lunedì 8 luglio 2013
VERSI D’ALTRI E ALTRI VERSI : “La gàbia del leun” di Franco Loi
Milo De Angelis consiglia “La gàbia del leun” di Franco Loi
La gàbia del leun l’era de aria,
de aria la mia mama, quèl cappell,
el brasc del mè papà l’era de aria
sü la mia spalla, i mè man che streng,
e aria el rìd di öcc e duls de aria
de quèla vita ch’ù insugnâ‚ l’azerb.
Eren de aria lur, e mì, chissà,
che sun stâ‚ fermu a vardàj andà.
Franco Loi (Genova, 1930), da da L’aria (Einaudi, 1981)
La gabbia del leone era di aria,
di aria la mia mamma, quel cappello,
il braccio di mio padre era di aria
sulla mia spalla, le mie mani che stringono,
e aria il ridere degli occhi e dolce d’aria
di quella vita di cui ho sognato l’acerbo.
Erano d’aria loro, e io, chissà,
che sono stato fermo a guardarli andare.
Il motivo dell’aria attraversa tutta la poesia di FrancoLoi. L’aria lo trasporta nel futuro ignoto oppure nelle ombre del passato, comein questi versi segnati dal respiro dell’infanzia. Ed ecco che vediamo Loibambino, in un giardino zoologico, con il padre e la madre che lo tengono permano, come in un’antica foto di famiglia. Tutto è invaso dall’aria. La gabbiadel leone, il braccio, il cappello, le mani, gli occhi ridenti, tutto un mondoinfantile e carico di promesse che Loi ha sempre cantato con la forzastruggente della sua voce. La poesia è cadenzata da quest’aria che avvolge ognicosa e la porta via, compresi i genitori, rapiti dall’aria e condotti in altritempi e in altri luoghi. Solo il poeta resta lì, fermo, nel turbine dellepresenze amate e le vede scomparire per sempre e dà loro l’ultima possibileparola.
Eremo Rocca S. Stefano lunedì 8 luglio 2013
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