mercoledì 28 ottobre 2015

“Leggere è una ricchezza per la persona e per la comunità”. Le riflessioni di Mattarella



Signori ministri,
carissimi giovani che avete partecipato al progetto Libriamoci.
Sono davvero molto lieto che voi siate qui, e che possiate conoscere questo Palazzo, che è la casa degli italiani, il Quirinale.
Questi sono giorni che segnano qualche difficoltà, per quel che è avvenuto nei giorni scorsi, sono giorni che scuotono le istituzioni europee e che interpellano nel profondo il nostro stesso senso di umanità. Centinaia di profughi e di migranti sono morti ancora una volta nel Mediterraneo. Siamo di fronte a tragedie davvero sconvolgenti: trafficanti di esseri umani che provocano stragi di innocenti. Sentiamo questa ferita lacerante. E’ nostro dovere – dovere dell’Europa, dell’intera comunità internazionale fare di più per impedire queste stragi. La scuola, il mondo della cultura, voi giovani, siete risorsa indispensabile per un rilancio della solidarietà, per l’affermazione di una cultura di pace, per un riconoscimento condiviso del bene comune.
E quello di cui parliamo oggi, nella Giornata mondiale del libro e del diritto d’autore, non è estraneo a questo lavoro, paziente, di costruzione di una società matura.
Leggere è una ricchezza per la persona e per la comunità. E’ una porta che ci apre alla conoscenza, alla bellezza, a una maggiore consapevolezza delle nostre radici, ai sentimenti degli altri che spesso ci fanno scoprire anche i nostri sentimenti nascosti, come poco fa è stato detto. Non è vero che la lettura sia stata e sia un’abitudine di personalità introverse. E’ vero il contrario: è una chiave per diventare cittadini del mondo, per conoscere esperienze lontane, per comprendere le contraddizioni e le storture, ma anche per comprendere le grandi potenzialità del mondo che ci circonda, dell’umanità che ci circonda. E’ un modo per far nascere speranze, per coltivarle, per condividerle.
I latini chiamavano liber il manoscritto, il libro. Liber, come il sostantivo e l’aggettivo che definivano l’uomo libero. Si tratta – lo sapete, certamente lo sanno i vostri docenti – di etimi diversi. La parola “libro” viene da corteccia, la corteccia degli alberi sulla quale si incidevano le iscrizioni. Ma questa identità del termine è quanto mai opportuna: in questo tempo avvertiamo particolarmente che leggere è parte di un percorso di libertà. Diceva un grande scrittore per ragazzi, Gianni Rodari: “Vorrei che tutti leggessero. Non per diventare letterati o poeti, ma perché nessuno sia più schiavo”. Più libri vuol dire più libertà. Più lettori vuol dire più conoscenza, più spirito critico, più autonomia di giudizio, elementi essenziali di una convivenza.
La società dell’iper-connessione, per definizione, dilata le facoltà dell’uomo, con un accesso, senza confini apparenti a nuovi contenuti e appare dischiudere una libertà quasi infinita. E’ come se un mondo divenuto più piccolo ci dicesse: la libertà è qui, basta coglierla, non c’è bisogno di alcuno sforzo, il mercato sovrabbonda di merce; ma non tutta è merce di qualità.
E invece, tanto più ci avviciniamo alla libertà, tanto più scopriamo che essa è delicata, che merita un’attenzione speciale, che comporta la fatica della responsabilità e dei doveri. La libertà, per radicarsi ed ampliarsi davvero, non può fare a meno della cultura e della coscienza. Il sapere è condizione di libertà. Perché è condizione del pensiero. Le riflessioni e le passioni che la lettura suscita costituiscono un ponte verso il futuro.
E, oggi, abbiamo grande bisogno di pensare al futuro, di progettarlo e di immaginarlo.
Il “tempo reale” dell’informazione tende a schiacciare tutto sul presente, con un rapido consumo e veloce abbandono delle notizie e delle emozioni, dei pensieri che esse suscitano. Ma, se gli obiettivi contingenti prevalgono sui progetti e gli investimenti per il domani, noi rischiamo di uniformare il pensiero, di appiattirlo, anziché di accrescere la capacità creativa.
Leggere, conoscere, pensare con la propria testa sono antidoti all’omologazione. Dunque sono qualità che rendono viva una civiltà, la nostra civiltà. Sono beni che le istituzioni e i corpi intermedi della società devono essere capaci di diffondere, soprattutto in favore delle generazioni più giovani, le più bisognose di futuro.
Va per questo sottolineata positivamente, in questo senso, l’azione dei ministeri che hanno cooperato per la riuscita del progetto “Libriamoci”, diretto particolarmente ai giovani e vi incoraggio a proseguire su questa strada e, se possibile, a svilupparla. Il ”Maggio dei libri”, voluto dal Centro per il libro e la lettura, così come l’iniziativa dell’Associazione Italiana Editori con l’hashtag #ioleggoperchè, sono altre iniziative che vanno nella giusta direzione.
