SETTIMO GIORNO : TRE ESPERIENZE DI DIO
Tre esperienze di Dio : quella di Isaia narrata in 6,1-2°,3-8 , quella di Paolo in Prima Lettera ai Corinzi 15,1-11 e di Pietro in Luca 5,1-11.
Isaia usa le parole colte della letteratura e parla di trono alto ed elevato, di un manto che riempie il tempio, di serafini ognuno dei quali aveva sei ali.
Paolo usa le parole della biografia personale :”Io sono il più piccolo tra gliu apostoli “ e non sono degno di essere chiamato apostolo perché ho perseguito la Chiesa di Dio.
Luca riferendo della pesca miracolosa ha già in mente, alla luce degli eventi che ha vissuto e che racconta nel suo Vangelo , quel grande insegnamento alle folle , quell’incontro di Dio con l’uomo.
Queste tre esperienze di Dio sono anche la storia di tre incontri dunque con Dio.
Come per ciascuno di noi non basta l’esperienza di Dio che si appoggi sull’emozione, sulle convenzioni o su altre pratiche buone , sincere ed oneste.
Quello che conta non è dunque l’esperienza bensì l’incontro con Dio che ci fa conoscere quello che siamo come dice Paolo :ç “sono quello che sono e la sua grazia in me non è stata vana..
La nostra verità, la verità ultima su noi stessi non arriverà mai se non conosciamo la verità di Dio, se non incontriamo Dio stesso che è la verità.
Allora Dio esiste non perché la ragione e la fede dimostrano la sua esistenza ma perché io l’ho incontrato.
Egli è entrato nella mia vita. E l’incontro con lui ci fa conoscere noi stessi . Quello che siamo interiormente. Non a caso si tende continuamente all’interiorità. Malgrado numerose e positive esperienze di Dio rimane questo bisogno di interiorità. E’ in altre parole, il bisogno dell’incontro con Dio , del suo ingresso nella nostra vita. Ingresso e presenza che permette di conoscerci.
Così Isaia riconosce di essere “un uomo dalle labbra impure in mezzo ad un popolo dalle labbra impure perché i suoi occhi hanno visto il re , il Signore degli eserciti.
Paolo sa e conosce di essere un aborto dicendo :..” a voi ho trasmesso quello che ho ricevuto , cioè che Cristo morì per i nostri peccati secondo la scrittura, e che fu sepolto, e che è risorto il terzo giorno secondo la scrittura e che apparve a Cefa (…)Inoltre appare a Giacomo e quindi a tutti gli apostoli. Ultimo tra tutti apparve a me come a un aborto.”
Pietro sa e conosce la verità dall’incontro con Dio e Luca che racconta questo i9ncontro dice : “ al vedere questo ( le navi cariche di pesci fino ad affondare) si gettò alle ginocchia di Gesù dicendo “ Signore allontanati da me perché sono un peccatore”.
Per l’ebraismo il mare è luogo di morte ed è facilmente comprensibile l’origine di queste credenza. Chi resiste alle acque del mare? Nessuno. Allora il verbo greco usato nel testo di Luca e tradotto con la parola “pescare” in realtà ha il significato di “trarre vivo fuori dall’acqua (dal mare)”
E’ questo allora il bisogno reciproco , ciascuno dell’altro, di Dio e dell’uomo. Il bisogno di Dio , il bisogno dell’uomo da parte di Dio (ed ecco perché Pietro sarà pescatore di uomini) perché l’uomo comprende che è Dio che fa le cose attraverso di lui.
La limitatezza dell’uomo , il suo essere finito sono la sostanza della natura umana. La consapevolezza è e deve essere una ed una sola come di ce Paolo : “Per grazia di Dio , però, sono quello che sono e la sua grazia in me non è stata vana. Anzi ho faticato più di tutti loro , non io però, ma la grazia di Dio che è con me.”
Domandava Adriano Olivetti a Geno pampaloni che a quel tempo era un semplice insegnante ma che sarebbe poi diventato un grande critico letterario : “ Che cos’è il contrario del peccato? Tutti mi dicono che sia la virtù e per te ?” E Geno Pampaloni rispondeva semplicemente : “Il contrario del peccato è la grazia”.
Eremo Via vado di sole, L'Aquila, sabato 10 luglio 2010
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