Carlo Petrini, due strisce di interventi quotidiani, a cura di Giovanni Moro, sulle "parole della partecipazione", le lezioni magistrali di Emilio Gentile, Nadia Urbinati, Giulio Giorello e Fabrizio Barca, sui temi della democrazia, della giustizia, dei beni comuni e del potere, il dibattito sull'architettura partecipata, con Guendalina Salimei e Stefano Boeri a confronto con i giovani architetti di Viviamolaq, Collettivo di architettura partecipata, il Concerto per pubblico e orchestra - Trois langages imaginaires eseguito dall'Orchestra Sinfonica Abruzzese, che prevede un coinvolgimento diretto del pubblico, lo spettacolo teatrale della Compagnia Stabile Assai della Casa di reclusione di Rebibbia, le tavole esperienziali, il dibattito sul Citizen journalism organizzato da Il Centro con i direttori di importanti testate di informazione nazionali, e poi il pranzo condiviso tra un migliaio dei 3.500 operai che stanno lavorando alla ricostruzione post terremoto e gli abitanti dell'Aquila.
Molte le esperienze sul campo realizzate da associazioni e gruppi di cittadini attivi: Patti di Fiume, Borghi Attivi, Italia in Comune, Forni in festa. E anche festa, appunto: con la Disco-Soup di giovedì sera in Piazza Chiarino e la Med Free Orkestra in Piazza Duomo la sera di sabato 9.
Non mancherà il coinvolgimento del mondo della scuola: coordinati da NewsTown un gruppo di scolari e studenti realizzerà un quotidiano "Corriere della Partecipazione", intervistando i protagonisti e raccontando la quattro giorni di eventi. Tra i quali, anche: un "orto in piazza", i walk-about "Lungo le mura" della città, il Mercato Contadino nei cortili dei palazzi storici, la condivisione della "pasta madre", le mostre di Pubblicità Progresso, di Confotografia, e di "Le mani sulla città", l’installazione Animamersa e le danzatrici sospese.
Infine "Come rinasce una città universitaria?", un dibattito a cura dell'Università dell'Aquila. Una Piazza della Partecipazione sarà a disposizione di gruppi e associazioni che vorranno portare le loro proposte. Nei giorni appena precedenti, "strilloni" e "pazzarielli" diffonderanno il programma, animando le vie e le piazze della città. Negli stessi giorni del Festival si svolge FestAmbiente presso il Cortile di via Accursio, 20 e con un gazebo in Piazza Duomo.
Il Festival è organizzato dal comitato promotore, composto dall'alleanza Italia, Sveglia! (ActionAid Italia, Cittadinanzattiva e Slow Food Italia), in collaborazione con il Comune dell'Aquila. Tra i partner dell'evento, l'Università dell'Aquila e il Gran Sasso Science Institute, insieme a Rai Radio3, Metro, BlaBlaCar, Today, NewsTown, Touring Club Italiano, Whoosnap, Radio L'Aquila1, Myl’Aquila.
Due inoltre i Patrocini di rilievo: Fondazione Pubblicità Progresso e la campagna Connect4Climate della Banca Mondiale, partnership globale per la comunicazione sui temi ambientali.
Fondazione Pubblicità Progresso ha in programma una mostra che ripercorre alcune delle principali campagne condotte negli anni e un workshop sul ruolo che gli strumenti di comunicazione di massa possono esercitare al fine di promuovere i valori civili del progresso sociale. Connect4Climate nasce con l’intento di promuovere una cultura diffusa sulla urgenza di affrontare il cambiamento climatico a tutti i livelli e con tutti gli attori.
L’Aquila è un simbolo importante di come la ricostruzione debba coinvolgere tutti, per uno sviluppo che sia realmente sostenibile. Questi aspetti saranno al centro dell’evento promosso da C4C all’interno del Festival, proprio a pochi giorni dall'apertura della Film4Climate Global Video Competition (www.connect4climate.org), per raccogliere video dai cittadini di tutto il globo e creare nuove idee per il nostro pianeta. I vincitori saranno premati in Marocco in occasione della COP22.

