Come ha molte volte affermato Franco Arminio , la dorsale
dell’Appennino che da nord a sud percorre l’intera penisola, contiene in
termini antropologici quello che è l’essenza vera del nostro paese. Ovvero come
egli stesso scrive .”L'Appennino
è l'Italia che avevamo e che rischiamo di perdere per sempre. La gente ci
ha vissuto per millenni consumando quel poco che bastava a sostentarsi. Penso
all'Appennino come alla vera cassaforte dei paesi, una cassaforte piena di
monete fuoricorso. Ci sono zone in cui il paesaggio è ancora incontaminato
ed è come deve essere: solitario e sprecato.”
A dimostrazione di queste affermazioni si può portare la sopravvivenza di
centinaia e centinaia di rituali, feste
patronali, usanze, modi di fare e di essere
che compongono un tessuto vario e
articolato di quello che è stato un mondo,quello contadino che per secoli li ha
alimentati .
Uno di questi è il rituale della Corsa degli zingari che si
svolge ogni anno nel mese di settembre in onore della Madonna di Loreto a
Pacentro di cui parla Arpino Gerosolimo in un lungo articolo pubblicato su
Alias supplemento culturale de Il
Manifesto di sabato 5 dicembre 2015.Arpino Gerosolimo da lungo tempo sia da
solo che in compagnia di Franco Cercone
ha studiato dal vivo questo
rituale e lo dimostrano i loro interventi scritti su Abruzzo d’Oggi (n.12 del 1977) Regione
Abruzzo, Rivista della montagna e le loro conversazioni e relazioni in incontri
e dibattiti. Sempre con l’intento di recuperare la memoria di azioni, gesti
ancora vivi che compongono l’alfabeto della vita materiale e spirituale delle
comunità dell’Appennino. Sopravvivenze abbiamo detto ma non in senso arcaico
bensì in termini di riappropriazione di fronte ad un mondo che le ha espunte
,relegate fuori i confini ,messe in soffitta. Perchè espressione di valori che hanno difficoltà a farsi riconfermare perché impegnativi rispetto alla ricerca di
identità in una società sempre più anonima. Ed è sempre Franco Arminio che nei confronti di queste sopravvivenze
puntualizza il senso del loro essere per
esserci :”Ma non è l’arcaico che ci interessa, non è il suo fulgore, piuttosto
un arcaico ferito, in forma di relitto, di reliquia. L’arcaico fuori forma. Il
mondo contadino nella sua efficienza era un mondo di cui non bisogna avere
nessuna nostalgia, nessuna. È stata una buona cosa congedarlo, è durato fin
troppo e per millenni ha arrecato tanto dolore a chi è vissuto intrappolato
dentro. Non si può volere un ritorno di quel mondo. Bisogna guardare avanti, ma
pensare al futuro non significa pensare alla modernità. (perché )Oggi anche la modernità appartiene
all’arcaico….”
Con questa impostazione e all’interno di questo “progetto di
studio e di lavoro “ che Arpino Gerosolimo
nella paginata di Alias riferisce
sulla “Corsa degli zingari “ di Pacentro dove, come egli scrive “
zingaro non sta come nomade ma in dialetto arcaico pacentrano stava ad indicare colui che cammina a piedi nudi. Questo rituale richiama masse
di curiosi da tutta la regione Abruzzo e
d’Italia.In passato il camminare a piedi
scalzi designava un ceto sociale
subalterno ed emarginato ,soprattutto contadini senza terra che si stagione in stagione ,andavano a giornata
nei campi dei possidenti per qualche
piatto di minestra.La parola zingaro era sinonimo di morto di fame …”
Ma come si svolge questo
rituale ?Scrive Gerosolimo :”Nel tardo pomeriggio del giorno della
festa , ( i partecipanti )si radunano presso un roccione denominato Pietra
Spaccata che sorge di fronte al paese.Nel corso degli anni abbiamo visto gente
vivere momenti di ansia e di grande
partecipazione. Ai primi rintocchi della campana i giovani iniziano una frenetica corsa ordalica precipitandosi
per la discesa, costituita da un
sentiero montano irto di pietre e
rovi,quindi oltrepassano il fiume Vella
e risalgono in direzione del paese
attraverso un duro percorso che
porta direttamente alla chiesa della
Madonna di Loreto ,la quale sorge nella parte bassa del bel centro storico di Pacentro. La porta
della chiesa è aperta ,l’altare praticamente costituisce il traguardo. I
concorrente sfiniti e doloranti ,con i piedi letteralmente a pezzi e
sanguinanti ricevono le prime cure di un’èquipe
di medici ed infermieri. Il
vincitore riceve come premio un palio ,
che consiste in un taglio di stoffa ,una coppa ed una modesta somma di denaro.
