È noto ai più il fatto che il
Pisanello, uno dei maggiori pittori della scena artistica dell'Italia settentrionale durante il Quattrocento, abbia avuto un notevole
interesse per la raffigurazione di animali: li troviamo in diverse sue opere, e sono protagonisti di un elevato numero di
studi e
disegni. Ogni contributo dedicato al Pisanello non prescinde mai dall'analizzare questo
particolare aspetto della sua produzione. E un'analisi dell'
indagine naturalistica nell'opera di
Antonio di Puccio Pisano (questo il suo vero nome) viene condotta anche in quello che è considerato uno dei
primi studi ragionati sull'artista: si tratta della
prefazione all'edizione critica delle vasariane
Vite di Gentile da Fabriano e Pisanello, curata da
Adolfo Venturi e pubblicata dall'editore fiorentino
Sansoni nel 1896.
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Testa
di un cavallo (probabile studio per l'affresco del san Giorgio;
1433-1438 circa o 1450 circa; Parigi, Louvre, Cabinet des Dessins) |
Si parte da un presupposto: il Pisanello è un
attento osservatore della realtà,
che per la sua arte prende spunto, secondo Venturi, dal mondo che lo
circonda, "e più dalla terra che dall'uomo, più dalla vita degli animali
che da se stesso o da' suoi simili". Le parole di Venturi, secondo il
quale l'artista sarebbe più interessato all'uomo che agli animali,
parrebbero trovar conferma nel suo
corpus di disegni, che sono conservati per la più parte presso il
Cabinet des Dessins del
Louvre: la presenza umana, in questi disegni, è abbondantemente surclassata da quella animale. Il diffondersi del gusto
tardo gotico,
con le sue atmosfere fiabesche e cortesi, richiedeva che gli artisti
fossero in grado di dipingere gli animali spesso protagonisti delle
narrazioni: dunque, ovviamente, il Pisanello
non è l'unico artista
del periodo che nutriva un forte interesse per il mondo della natura.
"Cani d'ogni specie, cavalli e muli, scimmie, animali rari, animali
comuni, uccelli visti a volo per le valli e nelle corti marchesane
addestrati alla caccia": sono questi gli animali che fanno parte del
bestiario del Pisanello.
Ma evidentemente nel Pisanello dovette esserci qualcosa in più
rispetto ai suoi contemporanei, perché Venturi è convinto che l'artista
cercasse "di preferenza i soggetti con animali", e in diversi suoi
dipinti lo vediamo mentre "sguinzaglia cani, fa trottar cavalli, lancia a
volo gli uccelli da lui veduti nelle ferraresi pianure circumpadane,
nei laghi e nelle paludi formate dal Mincio intorno a Mantova". Quella
del Pisanello, in sostanza, era probabilmente una
forte passione.
Fare una disamina completa dei dipinti del Pisanello in cui compaiono
animali sarebbe operazione piuttosto lunga. Ma basti citare alcuni
famosi esempi, come la celeberrima
Madonna della Quaglia, conservata al
Museo di Castelvecchio di Verona, nella quale, oltre al pennuto che dà il nome al dipinto, compaiono due
cardellini, uno che si posa su un ramo e l'altro che spiega le ali per spiccare il volo: simboleggiano la
Passione di Cristo,
poiché la bestiola si nutre di semi di cardo, la pianta dalla quale,
secondo la tradizione, fu ricavata la corona di spine di Cristo, e la
macchia rossa che il cardellino ha sul capo è un rimando simbolico al
sangue di Cristo versato sulla croce. Potremmo citare le precise
anatomie dei cavalli del famoso affresco con il
San Giorgio e la principessa della chiesa di
Sant'Anastasia,
sempre a Verona, dove compaiono anche cani di diverse razze, una capra,
e un drago attorno al quale la fantasia dell'artista ha concentrato una
serie di resti d'umani e d'animali divorati dal mostro. E, ovviamente,
non si può non fare un breve cenno alla
Visione di sant'Eustachio
della National Gallery di Londra, opera in cui il protagonista è
raffigurato in compagnia di "molti uccelletti" che "svolazzano intorno
ad una macchia d'alberi", cervi che "vanno ad abbeverarsi nei rigagnoli
del fondo", un lago con anatre, cigni, pellicani e cicogne, e financo un
orso che si aggira tra gli anfratti.
