
Ridere, ridere, ridere ancora, /Ora la guerra paura non fa, /rucian le divise dentro il fuoco la sera,
brucia nella gola vino a sazietà, musica di tamburelli fino all'aurora,il soldato che tutta la notte ballò
vide tra la folla quella nera signora, /vde che cercava lui e si spaventò.
"Salvami, salvami, grande sovrano, /fmmi fuggire, fuggire di qua, / lla parata lei mi stava vicino,
e mi guardava con malignità" / Dategli, dategli un animale, /figlio del lampo, degno di un re,
presto, più presto perché possa scappare, /dategli la bestia più veloce che c'è

corri come il vento che mi salverò /oh oh cavallo, oh, oh cavallo, oh oh cavallo, oh oh, cavallo, oh oh
Fiumi poi campi, poi l'alba era viola, /ianche le torri che infine toccò, ma c'era tra la folla quella nera signora stanco di fuggire la sua testa chinò: /"Eri fra la gente nella capitale, /so che mi guardavi con malignità, /son scappato in mezzo ai grilli e alle cicale, /son scappato via ma ti ritrovo qua!"

Non è poi così lontana Samarcanda, /corri cavallo, corri di là... /ho cantato insieme a te tutta la notte
corri come il vento che ci arriverà /oh oh cavallo, oh, oh cavallo, oh oh cavallo, oh oh cavallo oh oh
La canzone che fece scoprire al grande pubblico il Prof. Vecchioni è uno dei pochi successi commerciali che corrispondono ad un certo valore artistico. E che valore! "Samarcanda" è un gioiello della musica italiana, un testo bello e curato (pensate solo alla consonanza di R in tutta la prima strofa). Per non parlare del violino di Branduardi, del grido "oh, oh cavallo!" e di tutte le altre cose che si possono dire. "Samarcanda" è un pezzo di storia.

"Samarcanda" dura quaranta minuti o poco meno. Sono tra i quaranta minuti più straordinari della musica italiana.
Di che parla dunque Samarcanda di Vecchioni? Parla di Samarcanda, della Via della Seta e di Tamerlano.

Culla della dinastia dei Tumiridi, Samarcanda ricorda i fasti di Tamerlano attraverso i suoi strabilianti monumenti dai colori turchesi.
Bukhara e Kiva hanno conservato sorprendemente intatti i loro centri storici, grazie alla presenza fino agli inizi del XX secolo degli Emiri (i locali principi), che avevano potere di vita e di morte sui propri sudditi.
Samarcanda (In greco: Marakanda) è una delle più antiche città del mondo, in grado di prosperare per la sua posizione lungo la Via della seta, la maggiore via commerciale di terra tra Cina e Europa. Un tempo Samarcanda fu la città più ricca dell'Asia centrale e per la maggior parte della sua storia fece parte dell'Impero Persiano. Fondata circa nel 700 a.C., era già capitale della Satrapia della Sogdiana sotto gli Achemenidi di Persia quando Alessandro Magno (nella zona conosciuto come Iskander Khan) la conquistò nel 329 a.C. Sotto l'Impero Sasanide di Persia, Samarcanda rifiorì e diventò una delle città maggiori dell'Impero.

La città impiegò decenni per ristabilirsi da quei disastri.
Timpano della madrasa Tilla-Kari, completata nel 1660, nel Registan di Samarcanda
Nel 1370, Tamerlano decise di rendere Samarcanda una città stupenda e usarla come capitale dell'impero che avrebbe costruito e che si sarebbe esteso dall'India alla Turchia. Per 35 anni la città fu ricostruita e fu piena di cantieri con artigiani e architetti provenienti dalle parti più disparate dell'Impero timuride. Tamerlano fece così crescere la città, che divenne il centro della regione chiamata in Occidente Transoxiana ma che gli Arabi avevano definito semplicemente Mā warāʾ al-Nahr (Ciò che è al di là del fiume Oxus).

La leggenda vuole che per preservare il suo riposo eterno egli affidasse la sorte degli eventuali profanatori del sepolcro a sciagure non solo per loro ma anche per l’intero territorio circostante.
Giuseppe Stalin che era stato commissario alle province conosceva bene le terre dell’ Uzbekistan e anche la leggenda della tomba di Tamerlano. A lungo aveva negato il permesso di entrare in quella tomba ad alcuni studiosi tra cui un archeologo che ricostruiva i volti degli antenati partendo dallo scheletro del cranio. Ebbene questo archeologo riuscì ad ottenere il permesso di ricostruire le sembianze di Tamerlano partendo dal suo cranio e quindi violando la tomba per procurarsi questo scheletro.
Era il 1941. Qualche giorno dopo le truppe di Hitler invasero L’Unione Sovietica. Forse fu una coincidenza, forse no . Sta di fatto che la leggenda del castigo per i profanatori della tomba di Tamerlano . Questa è dunque la leggenda su Samarcanda , quella Samarcanda luogo di appuntamento con la morte del soldato cantato da Roberto vecchioni..

