martedì 10 agosto 2010

CANZONIERE: Samarcanda di Roberto Vecchioni

CANZONIERE : Samarcanda di Roberto Vecchioni


C'era una gran festa nella capitale /perché la guerra era finita./I soldati erano tornati tutti a casa ed avevano gettato le divise. /Per la strada si ballava e si beveva vino, /i musicanti suonavano senza interruzione. /Era primavera e le donne finalmente potevano, dopo tanti anni, /riabbracciare i loro uomini. All'alba furono spenti i falò /e fu proprio allora che tra la folla, /per un momento, a un soldato parve di vedere /una donna vestita di nero/che lo guardava con occhi cattivi.

Ridere, ridere, ridere ancora, /Ora la guerra paura non fa, /rucian le divise dentro il fuoco la sera,
brucia nella gola vino a sazietà, musica di tamburelli fino all'aurora,il soldato che tutta la notte ballò
vide tra la folla quella nera signora, /vde che cercava lui e si spaventò.

"Salvami, salvami, grande sovrano, /fmmi fuggire, fuggire di qua, / lla parata lei mi stava vicino,
e mi guardava con malignità" / Dategli, dategli un animale, /figlio del lampo, degno di un re,
presto, più presto perché possa scappare, /dategli la bestia più veloce che c'è

"corri cavallo, corri ti prego /fino a Samarcanda io ti guiderò, /non ti fermare, vola ti prego
corri come il vento che mi salverò /oh oh cavallo, oh, oh cavallo, oh oh cavallo, oh oh, cavallo, oh oh

Fiumi poi campi, poi l'alba era viola, /ianche le torri che infine toccò, ma c'era tra la folla quella nera signora stanco di fuggire la sua testa chinò: /"Eri fra la gente nella capitale, /so che mi guardavi con malignità, /son scappato in mezzo ai grilli e alle cicale, /son scappato via ma ti ritrovo qua!"

"Sbagli, t'inganni, ti sbagli soldato /io non ti guardavo con malignità, /era solamente uno sguardo stupito, /cosa ci facevi l'altro ieri là? /T'aspettavo qui per oggi a Samarcanda /eri lontanissimo due giorni fa, /ho temuto che per ascoltar la banda /non facessi in tempo ad arrivare qua.

Non è poi così lontana Samarcanda, /corri cavallo, corri di là... /ho cantato insieme a te tutta la notte
corri come il vento che ci arriverà /oh oh cavallo, oh, oh cavallo, oh oh cavallo, oh oh cavallo oh oh