Fontamara

Sabato 2 luglio 2016 alle ore 10,30 per gli eventi della Festa della trebbiatura all’antica che si tiene il 1-2 e 3 luglio nei locali e aree verdi dell’’Hotel Grazia in Rocca S. Stefano di Tornimparte,Valter Marcone leggerà Fontamara di Ignazio Silone accompagnato all’arpa celtica di Maria Di Giulio. La lettura dell’opera di Silone intende richiamare ancora una volta l’attenzione sul mondo contadino in un particolare momento della storia del nostro paese. Intende anche contribuire ad affrontare lo scottante problema della tentata delegittimazione umana, politica, culturale e letteraria di uno dei massimi pensatori europei del Novecento Ignazio Silone .Tema che viene ben ricordato nel volume di Antonio Sgabarrini e Annibale Gentile “Fontamaresi. La Scuola delle Libertà nella Fontamara di Ignazio Silone (Angelus Novus Edizioni 2015) .Traggo da Angelus Novus il breve scritto che segue sulla presentazione del libro tenutasi lunedì 29 febbraio 2016 con un incontro culturale inserito nel calendario degli appuntamenti mensili propedeutici alla “Festa Nazionale della Creatività”(promosso e organizzato dall’“Associazione 180amici L’Aquila Onlus”).
“I due coautori de I Fontamaresi sono stati impegnati ben quattro decenni per portare a compimento la polifonica edizione (circa quattro anni fa Annibale Gentile, uno dei più preparati e agguerriti studiosi siloniani, è scomparso a seguito di una banale caduta e Antonio Gasbarrini s’è fatto carico della sua ultimazione).
Il libro è denso di materiale documentario sulla figura politica ed artistica dello scrittore abruzzese, noto in tutto il mondo a partire da uno dei suoi capolavori Fontamara stampato in lingua tedesca nel 1933 durante il suo quindicennale esilio svizzero.
Secondo i due coautori, Ignazio Silone è stato attaccato a colpi di “scoop” negli anni Novanta e sino ai nostri giorni da alcuni storici revisionisti (Dario Biocca e Mauro Canali, in particolare). I quali, con la loro approssimativa ed erronea interpretazione di una serie di documenti d’archivio, ne hanno di fatto “sfregiato” la consolidata, nobile biografia. Le loro gravissime, infondate accuse, quali quella di essere stato negli anni Venti – mentre diciannovenne militava già nelle fila del Partito Socialista prima, e Comunista poi – un confidente della Polizia Politica Fascista, per di più a causa di una sua fantomatica omosessualità. Strampalate, malevoli tesi contrastate e smentite da altri noti storici di altissimo profilo quali Mimmo Franzinelli, Giorgio Soave, Giuseppe Tamburrano, Gianna Granati, Alfonso Isinelli, Massimo Teodori ed altri ancora, come Alberto Vacca recentemente, concordi nel sostenere come Ignazio Silone sia stato vittima di attacchi e manipolazioni fabulatorie per ragioni scandalistiche, mediatiche ed ideologiche, e non già storiche.
Il volume documenta con testi, disegni a colori e foto, l’innovativa esperienza didattica condotta da Annibale Gentile in una quinta elementare di Pescina, dove l’intero anno scolastico era stato imperniato sul romanzo Fontamara ambientato dallo scrittore abruzzese proprio nel paese marsicano dove era nato. Dalla cui lettura e interpretazione, poi, i diciotto “Scolari di Fontamara” hanno realizzato le loro illustrazioni per i passi salienti del romanzo, le fotografie dei luoghi in cui è ambientato, le “loro copertine”, le interviste agli abitanti di Pescina e allo stesso Silone in un magico incontro avvenuto a Roma tre anni prima della sua morte.
La tavola rotonda che si è tenuta in occasione della presentazione del libro ha aiutato a meglio affrontare, nel corso della presentazione, lo scottante problema della tentata delegittimazione umana, politica, culturale e letteraria di uno dei massimi pensatori europei del Novecento, e, ha posto il problema di restituire allo scrittore abruzzese tutta l’integrità dell’onore dovutogli, come ampiamente certifica nel volume la fresca creatività inventiva de “Gli scolari di Fontamara” “

VERSI D'ALTRI E ALTRI VERSI : Fusion



FUSION
Ti ripari come muro
duro di carezze
la dolcezza che mi chiami…
…che il sale non ti sfiori
che la pioggia… …e il vento ti asciughi!
il sole prismi tutti i tuoi colori
il calore mite sulla pelle
suo ti doni… (1)
…che la vita ti suoni
un’arpa che sfiori
dolce
con la carezza
che rimane tra le mani.” Ti sfiori
un corpo silenzioso...
t'accarezzi un'idea di sogno
ti sogni la pietra larva
sia farfalla il tuo sogno" (2)

(1) Guido Tracanna (2)  Valter Marcone
Da Poesia : femminile, singolare