mercoledì 18 aprile 2012

OVIDIANA : Il racconto del diluvio nelle Metamorfosi di Ovidio

OVIDIANA : Il  racconto del diluvio nelle Metamorfosi   di Ovidio

L’avventurosissima narrazione della grande pioggia primordiale che ci ha tramandato la mitologia greco-romana  si trova in  fonti  numerosissime e spesso tra di loro contraddittorie. La più famosa descrizione indoeuropea del diluvio,è dovuta al poeta romano Publio Ovidio Nasone (43 a.C.-17 d.C.) e contenuta nelle "Metamorfosi", opera in quindici canti pubblicata nei primi anni dell'Era Volgare.
Secondo il mito fatto proprio anche dai poeti cinquecenteschi dell'"Arcadia", la storia delle origini dell'uomo si può dividere in quattro età: dell'oro, dell'argento, del bronzo e del ferro, ognuna più corrotta delle precedenti, come ogni metallo é più vile di quelli che caratterizzano le ere anteriori, in un crescendo di ingiustizia e di barbarie. All'ultima pone fine appunto il diluvio. Giove infatti, insospettito dal comportamento degli uomini, prende sembianze umane e si reca sulla Terra, dove chiede ospitalità a Licaone, re dell'Arcadia. Questi intuisce che il suo ospite é di natura divina ma, invece di accoglierlo subito con gli onori che egli merita, per sincerarsi se é o no un mortale tenta di assassinarlo nel sonno; poi, resosi conto ché é davvero un dio, per onorarlo uccide un ostaggio e gli imbandisce le sue carni. Giove, inorridito, si vendica facendogli crollare la casa e trasformandolo in un lupo. Tornato sull'Olimpo, raduna il consesso degli dei e spiega loro a qual segno di malvagità siano giunti i mortali. Conclude:
"Occidit una domus, sed non domus una perire
degna fuit; qua terra patet, fera regnat Erinys;
in facinus iurasse putes. Dent ocius omnes
quas meruere pati - sic stat sententia - poenas!"
(libro I, vv. 240-243)
"Una sola casa é caduta, ma non una casa sola fu meritevole di perire; quant'é ampia la terra, vi domina la feroce Erinni; credereste che abbiano fatto giuramento di empietà. é ormai tempo - questa é la mia ferma decisione - che tutti subiscano le pene che hanno meritato."
Tutti gli dei approvano, anche se alcuni sono titubanti, non sapendo più chi offrirà loro i sacrifici, se non ci saranno più uomini sulla Terra. é così che viene decisa la salvezza di un uomo, Deucalione figlio di Prometeo (il Titano famoso per aver rapito il fuoco agli dei) e Pirra figlia di Epimeteo, fratello di Prometeo. A differenza del mito babilonese, dunque, gli dei greci decidono di sterminare l'umanità non perché li infastidisce, ma perché si é corrotta ed é divenuta malvagia, e i sopravvissuti non si salvano contro il parere degli dei. Ci riavviciniamo, così, alla concezione biblica; non é affatto improbabile che tra pagina biblica e mito greco ci siano stati dei contatti, vista la grande diffusione delle comunità ebraiche nel Mediterraneo antico, ma non é il caso di affrontare questo discorso.
La distruzione dell'umanità non avviene tramite il fuoco, ma tramite l'acqua; così Ovidio descrive il perché di questo fatto, con versi divenuti giustamente celeberrimi:
"Iamque erat in totas sparsurus fulmina terras;
sed timuit ne forte sacer tot ab ignibus aether
conciperet flammas longusque ardesceret axis" (253-5)
"Già s'accingeva a spargere le folgori su tutta la Terra, ma temette che l'etere sacro s'infiammasse per così tanto fuoco, e ardesse il lungo asse dei cieli."
E', questo, il mito dell'ecpirosi finale del mondo: tutto é nato dal fuoco e tutto ad esso dovrà ritornare (si pensi ad Eraclito, ma anche alle nostre teorie sul Big Bang e sul Big Crunch!). E così, Giove rinchiude i venti che disperdono le nubi temporalesche, e dà libero sfogo a Noto, famoso vento foriero di tempeste. La dea Iride, messaggera di Giunone, attinge le acque e le riporta ad alimentare le nubi. Ma non basta; come nella Bibbia, il diluvio é provocato sia dalle acque superiori che da quelle inferiori:
"Nec Caelo contenta suo est Iovis ira, sed illum
caeruleus frater iuvat auxiliaribus undis" (274-5)
"Né all'ira di Giove basta il cielo, che é suo, ma a lui viene in aiuto il ceruleo fratello, con le onde come ausiliarii."
L'azzurro fratello é, evidentemente, Poseidone, che ordina ai fiumi di squarciare le proprie fonti, spezzare gli argini ed invadere la Terra. Inoltre, nella mitologia greca, Poseidone é anche dio delle acque inferiori, e quindi dei terremoti, segno probabile di un'antica attribuzione a lui anche del titolo di dio delle profondità, prima che gli Indoeuropei giungessero al mare, quando ancora percorrevano le steppe dell'Asia. Così, egli provoca anche scosse telluriche:
"Ipse tridente suo Terram percussit; at illa
intremuit motuque vias patefecit aquarum." (283-4)
"Egli stesso col suo tridente percosse la terra; essa sussultò e con il proprio moto aprì le strade all'acqua."
Dunque, anche nella leggenda greca il diluvio ha una doppia origine: pioggia e terremoto. Una curiosa coincidenza con il racconto biblico, dunque; eppure Ovidio era solo un poeta erotico, non un vate ispirato da Dio! E che si trattasse di un degnissimo poeta, terzo dopo Omero ed Orazio nel cenacolo dei poeti descritti da Dante in Inf. IV, 88-90, lo dimostra subito dopo, scrivendo:
"Iamque mare et tellus nullum discrimen habebant;
omnia pontus erant; deerant quoque litora ponto." (291-2)
"E ormai mare e terra non avevano più alcun confine; tutto era mare, e al mare mancavano, da ogni parte, le rive."
Non dimentichiamo che, secondo Ovidio, la Terra era sferica, contrariamente a quanto asserito dagli autori dei poemi mesopotamici e della Genesi, per i quali il nostro mondo era piatto. Sono dunque i fiumi, non le piogge, a causare il diluvio; nello spazio, da dove sarebbe venuta tanta acqua?
Dal diluvio, comunque, si salvano solo Deucalione e Pirra, che quando la vendetta di Giove si é consumata sbarcano sul monte Parnaso, il primo ad essere emerso dal diluvio, e subito si recano al sacrario della dea Temi, per sapere come avrebbero potuto, da soli, rigenerare la stirpe umana. Il vaticinio della dea é quanto mai oscuro:
"...Discedite tempio
et velate caput cinctasque resoluite vestes
ossaque post tergum magnae iactate parentis" (391-3)
e cioé: "Uscite dal tempio, velate il capo, scioglete le cinture delle vesti e gettate dietro la schiena le ossa della grande madre." Pirra, fraintendendo l'oracolo, si rifiuta di violare la tomba della propria genitrice, ma il marito intuisce che la grande madre é la terra, le sue ossa sono i sassi, e sono quelli che devono gettarsi dietro la schiena. Così fanno, ed ecco i sassi si trasformano in uomini! Ovidio commenta la miracolosa metamorfosi con il seguente cenno eziologico, volto cioè a spiegare il perché di una realtà per lui presente:
"Inde genus durum sumus experiensque laborum
et documenta damus qua simus origine nati." (414-5)
"Per questo dura stirpe noi siamo, adusi alla fatica, e diamo testimonianza da quale origine siamo nati."