La canzone che fece scoprire al grande pubblico il Prof. Vecchioni è uno dei pochi successi commerciali che corrispondono ad un certo valore artistico. E che valore! "Samarcanda" è un gioiello della musica italiana, un testo bello e curato (pensate solo alla consonanza di R in tutta la prima strofa). Per non parlare del violino di Branduardi, del grido "oh, oh cavallo!" e di tutte le altre cose che si possono dire. "Samarcanda" è un pezzo di storia.
"Samarcanda", l'album, è altrettanto un capolavoro. Poetico, ma è una poesia che viene prima del vecchionismo puro, cioè quelle canzoni dense di aggettivi desueti e citazioni iperletterarie. Si concede sprazzi di ironia (la spiritosa "Vaudeville") e scorci cinematografici. "Due giornate fiorentine" è straordinaria, tanto che il testo è riportato in un'antologia di poeti italiani contemporanei, e anche qui si gioca fra l'ironia e la malinconia ("Pomeriggio da solo in un po' troppa Toscana/ho pensato ma brava, va bè, ho pensato puttana", "Le mie tasche eran piene di varie ed eventuali/ma i miei giorni con te stati tutti uguali") e quella geniale trovata della parentesi della surreale sosta al distributore della Chevron ne fanno una perla rara della canzone. Il divertissement pascoliano del prof. Vecchioni di "Blu(e) notte" è pregevolissimo: un testo recitato (di mirabile valore) e il coro gospel che canta su un blues "X agosto" del poeta delle "Myricae". La gradevole "Per un vecchio bambino" e la bella ma vittima di un arrangiamento fuori luogo "Canzone per Sergio" fanno da prologo a quanto di meglio si trovi nel canzoniere di Vecchioni: "L'ultimo spettacolo", una struggente riflessione sull'abbandono ed il distacco, cantata e orchestrata divinamente. Sette minuti sul filo della tensione emotiva, delle parole che sembrano strozzate dal pianto (senza quel patetismo dei primi dischi) e viaggiano su toni altissimi.
"Samarcanda" dura quaranta minuti o poco meno. Sono tra i quaranta minuti più straordinari della musica italiana.
Di che parla dunque Samarcanda di Vecchioni? Parla di Samarcanda, della Via della Seta e di Tamerlano.
La Via della Seta : in Uzbekistan, collega le tre città leggendarie di Samarcanda, Bukhara e Khiva, che richiamano alla mente ancora oggi gli splendori delle Mille e una Notte e le avventure delle carovane che collegavano la Cina all’Europa nel corso di molti secoli.
Culla della dinastia dei Tumiridi, Samarcanda ricorda i fasti di Tamerlano attraverso i suoi strabilianti monumenti dai colori turchesi.
Bukhara e Kiva hanno conservato sorprendemente intatti i loro centri storici, grazie alla presenza fino agli inizi del XX secolo degli Emiri (i locali principi), che avevano potere di vita e di morte sui propri sudditi.
Samarcanda (In greco: Marakanda) è una delle più antiche città del mondo, in grado di prosperare per la sua posizione lungo la Via della seta, la maggiore via commerciale di terra tra Cina e Europa. Un tempo Samarcanda fu la città più ricca dell'Asia centrale e per la maggior parte della sua storia fece parte dell'Impero Persiano. Fondata circa nel 700 a.C., era già capitale della Satrapia della Sogdiana sotto gli Achemenidi di Persia quando Alessandro Magno (nella zona conosciuto come Iskander Khan) la conquistò nel 329 a.C. Sotto l'Impero Sasanide di Persia, Samarcanda rifiorì e diventò una delle città maggiori dell'Impero.
Dal VI al XIII secolo la popolazione si ingrandì e divenne più popolosa anche della moderna Samarcanda. In quegli anni la città conobbe l'invasione araba (che portò il suo alfabeto e convertì all'Islam la sua popolazione, quella dei Persiani e di diverse successive dinastie turche). Fu saccheggiata nell'anno 1220 dai Mongoli. Sopravvisse solo una minima parte della popolazione ma essa dovette superare anche un sacco successivo condotto da un altro condottiero mongolo: Khan Baraq.
La città impiegò decenni per ristabilirsi da quei disastri.
Timpano della madrasa Tilla-Kari, completata nel 1660, nel Registan di Samarcanda