La racconta in un romanzo dal titolo “Il Signore della paura.” Cardini racconta che ha aspettao a lungo per parlare di Samarcanda perché non voleva fars imprigionare dai documenti storici e che voleva appunto parlarne secondo una sua personale visione.

Questo è il raccondo di Franco Cardini nel romanzo “ Il Signore della paura”.
E' il radioso mattino della Pasqua dell'Anno del Signore 1403. Tra le colline e i boschi presso Firenze, non lontano dal santuario della Madonna dell'Impruneta patrona della citta, affiora da un profondo pozzo una candida statua marmorea della dea Venere. L'evento è salutato con superstiziosa paura da chi vede in quell'idolo pagano un messaggio demoniaco e con gioia commossa da chi invece si sente, in quell'alba del Quattrocento, già toccato dal soffio gentile dell'umanesimo.
Vieri, duro ed energico erede del possente casato dei protettori del santuario mariano, i Buondelmonti, interpreta quel ritrovamento come un presagio che direttamente lo riguarda: e parte verso Oriente, verso l'Asia lontana, inseguendo le fantasie cavalleresche della giovinezza. Ma forse deve anche compiere una truce faida; e forse e perseguitato da un cocente rimorso. In quello stesso mattino pasquale, un giovane guerriero ghibellino convertito al messaggio francescano prega nella chiesa del Santo Sepolcro a Gerusalemme e un anziano gentiluomo castigliano si appresta, in una Segovia ancora invernale, a ricevere dal suo re una delicata missione diplomatica.

Con l'abilita degli antichi fabbricatori di miti, Franco Cardini trascina il lettore in un'avventura che procede con il ritmo di una fuga nella quale inseguitori e inseguiti si scambiano a vicenda i ruoli: fra mistici sufi, riti sciamanici, misteriosi cammini per i deserti e lungo le vie di sottoterra, paurosi segni premonitori, tigri mangiatrici di uomini e torri di teschi umani. Un racconto popolato di guerrieri spietati e generosi, di antiche leggende, di guide verso l'Aldila; un'epopea di terrore e di sangue attraversata dal rombo degli zoccoli dei cavalli da guerra e pervasa dall'aroma delle spezie piu preziose.
Un romanzo che, fedele alla Storia, si concentra tuttavia sui destini degli uomini e sui percorsi misteriosi di cuori lacerati tra l'amore fraterno e il desiderio di vendetta. Al centro di tutto sta per i tre protagonisti la scommessa piu grande, l'unica che conti: la ricerca di se stessi, la sfida ad affrontare il senso profondo della vita.

…”Molti mi chiedono anche perche mi sia messo a scrivere un romanzo storico, e fino a che punto esso sia tale.
Ecco qualche riflessione che forse qualcuno potrebbe trovare non inutile.
Questo libro nasce dalla constatazione di un prevedibile paradosso. In genere, convegni, congressi, grandi mostre e celebrazioni di centenari si annunziano con qualche mese d’anticipo: almeno un anno. Al principio del 2004, sono stato colpito dal fatto che nessuno o quasi, neppure nel natio Uzbekistan, desse segno di ricordarsi che stava per concludersi il seicentesimo anniversario (o, se si preferisce, il sesto centenario) della morte – il 19 gennaio del 1405 - di quella rapida meteora che aveva sconvolto il mondo lasciandosi dietro una scia di terrore: di Timur Beg, che noi chiamiamo di
solito col nome non troppo elegante di Tamerlano, ma ch’e pur sempre l’immortale Timur del West-ostlicher Diwan di Johann Wolfgang Goethe, quell’opera poetica senza la quale probabilmente il concetto contemporaneo di “Occidente” non sarebbe neppur nato. E si che di “Occidente”, e della sua contrapposizione all’ “Oriente” che oggi tanti sentono come necessaria ed eterna, di questi tempi di parla e si straparla. Comprensibile silenzio peraltro, dato il pervicace etnocentrismo occidentalista che da noi regna un po’ dappertutto, quindi anche nella considerazione della storia.


Cardini a lungo esamina , continuando nel suo scritto , che può essere appunto letto nel suo blog, del senso , significato e valore del romanzo storico.
Ma noi volevamo solo parlare di un soldato e del suo appuntamento con la morte a Samarcanda e questo abbiamo cercato di fare.
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