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La quaglia e i due cardellini, particolari della Madonna della quaglia (1420 circa; Verona, Museo di Castelvecchio) |
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Alcuni animali nell'affresco del san Giorgio (1433-1438 circa o 1450 circa; Verona, Sant'Anastasia) |
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Cani nella Visione di sant'Eustachio (1438-1442 circa; Londra, National Gallery) |
In tutti i dipinti succitati manca ancora una
concezione dello spazio che possa definirsi
rinascimentale:
è uno dei motivi per il quale un artista a cavallo tra due epoche come
il Pisanello viene, di preferenza, etichettato come "tardo gotico". È
tuttavia indubbio che ci siano degli impulsi
protorinascimentali nella sua arte: e non ci riferiamo solamente alla sua
medaglistica
(che possiamo tuttavia considerare già pienamente rinascimentale), ma
anche, chiaramente, ai suoi interessi per la natura. Adolfo Venturi
detiene il merito d'esser stato tra i primi a individuare queste
componenti
eccezionalmente moderne nell'arte del
Pisanello. Lo studio della natura, l'interesse per gli animali, l'uso di
far sì che i santi fossero trasportati nella vita quotidiana delle
corti del Quattrocento e fossero fatti "vivere alla caccia come
gentiluomini, vestire le foggie de' cavalieri, torneare innanzi a
damigelle": tutte caratteristiche che, secondo Venturi, dovrebbero
portare a considerare il Pisanello una figura d'assoluto rilievo, autore
di una sorta di prima frattura tra il passato tardo gotico dell'Italia
del nord e la modernità rinascimentale: col Pisanello, dice Venturi,
"cessa nell'arte settentrionale d'Italia la forma gotica, che si era
innestata a fatica sul tronco romanico, e cadono tutte le antiche
tradizioni non corrispondenti più alla natura ed alla vita, tutte le
sapienti formule convenzionali del passato".
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Cane
da caccia (probabile studio per l'affresco del san Giorgio; 1433-1438
circa o 1450 circa; Parigi, Louvre, Cabinet des Dessins) |
È pur vero che l'elevata precisione con cui il Pisanello raffigurava i
suoi animali, ineguagliata per il periodo storico in cui visse, non
basta a definire rinascimentale il suo interesse per gli animali. Né
contribuisce a renderlo innovativo il fatto che gli animali fossero
studiati
dal vero: una prassi comune anche ad altri
artisti del tempo, benché Pisanello la praticasse in maniera molto più
larga rispetto ai suoi contemporanei, che spesso copiavano da modelli
preesistenti. A tenere ancora, in buona parte, legato al passato
l'interesse di Pisanello per gli animali, è il fatto che tale interesse
non fu mai
sistematico, e gli studi del pittore sulla
natura non furono mai organizzati secondo criteri prestabiliti. A fare
maggior chiarezza su questo punto ci ha pensato, tra gli altri, con un
saggio sulla bottega del pittore datato 1998, la storica dell'arte
Tiziana Franco,
secondo la quale i disegni di Pisanello non scinderebbero del tutto i
vincoli con l'ambiente tardo gotico di cui il pittore faceva parte: la
grande maggioranza dei disegni di Pisanello che si sono conservati
risponderebbe infatti a uno scopo ben preciso. Nelle botteghe del tempo
la pratica del disegno era ampiamente diffusa: attraverso il disegno si
conservava la memoria storica (copiando per esempio opere più antiche),
oppure si andava creando un
repertorio di motivi
fondamentale per l'attività del pittore, che da tali repertori ricavava
le figure che avrebbero poi popolato i dipinti. Con i suoi disegni, con i
suoi studi della natura, il Pisanello attingeva motivi dalla realtà per
portarli poi nelle opere finite. Oppure anche semplicemente per
studiare pose, connotati, espressioni: esistono infatti disegni che non
costituivano studi preparatori per dipinti o affreschi, ma che comunque
erano necessari per questa peculiare attività che il Pisanello
conduceva.
Certo: è difficile dar conto, in un singolo articolo, di un argomento
vasto, che probabilmente richiederebbe un intero libro. Possiamo
limitarci a riflettere sul fatto che col Pisanello forse non possiamo
ancora parlare di Rinascimento, perché l'attitudine dell'artista può
esser ritenuta ancora quella propria del mondo tardo gotico, ma è
indubbio che con lui si crei una
discontinuità con il
passato, non solo perché la sua precisione nelle rappresentazioni della
natura e degli animali arrivò a livelli altissimi per l'epoca, ma anche
perché la sua
curiositas, rilevata da diversi studiosi, era un
fatto nuovo: la si può considerare un'anticipazione di ciò che sarebbe
giunto dopo di lui. E ad Adolfo Venturi occorre riconoscere d'esser
stato tra i primi studiosi ad aver individuato con grande precisione
l'importanza di questo grande artista, il cui nome è oggi inserito tra
quelli di spicco della nostra
storia dell'arte.
Fonte
Federico Giannini Fondatore di
Finestre sull'Arte
nel 2009 con Ilaria Baratta. Nato a Massa nel 1986 , laurea specialistica a Pisa nel 2010. Oltre che su queste pagine,
scrive su
Art e Dossier,
Tafter,
mostreINmostra e
Daily Slo wwwhttp://www.finestresullarte.info/402n_gli-animali-del-pisanello-secondo-adolfo-venturi.php
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