Nel 1370, Tamerlano decise di rendere Samarcanda una città stupenda e usarla come capitale dell'impero che avrebbe costruito e che si sarebbe esteso dall'India alla Turchia. Per 35 anni la città fu ricostruita e fu piena di cantieri con artigiani e architetti provenienti dalle parti più disparate dell'Impero timuride. Tamerlano fece così crescere la città, che divenne il centro della regione chiamata in Occidente Transoxiana ma che gli Arabi avevano definito semplicemente Mā warāʾ al-Nahr (Ciò che è al di là del fiume Oxus).
Il Signore di Samarcanda fu Tamerlano che in quella città si fece costruire un mausoleo ricoperto di ceramica verde, dall’aspetto affascinante. Egli morì quasi settantenne di polmonite nel gennaio 1406 durante una spedizione armata.
La leggenda vuole che per preservare il suo riposo eterno egli affidasse la sorte degli eventuali profanatori del sepolcro a sciagure non solo per loro ma anche per l’intero territorio circostante.
Giuseppe Stalin che era stato commissario alle province conosceva bene le terre dell’ Uzbekistan e anche la leggenda della tomba di Tamerlano. A lungo aveva negato il permesso di entrare in quella tomba ad alcuni studiosi tra cui un archeologo che ricostruiva i volti degli antenati partendo dallo scheletro del cranio. Ebbene questo archeologo riuscì ad ottenere il permesso di ricostruire le sembianze di Tamerlano partendo dal suo cranio e quindi violando la tomba per procurarsi questo scheletro.
Era il 1941. Qualche giorno dopo le truppe di Hitler invasero L’Unione Sovietica. Forse fu una coincidenza, forse no . Sta di fatto che la leggenda del castigo per i profanatori della tomba di Tamerlano . Questa è dunque la leggenda su Samarcanda , quella Samarcanda luogo di appuntamento con la morte del soldato cantato da Roberto vecchioni..
C’è però un’altra storia sempre riferita a Samarcanda raccontata dallo storico Franco Cardini.
La racconta in un romanzo dal titolo “Il Signore della paura.” Cardini racconta che ha aspettao a lungo per parlare di Samarcanda perché non voleva fars imprigionare dai documenti storici e che voleva appunto parlarne secondo una sua personale visione.
E’ un modo suo di raccontare la folle corsa del soldato cantato da Roberto Vecchioni; la folle corsa verso Samarcanda dove lo aspetta quella signora vestita di nero che ha intravisto durante una festa a tanti chilometri di distanza. Una signora che non crede ai suoi occhi quando lo incontra lì perché mai avrebbe pensato che potesse percorrere tanti chilometri nell’intento di sfuggirle e andando inconsapevolmente a gettarsi nelle sue braccia.
Questo è il raccondo di Franco Cardini nel romanzo “ Il Signore della paura”.
E' il radioso mattino della Pasqua dell'Anno del Signore 1403. Tra le colline e i boschi presso Firenze, non lontano dal santuario della Madonna dell'Impruneta patrona della citta, affiora da un profondo pozzo una candida statua marmorea della dea Venere. L'evento è salutato con superstiziosa paura da chi vede in quell'idolo pagano un messaggio demoniaco e con gioia commossa da chi invece si sente, in quell'alba del Quattrocento, già toccato dal soffio gentile dell'umanesimo.
Vieri, duro ed energico erede del possente casato dei protettori del santuario mariano, i Buondelmonti, interpreta quel ritrovamento come un presagio che direttamente lo riguarda: e parte verso Oriente, verso l'Asia lontana, inseguendo le fantasie cavalleresche della giovinezza. Ma forse deve anche compiere una truce faida; e forse e perseguitato da un cocente rimorso. In quello stesso mattino pasquale, un giovane guerriero ghibellino convertito al messaggio francescano prega nella chiesa del Santo Sepolcro a Gerusalemme e un anziano gentiluomo castigliano si appresta, in una Segovia ancora invernale, a ricevere dal suo re una delicata missione diplomatica.
I "destini incrociati" di questi tre cavalieri s'intrecceranno, nei mesi successivi, prima sulle onde inquiete del Mediterraneo e nei sortilegi incantati delle sue isole e poi in un'estenuante cavalcata lungo le piste carovaniere della Via della Seta, alla volta della magica Samarcanda del Signore della Paura, il potente e feroce Tamerlano che a sua volta sta ormai cullando il suo sogno piu folle, la conquista del Celeste Impero.
