Signori
ministri,
carissimi giovani che avete partecipato al progetto Libriamoci.
carissimi giovani che avete partecipato al progetto Libriamoci.
Sono
davvero molto lieto che voi siate qui, e che possiate conoscere questo Palazzo,
che è la casa degli italiani, il Quirinale.
Questi
sono giorni che segnano qualche difficoltà, per quel che è avvenuto nei giorni
scorsi, sono giorni che scuotono le istituzioni europee e che interpellano nel
profondo il nostro stesso senso di umanità. Centinaia di profughi e di migranti
sono morti ancora una volta nel Mediterraneo. Siamo di fronte a tragedie
davvero sconvolgenti: trafficanti di esseri umani che provocano stragi di
innocenti. Sentiamo questa ferita lacerante. E’ nostro dovere – dovere
dell’Europa, dell’intera comunità internazionale fare di più per impedire
queste stragi. La scuola, il mondo della cultura, voi giovani, siete risorsa
indispensabile per un rilancio della solidarietà, per l’affermazione di una
cultura di pace, per un riconoscimento condiviso del bene comune.
E
quello di cui parliamo oggi, nella Giornata mondiale del libro e del diritto
d’autore, non è estraneo a questo lavoro, paziente, di costruzione di una
società matura.
Leggere
è una ricchezza per la persona e per la comunità. E’ una porta che ci apre alla
conoscenza, alla bellezza, a una maggiore consapevolezza delle nostre radici,
ai sentimenti degli altri che spesso ci fanno scoprire anche i nostri
sentimenti nascosti, come poco fa è stato detto. Non è vero che la lettura
sia stata e sia un’abitudine di personalità introverse. E’ vero il contrario:
è una chiave per diventare cittadini del mondo, per conoscere esperienze
lontane, per comprendere le contraddizioni e le storture, ma anche per
comprendere le grandi potenzialità del mondo che ci circonda, dell’umanità che
ci circonda. E’ un modo per far nascere speranze, per coltivarle, per
condividerle.
I
latini chiamavano liber il manoscritto, il libro. Liber, come il sostantivo e
l’aggettivo che definivano l’uomo libero. Si tratta – lo sapete, certamente lo
sanno i vostri docenti – di etimi diversi. La parola “libro” viene da
corteccia, la corteccia degli alberi sulla quale si incidevano le iscrizioni.
Ma questa identità del termine è quanto mai opportuna: in questo tempo
avvertiamo particolarmente che leggere è parte di un percorso di libertà.
Diceva un grande scrittore per ragazzi, Gianni Rodari: “Vorrei che tutti
leggessero. Non per diventare letterati o poeti, ma perché nessuno sia più
schiavo”. Più libri vuol dire più libertà. Più lettori vuol dire più
conoscenza, più spirito critico, più autonomia di giudizio, elementi essenziali
di una convivenza.
La
società dell’iper-connessione, per definizione, dilata le facoltà dell’uomo,
con un accesso, senza confini apparenti a nuovi contenuti e appare dischiudere
una libertà quasi infinita. E’ come se un mondo divenuto più piccolo ci
dicesse: la libertà è qui, basta coglierla, non c’è bisogno di alcuno sforzo,
il mercato sovrabbonda di merce; ma non tutta è merce di qualità.
E
invece, tanto più ci avviciniamo alla libertà, tanto più scopriamo che essa è
delicata, che merita un’attenzione speciale, che comporta la fatica della
responsabilità e dei doveri. La libertà, per radicarsi ed ampliarsi davvero,
non può fare a meno della cultura e della coscienza. Il sapere è condizione di
libertà. Perché è condizione del pensiero. Le riflessioni e le passioni che la
lettura suscita costituiscono un ponte verso il futuro.
E,
oggi, abbiamo grande bisogno di pensare al futuro, di progettarlo e di
immaginarlo.
Il
“tempo reale” dell’informazione tende a schiacciare tutto sul presente, con un
rapido consumo e veloce abbandono delle notizie e delle emozioni, dei pensieri
che esse suscitano. Ma, se gli obiettivi contingenti prevalgono sui progetti
e gli investimenti per il domani, noi rischiamo di uniformare il pensiero, di
appiattirlo, anziché di accrescere la capacità creativa.
Leggere,
conoscere, pensare con la propria testa sono antidoti all’omologazione.
Dunque sono qualità che rendono viva una civiltà, la nostra civiltà. Sono beni
che le istituzioni e i corpi intermedi della società devono essere capaci di
diffondere, soprattutto in favore delle generazioni più giovani, le più
bisognose di futuro.
Va
per questo sottolineata positivamente, in questo senso, l’azione dei ministeri
che hanno cooperato per la riuscita del progetto “Libriamoci”, diretto
particolarmente ai giovani e vi incoraggio a proseguire su questa strada e, se
possibile, a svilupparla. Il ”Maggio dei libri”, voluto dal Centro per il libro
e la lettura, così come l’iniziativa dell’Associazione Italiana Editori con
l’hashtag #ioleggoperchè, sono altre iniziative che vanno nella giusta
direzione.