Nati dai sassi dunque .
Di solito si salvano un uomo e una donna per poter rigenerare l'umanità, qui invece l'umanità rinasce quasi per generazione spontanea! "Che bisogno c'era di salvare un uomo e una donna dal diluvio? Non era sufficiente che gli dei stessi ordinassero alle pietre di ridiventare esseri umani?" Un tale espediente é perfettamente in linea con l'argomento del poema, che é per l'appunto quello di raccontare le "metamorfosi", cioè i cambiamenti di forma, dal caos che si trasforma nell'universo ordinato, a Giulio Cesare trasformato in stella. E' una di quelle che in termine tecnico si chiamano "inserzioni": come a volte in un tessuto più antico si trovano delle toppe più recenti, così capita che nel substrato di una tradizione s'insinuino racconti elaborati in epoche diverse, vere e proprie "finestre" su momenti intermedi della compilazione del racconto. Probabilmente, la catastrofe che generò la tradizione del diluvio universale, qualunque essa sia stata, dovette provocare una tale strage tra i nostri antenati da far pensare ad alcuni che fosse necessario un intervento diretto degli dei per salvare l'umanità dall'estinzione: un intervento "miracoloso", simile a quello prospettato dal mito greco-romano, narrato da Ovidio con tanta maestria.
http://www.fmboschetto.it/religione/Genesi/Diluv_3.htm

Eremo Via vado di sole, L’Aquila, giovedì 12 aprile 2012

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