SILLABARI : Bellezza
Metto qui il bel
pezzo scritto da Gianluca Sperasul film di Paolo Sorrentino ‘La Grande
Bellezza’, pubblicato su OttoStorie l’8Marzo 2014
Su
“La grande bellezza”, ormai, si sono sprecatii commenti, più o meno
pertinenti, che hanno scatenato il consueto dibattitoinfuocato sulle
pagine di facebook o twitter tra improvvisati criticicinematografici,
equamente divisi tra estimatori e detrattori di Sorrentino,intenti a
discettare, senza alcun timore di sfidare il senso del ridicolo,
dicopione, trama, sceneggiatura, fotografia e recitazione. L’impressione
che sen’è ricavata è piuttosto deprimente perché molti degli audaci
commentatori,nella migliore delle ipotesi, si erano soffermati solo su
qualche spezzonedella pellicola tralasciandone la visione integrale.
L’errore di fondo è statoquello di incentrare la contrapposizione
soltanto sull’opportunità diassegnare, o meno, l’Oscar al film di Paolo
Sorrentino. Molti degli intrepidicinefili, essendo sprovvisti delle
capacità e delle conoscenze indispensabiliper poter conferire attestati
od esprimere giudizi, avrebbero fatto meglio, purgarantendo a ciascuno
la possibilità di esprimere una critica più chelegittima, tenuto anche
conto che certe incongruenze del racconto non sonoproprio esenti da
censure, a concentrare la discussione sulla visionecomplessiva della
società italiana che ci ha proposto il regista napoletano conferoce
sarcasmo, insolito nelle produzioni nostrane appiattite su commediole
dinessuna rilevanza.
Quello
che ha descritto Sorrentino è un Paese molto vicino alla
realtà,assomiglia spaventosamente a quello che viviamo e subiamo ogni
maledettogiorno, alle storture che accompagnano l’affannoso incedere di
una Nazione chesi sta condannando da sola all’inevitabile retrocessione.
E’ l’Italia dellecongreghe autoreferenziali, del potere corrotto, dei
circoli ristretti, dellavolgarità imperante, della tracotanza dilagante,
dell’ignoranza elevata asistema. E’ un Paese fondamentalmente depravato
che sta bruciando secoli esecoli d’Arte, sta relegando la Conoscenza a
momento accessorio e non necessario, dove anchela lettura è diventato un
fenomeno elitario. Se vogliamo, alcune situazionisono pure peggiori di
come le ha tratteggiate il film perché Sorrentino, indefinitiva, ha
indugiato su aspetti intellettualistici, che alla fine
tracimanoaddirittura, non senza un’evidente forzatura, nel misticismo,
evitandoun’analisi generale dei vizi e dei difetti ancestrali della
società italiana edelle gravi conseguenze che ne derivano in termini di
opportunità assenti edoccasioni mancate. Per tanti Jep Gambardella, o
affini, che salgonoimmeritatamente alla ribalta, ci sono tanti
sconosciuti che restano confinatiingiustamente nel loro avvilente
anonimato.
C’è
una parte del Paese che non emerge perché viene trattenuta con la
testasott’acqua, in uno stato di perenne apnea da mani violente guidate
da genteprepotente che non intende concedere nemmeno un millimetro ai
potenzialiconcorrenti. L’Italia dei monopoli, costruita sul controllo
capillare e dispoticodi tutti i settori di produzione, sull’occupazione
degli Enti di gestione,sulla blindatura dei vertici delle professioni
intellettuali, sull’abbassamentocomplessivo del livello di discussione,
sull’azzeramento di ogni forma didissenso. In quest’epoca più che
decadente, il lavoro, merce rara, vienedistribuito con parsimonia e
secondo metodi tutti italiani. Il sistema devegarantire i già garantiti,
perpetuare il potere di chi determina fortune esfortune altrui,
assicurare rendite e ricchezze solo a quei pochi che sonoammessi e
frequentano assiduamente le stanze dei bottoni. Non importa se
tuttoquesto, prima ancora di ridurre il gusto estetico, ha distrutto
l’economianazionale, l’idea di giustizia, progetti e prospettive delle
giovanigenerazioni. Sul lungo periodo, privarsi delle menti migliori,
costringeretanti ad emigrare, affidarsi ad una classe dirigente mediocre
che, assuefattaal codardo servilismo in parte imposto ed in parte
accettato senza fiatare, siomologa ad un’improduttiva bruttezza, risulta
fortemente penalizzante, crea ungap difficilmente colmabile con il
resto del mondo.
“Non
si mangia con la cultura”, è stato lo slogan di questi ultimi anni in
cuiè stato consentito ad una ristretta cerchia di persone di mangiare
pure tanto,di appagare tutta la loro egoistica ingordigia, di sfamarsi
fino a sazietà. Noncon la cultura, ma con gli appalti pubblici e le
commesse di Stato. Quelli chesono stati riservati con estrema generosità
a chi ha dimostrato fedeltà emilitanza, devozione e subordinazione più
che preparazione e competenza,tendenza al compromesso più che un minimo
anelito di progresso.
Questo tipo di mentalità ha bloccato sul
nascere ogni tipo di iniziativa, hasfasciato quel poco che funzionava,
ha arrestato sviluppo sociale ed evoluzionecivile. Ci ha reso ridicoli
all’estero dove non arriva un’immagine deformatabensì la reale
percezione del disastro. D’altronde, le rappresentazioniedulcorate, così
come le cronache ruffiane, non agevolano certo la comprensionedelle
problematiche né la cura dei mali endemici che impediscono la
crescitadel Paese.
Quest’Italia,
quella raccontata da Sorrentino, quella con cui ci troviamo acombattere
nell’estremo tentativo di piegarla, senza riuscirci, ad un minimo
diequità, ha delle vaghe similitudini con l’Irlanda di inizio novecento
uscitadalla penna di Joyce. Le problematiche non sono del tutto
coincidenti ma ilsenso della sconfitta incombente è lo stesso. Uno dei
personaggi di “Gente diDublino”, all’apice dello scoramento, disilluso
dall’impressione di unsoffocante senso di immobilismo, prendeva
amaramente coscienza che l’unicasoluzione per sottrarsi alla disfatta
era la fuga senza alcuna riserva orimpianto. “Non aveva dubbi: per aver
successo nella vita, bisognavaandarsene”. Non si può fare nulla in
Italia.
(dal Blog di Eliana Petrizzi Crateri Il falò della volgarità di Gianluca Spera )
Eremo Rocca s.Stefano lunedì 10 marzo 2014
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