Il
valore della cultura va sottolineato e sostenuto come parte essenziale della
ricchezza, anche economica, di un Paese. È quello che si ama definire
capitale sociale: la trasmissione, cioè, della cultura di un popolo attraverso
le generazioni, base di ogni avanzamento sociale e del processo di innovazione.
All’ impegno educativo va data la priorità che merita, anche al fine di
ricomporre il patto di fiducia fondamentale tra le famiglie e la scuola.
La
ricchezza e la prosperità del Paese (è elemento ben noto), non risiedono
soltanto su assetti economici industriali e materiali. Prima ancora dello
sviluppo dell’industria digitale, in Italia si annoveravano beni immateriali
preziosissimi che valgono capitali inestimabili, e che producono dividendi non
solo economici ma soprattutto morali e sociali decisivi per la qualità della
civiltà e della vita dei cittadini.
So
bene che non basta una generica esortazione alla lettura, in un tempo in cui i
messaggi volano sintetici e velocissimi, come mai è accaduto nella vicenda
umana.
Non
si tratta di lanciare appelli generici. Né ancor meno si tratta di riservare
all’attività di formazione spazi protetti, dove i nuovi media vengano tenuti
lontani. L’errore più grande che possiamo compiere è contrapporre le
innovazioni e le nuove tecnologie agli strumenti che hanno accompagnato gli
studi e la crescita delle generazioni precedenti. Il mezzo di distribuzione di
un contenuto non va confuso con i contenuti. Il libro resta fondamentale, ma
non è contrapposto alle versioni in e-book. Così come il quotidiano di carta
non può essere opposto al formato oggi disponibile sul tablet, sul cellulare o
sul computer.
Fondamentale
è la circolazione dei contenuti e l’accesso ad essi. Il pensiero va subito
alle biblioteche, tradizionali e virtuali (un contributo all’innovazione,
nei decenni scorsi, è stato dato dal progetto del Servizio Bibliotecario
Nazionale, Sbn, del Ministero dei Beni culturali), con la loro capacità di
sollecitare nei giovani la curiosità e soddisfare le attese degli adulti. Al
tempo stesso, continuano ad avere un’importanza strategica le librerie e le altre
forme distributive del libro.
La
lettura non è esercizio alternativo all’uso degli strumenti della modernità e
dell’innovazione. Il suo valore rimane inalterato nei diversi supporti che oggi
sono disponibili ai cittadini, e particolarmente ai giovani. La lettura genera
sapere condiviso, passioni, produce comunità: nostro compito è far diventare le
conoscenza una rete attiva.
Si
tratta di una sfida cruciale.
La
Giornata mondiale del libro pone a tema anche il diritto d’autore, che rischia
di essere esso stesso aggredito e sminuito dallo sviluppo delle reti e dalla
moltiplicazione delle piattaforme informative e di comunicazione. Il
riconoscimento della creatività dell’autore è parte di quella trasmissione dei
valori, e di quello stimolo alla crescita e alla cultura, di cui abbiamo
parlato. Il legislatore interno e quello europeo sono chiamati alla vigilanza e
all’aggiornamento necessari per non disperdere patrimoni di cui tutti possiamo
beneficiare.
Permettetemi,
ora, un saluto affettuoso alle due studentesse che hanno declamato, in lingue
diverse, una poesia cinese.
”Divertendomi”
è il titolo di questi versi. Divertendoci possiamo crescere, allargare il
nostro cuore e la nostra mente, abbracciare realtà che sarebbero state
irraggiungibili anche soltanto ai nostri padri. Dobbiamo andare incontro al
futuro tenendoci per mano, non chiudendoci nella solitudine o nell’egoismo.
Leggere, lo abbiamo detto, è aprirsi. Conoscere le lingue, impadronirsi ancora
di più, attraverso esse, di culture di altri popoli, è aprirsi ancora di più.
E’ questo, cari giovani, il futuro di cui dovete diventare protagonisti e non
solo spettatori.
L’Unesco
ha dedicato il 23 aprile alla Giornata del libro perché in quella data, nel
1616, morirono tre grandissimi scrittori. Uno di questi è Miguel de Cervantes,
l’ideatore di don Chisciotte, maschera grottesca ma al tempo stesso simbolo
di un passaggio d’epoca. L’arcaico mondo cavalleresco che don Chisciotte si
ostinava a interpretare non c’era più, era finito per sempre. Tuttavia, il suo
radicato senso di giustizia e la sua utopia costituivano uno sguardo critico
sulle debolezze di una modernità che si era ormai affermata.
Cari
giovani, il tempo che ci sta alle spalle non tornerà. Non saranno i
nostalgici del passato a fare la storia. Si apre anche davanti a noi un’epoca
nuova. Ma in questa nuova stagione dobbiamo saper portare quei tesori, quei
desideri, quelle speranze che possono aiutarci a diventare artefici della
nostra vita e costruttori di una società migliore.
Buon
lavoro a tutti. E buone letture.
l’intervento
integrale del Presidente della Repubblica Mattarella in vista della
Giornata Mondiale del libro e del diritto d’autore in programma il 23 aprile
(tratto da www.quirinale.it)
(tratto da www.quirinale.it)
Nessun commento:
Posta un commento