AD HOC :DA UN COMICO DILETTANTE A UN COMICO PROFESSIONISTA

La
politica italiana, l’analisi dei suoi problemi e dei problemi della
gente, dell’economia , del territorio , le promesse di rinnovamento dei
partiti, annunciano una grande operazione di trasformismo mai
verificatasi nella storia del nostro paese. Stando a quanto scrivono
Giovanni Sartori ed Ernesto Galli della Loggia alla fine il pericolo
potrebbe essere : la politica italiana, da un comico dilettante e un
comico professionista .
Scrive Sartori in “RADIOGRAFIA DI UNO STRANO PARTITO. Com'è liquido il Grillismo”

Chiarisco
subito: «liquidismo» è un termine che ricavo dal sociologo polacco
Zygmunt Bauman che chiama liquide le società che cambiano troppo in
fretta per restare solide. E comincio, qui, dal «partito liquido».
Quando discettavo sui partiti e sistemi di partito (davvero parecchio
tempo fa, il mio librone uscì nel 1976) i partiti liquidi non
esistevano. I partiti importanti, allora, erano i partiti di
organizzazione di massa (come i partiti comunisti, socialisti e
religiosi). Poi la televisione divenne sempre più importante per la
propaganda politica e così l'organizzazione divenne secondaria. A tal
punto che da una ventina di anni parliamo del «partito leggero». Di
leggero in leggero, siamo ora arrivati al «partito liquido» e persino
alla cancellazione della parola partito. Secondo molti sondaggisti
l'antipolitica, il rifiuto della politica, è ormai così profondo da
costringere i partiti a non chiamarsi tali.
Intendiamoci:
anche se travestiti i partiti esistono e devono (dovrebbero) esistere.
Ma se la società liquida approda al «liquidismo», a un calderone nel
quale tutto è disfatto e nulla rifatto, allora arriviamo a Grillo, che
non solo è emblematico di questo processo ma che oggi ne è anche
protagonista.

Io
mi diverto ad azzardare previsioni. Su Grillo scrissi due editoriali
nel settembre e ottobre 2007 nei quali notavo che il suddetto «entra in
politica avendo prima creato una infrastruttura di supporto e di
rilancio: internet, blog e una rete territoriale assicurata dai 224
meetups (gruppi di incontro) che in un giorno raccolsero 300 mila
sottoscrittori per una legge di iniziativa popolare». Mica male, pensai.
Ma la mia fu allora, ovviamente, una previsione prematura. Però oggi la
«liquidificazione» della politica (vedremo alle prossime elezioni
amministrative) riporta Grillo alla ribalta. Oggi, come allora, cinque
anni fa, Grillo propone liste civiche spontanee «certificate» da lui
(che alcuni sondaggi accreditano di percentuali alte al voto). E poi? E
poi niente perché in ogni caso Grillo si dispiega soltanto nella
politica che dico «orizzontale» che culmina nelle elezioni, ma non ha
nessuna ricetta né comprensione sensata della politica «verticale» che
partendo dalle elezioni deve creare, o anche ricreare ma pur sempre
gestire, una immensa organizzazione gerarchica: appunto, lo Stato.
Nell'orizzonte
mentale di Grillo questo potere è tutto suo. Ma non perché Grillo
voglia essere un dittatore. Per carità. È che Grillo, spesso efficace
nel criticare, è incapace di progettare. Quando propone le cose che
sarebbero da fare, il più delle volte propone assurdità o sciocchezze.
Con Grillo la politica liquefatta ci riporta all'«infantilismo politico»
del quale parlava Lenin.
Dicevo che alle imminenti
elezioni amministrative appariranno - si prevede - innumerevoli liste
civiche, liste civetta e simili. Grillo, se ho capito bene, le
«certificherà», dichiarerà se sono buone o cattive. O forse Grillo
certificherà soltanto liste sue, liste di «grillisti». Vedremo. E
vedremo a quel momento a che punto sia arrivata la «liquidificazione»
della politica italiana. (1)
Scrive Galli della Loggia in “ ISTITUZIONI, PARTITI, PERSONE.Nuovi scenari antichi riflessi.

