LETTERE DALL’EREMO : Su i Meridiani gli scritti del Cardinal Martini
A differenza dei più numerosi colleghi laici in blu, i Meridiani celesti/celestiali dei «Classici dello Spirito» finora non avevano ospitato personaggi viventi. La regola è stata infranta con gli scritti e gli interventi del cardinale Carlo Maria Martini, arcivescovo di Milano dal 1979 al 2002, una sorta di mini-oceano testuale, circondato da sontuosi apparati introduttivi, esegetici e bibliografici, e capace di veleggiare verso le duemila pagine. Si è, dunque, presi da una vera e propria vertigine quando ci si affaccia su un simile paesaggio così frastagliato e sterminato, anche perché – come è noto – non pochi di questi scritti hanno avuto una genesi orale, un po' come era accaduto nei primi secoli cristiani a molti Padri della Chiesa: il loro insegnamento, la loro omiletica, le loro catechesi proclamate in pubblico venivano dai discepoli cristallizzate nelle righe dei codici.
Proprio per questa fluidità, versata su lunghi archi di tempo sia di magistero accademico o ecclesiale, sia di comunicazione a diversi livelli, balza subito all'occhio la difficoltà dell'impresa a cui si sono sottoposti i curatori Damiano Modena e Virginio Pontiggia, essendo sempre in agguato le critiche insite nelle selezioni. Altrettanto ammirevole è stato l'impegno di Marco Garzonio, il maggior "esperto" martiniano, che ha dipinto un ritratto biografico del cardinale di straordinaria acribia e di deliziosa fruibilità. A uno scrittore dalla penna felice, ma anche dalla viva sensibilità culturale, come Ferruccio Parazzoli è toccato di tracciare l'incipit della raccolta offrendo al lettore, forse smarrito, una guida che già si riassume nel titolo del suo saggio: «Martini, uomo di fede nella città dell'uomo».
Ed effettivamente il grande merito dell'insegnamento e dell'opera di questa figura che ancora incide nel nostro tessuto civile ed ecclesiale nonostante l'attuale fragilità fisica, sta proprio nell'essersi insediato nei crocevia della "città dell'uomo", srotolandovi la mappa della "città di Dio", non come antitetica ma come capace di interazione e persino di integrazione. È significativo, infatti, che scorrendo la fittissima sequenza delle pagine, attestate su registri, generi, simboli e narrazioni diverse, si riesca sempre a intuire come la fede cristiana proposta dal cardinale, pur conservando la purezza assoluta della trascendenza che le impedisce di scadere nell'ideologia o di impolverarsi nel moralismo, si fa immanente alle lacerazioni, alle controversie, alle sofferenze, alle attese, ai dialoghi della storia, anzi, della quotidianità.
In questa luce è felice il titolo del volume, pur nella sua apparenza di stereotipo. Le ragioni del credere – ammiccamento alle ragioni della speranza della Prima Lettera di san Pietro (3,15) – ci conducono, infatti, al verbo capitale della fede, "credere", sposato però con la razionalità che lo confronta con tutta la gamma delle realtà contingenti, dalla politica alla religiosità, dalla violenza al volontariato, dal disagio all'informazione, dallo scontro delle culture al dialogo sociale e interreligioso, dal lavoro alla spiritualità, dalle rilevazioni contingenti all'esegesi biblica e così via. Tutte queste tematiche fanno parte degli anni biografici di Martini, anni che coprivano un secolo tormentato e vivace come è stato il Novecento. Ebbene, egli è stato capace di intercettare questi filamenti culturali, sociali e spirituali, tentando appunto di ritesserli secondo il disegno della "città di Dio", un progetto che – lo ripetiamo – non è alternativo o antitetico, bensì pronto a incarnarsi, fecondando quella storia con cui si confronta.
È, allora, altrettanto felice in questo Meridiano non solo il titolo, ma anche l'articolazione strutturale dell'imponente massa testuale. Essa è impostata a trittico sulla base delle tre città biografiche, ma al tempo stesso simboliche del cardinale. Ecco innanzitutto Gerusalemme, la città della Rivelazione divina nelle parole delle profezie e nella carne di Gesù Cristo: qui, ad esempio, sfilano tre figure bibliche, oggetto di altrettanti testi, Abramo, Davide e Giovanni l'evangelista, e qui sono collocate quelle sorprendenti Conversazioni notturne a Gerusalemme col gesuita austriaco Georg Sporschill, apparse nel 2008 e destinate a produrre non poche reazioni critiche e fin scandalizzate. La seconda tavola del trittico vede ergersi Roma, il centro del corpo ecclesiale, ove protagonisti sono Pietro e Paolo, «le colonne della Chiesa», a ciascuno dei quali è dedicato un testo, frutto di altrettanti corsi di Esercizi Spirituali.
È in questo perimetro che entra in scena la famosa «Cattedra dei non credenti», una serie di incontri distribuiti tra il 1987 e il 2002, nei quali prendevano voce le riflessioni e le istanze di non credenti che interpellavano con domande radicali i credenti. «Ho pensato – affermava il cardinale – a coloro che non sono immediatamente presenti nel fanum, nel tempio, e ho sentito il desiderio di ascoltare altri, quanto più possibile diversi da noi. Diversi da noi, ma dotati di una tensione spirituale, carica di forza». Interessante, a questo proposito, è l'evocazione che egli fa di un apologo rabbinico citato da Martin Buber: «Un credente continua a sussurrare al non credente che è in me: "Forse è vero"; un non credente invece continua a sussurrare al credente che è in me: "Forse non è vero". E in questa tensione si svolge il nostro pensare e la nostra ricerca, qualunque sia l'approdo».
Fonte Gianfranco Ravasi Cardinale di tre città il Sole 24 ore 18 dicembre 2011
Eremo Via vado di sole,L'Aquila, mercoledì 21 dicembre 2011
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