Viene portato in trionfo a spalla tra
due ali di folla tra le vie del paese
accompagnato dalla banda musicale .Il tutto termina davanti alla
casa del vincitore dove i genitori offrono del vino segno di augurio e di prosperità.”
Ma che senso ha dunque questo
rituale in onore della Madonna di Loreto
,Madonna giunta appunto a Loreto in volo con tutta la sua santa casa? Arpino Gerosolimo ne illustra il senso attraverso
considerazioni di ordine antropologico che recuperano la complessità di un rito
.Egli scrive :”Sotto il
profilo storico ci troviamo di fronte ,probabilmente, al sincretismo di due
temi religiosi diversi. Infatti è stato
da tempo accertato che nell’area Peligna
, il rito della corsa già in epoca
italica,si presentava come rito di iniziazione ,legato principalmente alla
caccia ,mentre in funzione ludica la corsa
forse è legata alla selezione
militare che si sviluppò in epoca romana ,i cosidetti giochi juvenilia
,che si celebravano in onore delle diivinità locali istituiti dai primi
imperatori romani. Attorno a questi due temi storici si inserisce più tardi la presenza longobarda che soprattutto a
Pacentro è attestata da numerosi
toponimi come il colle Ardinghi ,il
culto di S. Michele Arcangelo ,protettore dei longobardi, ecc. Comunque non si
tratta di culti isolati perché nelle popolazioni di stirpe germanica il tema della corsa aveva
una sua specifica importanza,lo ricorda anche il Frazer.Tracce di questi costumi
esistono nella formazione del dramma
liturgico medievale ,nell’azione che si svolge all’interno delle chiese ,cui si
sovrappone, sino a sostituirla ,lo
scenario del sagrato e delle piazze
dopo. La corsa infatti riappare nelle sacre rappresentazioni pervenute fino ai nostri giorni trasfigurate in madonne che scappano
in piazza, non solo a Sulmona ma
in centri meno noti , come Corropoli ( TE) ed Intrdacaua (AQ). Nel
meridione il tema storico religioso della corsa è attestato in diversi luoghi a San Sebastiano al Vesuvio ci sono interpretazioni e parallelismi simili a quella che si svolge a Pacentro.
Il percorso è meno proibitivo , ma si svolge sempre a piedi nudi e sempre in onore del Santo Patrono. Le
ricerche fatte finora inducono a dire che il culto della Madonna di Loreto probabilmente precede di molto la stessa
costruzione della chiesa, situata a Pacentro
e risalente al 700 in base ad un
leggenda tipica di fondazione. Infatti da tantissimo tempo i pacentrani si
recavano a piedi a Loreto ,nelle Marche.Il pellegrinaggio
durava quasi una settimana ,dopo un cammino faticoso e pieno di insidie ,La corsa
potrebbe essere coeva della chiesa ,sec.XVIII, e costituire una forma
particolare di voto capace di sostituire
ed equiparare i disagi e lo sforzo
fisico causato una volta dal lungo
percorso per raggiungere il santuario. Possiamo
supporre che la corsa degli zingar era all’inizio solo rito di penitenza (culti
delle colpe) in seguito la gara ha acquistato un senso di spettacolarità con
carattere ludico ,assicurandosi sempre più numerosi partecipanti.”
Le foto sono di Marianna Restaino e tratte dal web incentroapacentro.it,abruzzoservito.it,youtube.com
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