Forzando
un po' le cose, ma solo un poco, la scena politica italiana si presenta
grosso modo così: i vecchi partiti boccheggiano e i nuovi, sebbene
annunciati, non si sa ancora se, quando e come vedranno mai la luce;
alla ribalta sembrano così rimanere sempre più solamente le persone. Le
persone-partito da un lato, le persone-istituzioni dall'altro. Da una
parte, cioè, Vendola, Di Pietro, Pannella (in questo senso un vero
antesignano), Grillo e Bossi (sia pure molto malconcio): tutti e cinque
padri-padroni e mattatori di formazioni tutte all'opposizione che senza
di loro molto probabilmente non esisterebbero, ma che oggi raccolgono,
comunque, almeno un quarto dell'elettorato. E dall'altra parte - ad essi
virtualmente contrapposti non per loro volontà, ma per il solo fatto di
essere le ultime trincee del sistema politico - Mario Monti in
rappresentanza dell'istituzione governo, e insieme a lui Giorgio
Napolitano, titolare dell'istituzione presidenza della Repubblica.
I
vecchi partiti, invece, se ne stanno più o meno tutti nascosti al
coperto dietro Monti e Napolitano. Sentono che il futuro non è tanto
nelle proprie mani, non dipende tanto dai loro tentativi più o meno
credibili di «cambiare» (quasi sempre fuori tempo massimo), quanto
piuttosto da ciò che succederà in tre ambiti cruciali, ormai, però,
pressoché fuori dalla portata di ogni loro eventuale intervento
modificatore: la dimensione dell'astensionismo, la misura del successo
delle formazioni dell'antipolitica, infine ciò che deciderà Monti circa
il proprio destino politico.

La
realtà ultima del nostro sistema politico è questa. Con una precisa
chiave di lettura che si impone su ogni altra: la forte tendenza alla
personalizzazione leaderistica. Tendenza che percorre come un filo rosso
l'intera crisi della Repubblica in corso da vent'anni; che si afferma
irresistibilmente tanto nella politica che nelle istituzioni; che è
conforme ai tempi e all'esempio delle altre maggiori democrazie; che è
assecondata dal consenso di quote ormai maggioritarie dell'opinione
pubblica. Ma che invece fa a pugni con i più radicati pregiudizi sia
della nostra cultura partitica tradizionale, tutta imbevuta di un finto
parlamentarismo, sia di quella della maggior parte dei costituzionalisti
i quali, ideologizzati non poco e attratti dal miraggio di un sempre
possibile ingresso alla Consulta, si sono sempre mantenuti su posizioni
di rigido conservatorismo.
Accade così che mentre una
larga maggioranza di italiani esprime la propria fiducia
nell'orientamento decisionista a forte caratura personale rappresentato
dalla coppia Monti-Napolitano; mentre la massima parte della protesta
contro le degenerazioni del sistema politico si aggrega anch'essa
intorno a figure individuali di leader; mentre tutto questo avviene, i
vecchi partiti, invece, si mostrino assolutamente sordi alla voce
dell'opinione pubblica. La nuova legge elettorale a cui stanno pensando
in maggioranza i partiti, infatti, ripercorre con qualche correzione le
vie del vecchio proporzionalismo, lasciando quello italiano tra i
pochissimi elettorati europei destinati a non sapere, la sera delle
elezioni, chi li governerà a partire dall'indomani. Anche se poi, per
confondere le acque, qualche leader lascia trapelare che per il dopo
elezioni potrebbe magari, chissà, pensare a un nuovo governo Monti
sorretto da una maggioranza di unità nazionale. Come dire: intanto
ripigliamo in mano il gioco alle nostre condizioni, poi eventualmente
penseremo a convincere l'ostaggio necessario a tenere buono il popolo.
(1) Giovanni Sartori Il Corriere della sera 25 aprile 2012 | 15:55
(2)Ernesto Galli Della Loggia Il Corriere della sera 27 aprile 2012 | 8:24
Eremo Via vado di sole, L'Aquila, venerdì 27 aprile 2012
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