Con l'abilita degli antichi fabbricatori di miti, Franco Cardini trascina il lettore in un'avventura che procede con il ritmo di una fuga nella quale inseguitori e inseguiti si scambiano a vicenda i ruoli: fra mistici sufi, riti sciamanici, misteriosi cammini per i deserti e lungo le vie di sottoterra, paurosi segni premonitori, tigri mangiatrici di uomini e torri di teschi umani. Un racconto popolato di guerrieri spietati e generosi, di antiche leggende, di guide verso l'Aldila; un'epopea di terrore e di sangue attraversata dal rombo degli zoccoli dei cavalli da guerra e pervasa dall'aroma delle spezie piu preziose.
Un romanzo che, fedele alla Storia, si concentra tuttavia sui destini degli uomini e sui percorsi misteriosi di cuori lacerati tra l'amore fraterno e il desiderio di vendetta. Al centro di tutto sta per i tre protagonisti la scommessa piu grande, l'unica che conti: la ricerca di se stessi, la sfida ad affrontare il senso profondo della vita.
Ma lo stesso Franco Cardini nel suo blog che ci informa di essersi fatti aiutare nel raccontare la storia dalle memorie di un viaggiatore Ruiz Gonzales de Clavico. . Scrive dunque Cardini :
…”Molti mi chiedono anche perche mi sia messo a scrivere un romanzo storico, e fino a che punto esso sia tale.
Ecco qualche riflessione che forse qualcuno potrebbe trovare non inutile.
Questo libro nasce dalla constatazione di un prevedibile paradosso. In genere, convegni, congressi, grandi mostre e celebrazioni di centenari si annunziano con qualche mese d’anticipo: almeno un anno. Al principio del 2004, sono stato colpito dal fatto che nessuno o quasi, neppure nel natio Uzbekistan, desse segno di ricordarsi che stava per concludersi il seicentesimo anniversario (o, se si preferisce, il sesto centenario) della morte – il 19 gennaio del 1405 - di quella rapida meteora che aveva sconvolto il mondo lasciandosi dietro una scia di terrore: di Timur Beg, che noi chiamiamo di
solito col nome non troppo elegante di Tamerlano, ma ch’e pur sempre l’immortale Timur del West-ostlicher Diwan di Johann Wolfgang Goethe, quell’opera poetica senza la quale probabilmente il concetto contemporaneo di “Occidente” non sarebbe neppur nato. E si che di “Occidente”, e della sua contrapposizione all’ “Oriente” che oggi tanti sentono come necessaria ed eterna, di questi tempi di parla e si straparla. Comprensibile silenzio peraltro, dato il pervicace etnocentrismo occidentalista che da noi regna un po’ dappertutto, quindi anche nella considerazione della storia.
Ho cercato di rimediare, molto modestamente, a questa lacuna, rievocando qui quell’antica paura e quell’antica speranza dell’Europa e al tempo stesso richiamando un aspetto di quel che per la nostra cultura e la memoria di Timur, “demone dell’assurdo”, “possente tempesta della superbia”: l’Altro, l’Irraggiungibile, il Temuto. Il Signore della Paura, dal quale tuttavia ci si aspetta arcanamente giustizia; e si amerebbe in realta mettersi al suo servizio, seguirlo mentre calca le zolle sulle quali non cresce piu erba, assistere alla sua gigantesca impresa di Distruttore e di Rifondatore del Mondo; in qualche modo, perfino prendervi parte. Se davvero si credesse nella sua esistenza. Perche Timur, cosi terribile e invincibile, e anche lontano. E allora, sotto sotto, si dubita che sia mai esistito. La nostra cosiddetta “civilta occidentale” si concede sovente il lusso di dimenticare le verita e le realta del passato; cosi come d’inventar menzogne che spiegano o dovrebbero spiegare il presente.
Ma perche, da parte mia, un romanzo, anziche una monografia scentifica, che sarebbe stata piu adatta alla mia professione, alle mie competenze, alle mie capacita?...
Cardini a lungo esamina , continuando nel suo scritto , che può essere appunto letto nel suo blog, del senso , significato e valore del romanzo storico.
Ma noi volevamo solo parlare di un soldato e del suo appuntamento con la morte a Samarcanda e questo abbiamo cercato di fare.

Eremo Via vado di sole , L’Aquila, marted’ 10 agosto 2010

Nessun commento:

Posta un commento