BIBLIOFOLLIA : La morte della carta (deve ancora arrivare)

«Vogliono
che ceda i diritti dei miei libri in ebook e dico,al diavolo, io amo le
biblioteche!»: così lo scrittore Ray Bradbury, scomparsoil 6 giugno del
2012 all’età di quasi novantadue anni. In effetti amava cosìtanto le
biblioteche pubbliche da aver destinato i diritti delle sue opere
informato digitale, dopo averli ceduti a Simon & Schuster, a quelle
della suaadolescenza. Qualche mese prima era stato un altro scrittore,
Jonathan Franzen,a mettere in guardia dai rischi di quella che ha
chiamato “impermanenza” degliebook, e più in generale dal senso di
volatilità connesso alla digitalizzazionedell’editoria. Per Franzen il
senso di fisicità e di permanenza del librocartaceo è parte integrante
dell’esperienza di lettura, e solo attraverso talepersistenza è
possibile continuare ad avere principi e valori durevoli.

Non
sono pochi gli autori e gli studiosi che negli ultimianni ci hanno
ricordato come i mutamenti nelle tecnologie della scrittura sianoda
sempre collegati a svolte epocali nella storia della cultura. A questi
si èaggiunto Alessandro Ludovico, fondatore di Mag.Net e Neural.it e
ricercatorepresso il centro Creating 010 della Hogeschool Rotterdam, con
il testopubblicato un anno fa nei Paesi Bassi, Post-Digital Print. Il
ragionamento diLudovico parte da una constatazione: la normalità del
digitale nelle nostrevite. Nel mese di maggio dell’anno scorso, a
pensarci, le vendite di musica informato esclusivamente digitale hanno
superato per la prima volta quelle di cde altri supporti fisici. Per
musica, immagini, film e serie tv, pratiche comestreaming o download
sono ormai la prassi, suggerisce Ludovico, ma per il mondodei libri e
delle riviste il cambiamento è appena iniziato. Le nuove tecnologiecol
tempo rimpiazzeranno dunque anche la carta stampata? Stando ai dati
dimercato, che vedono l’editoria cartacea in flessione e la diffusione
di ebookin aumento, sembrerebbe di sì. Se si pensa all’abbandono, dopo
244 anni, dellaversione stampata da parte dell’Encyclopaedia Britannica,
o a quel che stasuccedendo nelle scuole di tutto il mondo, la
conclusione potrebbe sembrare lastessa. In realtà la risposta non è così
semplice.

La
morte del libro è stata annunciata più volte nel tempo daletterati,
scienziati e artisti. Nel 1894 in Francia viene pubblicata una
storiaillustrata (La fin des livres, di Octave Uzanne e Albert Robida)
che raccontadi un mondo in cui i contenuti dei libri vengono fruiti in
spazi pubblici eprivati attraverso una sorta di piattaforma ‘on demand’,
capace di offrireriproduzioni vocali in tempo reale o registrate.
Biblioteche trasformate in“fonografoteche”, grammofoni miniaturizzati,
riproduttori sonori di opereletterarie a monete sparsi per le vie
cittadine (a qualcuno verranno in mentegli audiolibri, più noti sul
mercato anglosassone ma in crescita anche inItalia), e autori che
diventano di fatto editori di se stessi. Anche lecartoline futuristiche
dell’artista francese Villemard, del 1910, raffigurano lasostituzione
del medium cartaceo con altri media, ad esempio attraverso
larappresentazione di studenti intenti ad ascoltare lezioni mediante
rudimentaliauricolari connessi a macchine mangialibri.
Nei
primi anni Trenta a parlare esplicitamente di libri come“contenitori
antiquati di parole” e di “parola scritta non al passo con itempi” è Bob
Brown, ideatore di una macchina pensata per la rapida
riproduzionecinematica di testi miniaturizzati. Nei Readies for Bob
Brown’s Machine,pubblicati nel 1931, compaiono testi scritti
appositamente per la sua macchinada poeti come Gertrude Stein, Filippo
Marinetti, Ezra Pound e William CarlosWilliams. Ludovico, nel
ripercorrere questi e altri importanti passaggistorici, ricorda le
dichiarazioni sulla fine dei quotidiani cartacei delloscrittore H.G.
Wells, convinto nel 1940 che i giornali fossero “mortistecchiti”.

Il
libro è obsoleto” è anche una delle celebri massime diMarshall McLuhan,
il letterato canadese che ha dedicato la sua vita ariflettere su vecchi
e nuovi media. McLuhan negli anni Sessanta opponeva lalentezza del
medium cartaceo alla rapidità della comunicazione radiotelevisiva,non
volendo automaticamente decretare la morte della stampa. Scrive
infattiLudovico: “il nuovo processo di globalizzazione ha incorporato
gradualmenteanche la stampa, trasformandola ancora una volta”. La tesi
di Post-DigitalPrint è che a garantire la sopravvivenza della stampa sia
stata la sua continuaevoluzione, forzata dalla comparsa di nuovi e più
rapidi media.
Dalle avanguardie storiche alla
underground press, fino aBorges che nel suo Libro di Sabbia del 1975
immagina un libro senza principioné fine, composto da un numero infinito
di pagine numerate arbitrariamente,qualcosa che oggi a noi ricorda
molto da vicino l’idea di ipertesto digitale.Ed è proprio sulla
differenza tra ciò che la carta può e non può fare rispettoal digitale
che ruota il ragionamento di Ludovico: “il ruolo della paginastampata –
scrive – è radicalmente mutato, da medium prevalente diventa
mediumcomplementare”.
A ridefinire il nuovo ruolo della
stampa contribuisce oggi,in modo neanche troppo paradossale, la rete.
Motore di innovazione e produzionedi cultura in ogni ambito, il network è
anche alla base della trasformazionecontemporanea dell’intera filiera
editoriale. Il new digital publishing è unfenomeno culturale che prende
corpo nei mutamenti che riguardano distribuzione,librerie, biblioteche,
recupero di testi antichi, autopubblicazione e stampa ondemand, modelli
alternativi di vendita di prodotti stampati, anche attraversomezzi
digitali (come il “Search Inside the Book” attivato da Amazon nel
2003per incentivare la vendita di libri cartacei). La stampa è sì
“minacciata” dalladigitalizzazione dei testi e dal cambiamento delle
abitudini dei consumatori,ma al contempo viene rivitalizzata e ha ancora
un ruolo nella nostra “eraimmateriale” (ad esempio per edizioni
limitate, per l’archiviazione a lungotermine e la memoria, legate alla
natura statica del libro, o per i vantaggidella carta rispetto ai
sistemi chiusi e proprietari di lettura digitale).Qualcosa di simile
rileva anche Ted Striphas nel suo The Late Age of Print, nelsottolineare
come i libri, persino in un mondo che diventa sempre più digitale,siano
tutt’altro che morti. È forse questo il senso delle parole di
McLuhansulla natura del libro: “obsolescenza non significa estinzione:
piuttosto ilcontrario”.
di Mario Pireddu
http://ltaonline.wordpress.com

Eremo Rocca S.Stefano martedì 18 giugno 2013
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