Il valore della cultura va sottolineato e sostenuto come parte essenziale della ricchezza, anche economica, di un Paese. È quello che si ama definire capitale sociale: la trasmissione, cioè, della cultura di un popolo attraverso le generazioni, base di ogni avanzamento sociale e del processo di innovazione. All’ impegno educativo va data la priorità che merita, anche al fine di ricomporre il patto di fiducia fondamentale tra le famiglie e la scuola.
La ricchezza e la prosperità del Paese (è elemento ben noto), non risiedono soltanto su assetti economici industriali e materiali. Prima ancora dello sviluppo dell’industria digitale, in Italia si annoveravano beni immateriali preziosissimi che valgono capitali inestimabili, e che producono dividendi non solo economici ma soprattutto morali e sociali decisivi per la qualità della civiltà e della vita dei cittadini.
So bene che non basta una generica esortazione alla lettura, in un tempo in cui i messaggi volano sintetici e velocissimi, come mai è accaduto nella vicenda umana.
Non si tratta di lanciare appelli generici. Né ancor meno si tratta di riservare all’attività di formazione spazi protetti, dove i nuovi media vengano tenuti lontani. L’errore più grande che possiamo compiere è contrapporre le innovazioni e le nuove tecnologie agli strumenti che hanno accompagnato gli studi e la crescita delle generazioni precedenti. Il mezzo di distribuzione di un contenuto non va confuso con i contenuti. Il libro resta fondamentale, ma non è contrapposto alle versioni in e-book. Così come il quotidiano di carta non può essere opposto al formato oggi disponibile sul tablet, sul cellulare o sul computer.
Fondamentale è la circolazione dei contenuti e l’accesso ad essi. Il pensiero va subito alle biblioteche, tradizionali e virtuali (un contributo all’innovazione, nei decenni scorsi, è stato dato dal progetto del Servizio Bibliotecario Nazionale, Sbn, del Ministero dei Beni culturali), con la loro capacità di sollecitare nei giovani la curiosità e soddisfare le attese degli adulti. Al tempo stesso, continuano ad avere un’importanza strategica le librerie e le altre forme distributive del libro.
La lettura non è esercizio alternativo all’uso degli strumenti della modernità e dell’innovazione. Il suo valore rimane inalterato nei diversi supporti che oggi sono disponibili ai cittadini, e particolarmente ai giovani. La lettura genera sapere condiviso, passioni, produce comunità: nostro compito è far diventare le conoscenza una rete attiva.
Si tratta di una sfida cruciale.
La Giornata mondiale del libro pone a tema anche il diritto d’autore, che rischia di essere esso stesso aggredito e sminuito dallo sviluppo delle reti e dalla moltiplicazione delle piattaforme informative e di comunicazione. Il riconoscimento della creatività dell’autore è parte di quella trasmissione dei valori, e di quello stimolo alla crescita e alla cultura, di cui abbiamo parlato. Il legislatore interno e quello europeo sono chiamati alla vigilanza e all’aggiornamento necessari per non disperdere patrimoni di cui tutti possiamo beneficiare.
Permettetemi, ora, un saluto affettuoso alle due studentesse che hanno declamato, in lingue diverse, una poesia cinese.
”Divertendomi” è il titolo di questi versi. Divertendoci possiamo crescere, allargare il nostro cuore e la nostra mente, abbracciare realtà che sarebbero state irraggiungibili anche soltanto ai nostri padri. Dobbiamo andare incontro al futuro tenendoci per mano, non chiudendoci nella solitudine o nell’egoismo. Leggere, lo abbiamo detto, è aprirsi. Conoscere le lingue, impadronirsi ancora di più, attraverso esse, di culture di altri popoli, è aprirsi ancora di più. E’ questo, cari giovani, il futuro di cui dovete diventare protagonisti e non solo spettatori.
L’Unesco ha dedicato il 23 aprile alla Giornata del libro perché in quella data, nel 1616, morirono tre grandissimi scrittori. Uno di questi è Miguel de Cervantes, l’ideatore di don Chisciotte, maschera grottesca ma al tempo stesso simbolo di un passaggio d’epoca. L’arcaico mondo cavalleresco che don Chisciotte si ostinava a interpretare non c’era più, era finito per sempre. Tuttavia, il suo radicato senso di giustizia e la sua utopia costituivano uno sguardo critico sulle debolezze di una modernità che si era ormai affermata.
Cari giovani, il tempo che ci sta alle spalle non tornerà. Non saranno i nostalgici del passato a fare la storia. Si apre anche davanti a noi un’epoca nuova. Ma in questa nuova stagione dobbiamo saper portare quei tesori, quei desideri, quelle speranze che possono aiutarci a diventare artefici della nostra vita e costruttori di una società migliore.
Buon lavoro a tutti. E buone letture.
l’intervento integrale del Presidente della Repubblica Mattarella in vista della Giornata Mondiale del libro e del diritto d’autore in programma il 23 aprile
(tratto da www.quirinale.it)

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