STORIE E VOCI DAL SILENZIO : I due guerrieri di Capestrano
(seconda parte )
Il nuovo Guerriero di Mimmo Paladino e la sua cosmogonia
Abbiamo concluso con un enigma concernente il nome dell’autore e del personaggio rappresentato la descrizione del Guerriero di Capestrano. Iniziamo con un enigma quella del “Guerriero”, la reincarnazione in chiave contemporanea della potente figura arcaica realizzata dallo scultore Paladino che ha ideato il nuovo ambiente sacrale per esporre l’opera del VI secolo avanti Cristo. L’enigma sono le tegole che sostituiscono le armi, idea venuta “in progress”perché, dice Simongini, nella realizzazione presso gli specialisti di Faenza, nel bozzetto originario c’era ancora una lancia; intanto vediamo due tegole.
Le tegole sottolineano il valore architettonico e non solo plastico della scultura, nel concetto che l’opera crea architettura, il copricapo è visto come un tetto. E’ un’immagine totemica anch’essa possente, alta metri 2,56. In terracotta perché, dice lo scultore, “questo materiale dalle proprietà elementari e trasformative richiama la forza arcaica della pietra calcarea con cui è stato scolpito il Guerriero di Capestrano”.
“All’ombra della notte dei tempi, un’aureola di futuro” la definisce il curatore riassumendone la genesi. Nasce all’ombra del “Guerriero” proveniente da epoche remote, e conserva il coprIcapo che diventa però un’aureola proiettata in avanti nel tempo. Lo scultore collega così antichità e contemporaneità inquadrando la compenetrazione museale prospettata da Pessina nella propria arte personale, dove c’è l’“ossessione “ di cui abbiamo parlato: “La mia cultura visiva nasce da un’idea di stratificazione, con immagini figurative e non figurative, talvolta anche decorative e minime… Una storia frammentata e ricostruita, una storia di passaggi e di tracce dove un frammento di testa romana si incastra con un blocco di epoca precedente. Poi vengono i longobardi che aggiungono altro ancora e allora tutto diventa un collage di elementi astratti e figurativi, oppure irriconoscibilmente figurativi”. Il collante di tutto questo l’identità del territorio, “nella cultura del meridione, in quelle architetture e in quelle opere fatte di segni necessari e, tuttavia, anonimi”.
Questa sua visione risulta dalle opere esposte nella mostra di cui ”Il nuovo Guerriero” rappresenta il culmine, possiamo dire che svolgano in qualche modo la funzione dei “compagni del Guerriero o comunque dei componenti del “corredo” tipico dell’antichità. Sono tuttavia qualcosa che va ben oltre. Così le 75 piccole sculture in bronzo che incrociano la storia dell’umanità e le vicende epiche di conquiste e difese dei propri territori con il percorso artistico dello scultore, vanno dal 1984 al 2010; e le grandi sculture in bronzo, “Carro”, “Elmo” e “Cavallo”; e come non ricordare il suo monumentale cavallo blu di oltre 4 metri installato nel 2009 all’Anfiteatro del Vittoriale del grande abruzzese Gabriele d’Annunzio?, In più la suggestiva terracotta “Senza Titolo” creata con il celebre Spalletti di cui colpisce la tenerezza della figura.
“Non a caso Paladino, in molte sue sculture – nota Simongini – libera la figura e l’oggetto dalla loro relatività rendendoli ‘eterni’ anche tramite l’accostamento a forme geometriche , cristalline, astratte”. Ancora più direttamente: “Così la singola presenza figurale e oggettuale è isolata dal flusso ininterrotto dei fenomeni e delle apparenze e giace in un’immobile punto di quiete diventando necessaria e inalterabile”. E’ proprio questa la cosmogonia nella scultura e, come si intitola la mostra, “la scultura come cosmogonia”.
Compresenza di figurazione e di astrazione, dunque, come nelle civiltà paleolitiche con l’aspetto naturalistico e razionale insieme a quello astratto e metafisico, uniti in una visione fantasiosa e poetica. Ciò consente di superare il tempo, fissando l’istantanea in un’immagine persistente che si sente perenne. Per questo fino alla realizzazione è esposta ai cambiamenti che nascono dall’imprevisto e dall’intuizione improvvisa sopravvenuta, di qui gli interventi correttivi ”in progress” di cui abbiamo detto; così l’opera compiuta spesso è ben diversa dai molti schizzi preparatori. Del resto stabilità ed evoluzione, forme fisse e mutevoli sono espressioni compresenti alla ricerca di un equilibrio che si realizza nell’opera finita la quale così può collocarsi fuori del tempo pur con echi che vengono sin dal remoto mondo arcaico.
Il curatore lo ha chiamato “novello Giano bifronte con un volto rivolto al passato e l’altro verso il futuro”, che porta “al di là del tempo” e alla “scultura come cosmogonia”. Come mostra “Il nuovo Guerriero”, che ci riporta alle origini ancestrali ma nello stesso tempo ci fa sentire come siano compenetrate nel nostro tempo. Sempre Simongini nota, parafrasando Huberman, che “l’opera di Paladino ‘ha più spesso memoria e avvenire di colui che la guarda’. O, almeno, rappresenta anche una sfida per tutti noi a recuperare parte delle nostre memorie archetipe per immaginare meglio il futuro”. E questo creando “un cortocircuito fra passato, presente e futuro che ricorda il concetto bergoniano di durata”.
Il Guerriero di Capestrano e Il nuovo Guerriero di Mimmo Paladino.
Ebbene, Il nuovo Guerriero esprime plasticamente, nella sua maggiore esilità e quindi fragilità rispetto al Guerriero di Capestrano, solido e possente, tutte le incertezze e i timori per un futuro che ci vede inermi e indifesi, disarmati come lo è la sua figura. Ma dà anche la consapevolezza fiduciosa di un futuro che possiamo costruire, fino al tetto, per il quale porta le tegole protettrici, con un’immagine che lo vede anche partecipare alla costruzione del nuovo suggestivo spazio architettonico per il vecchio ”Guerriero”.
Sono due operazioni che si riassumono nel commento finale del curatore Simongini, e ci sembra la conclusione più appropriata a questo tuffo in epoche remote della storia e dell’arte, “al di là del tempo”: “Contemplare il mondo dal punto di vista originario per vivere più profondamente il proprio tempo: di fronte alle sculture di Paladino si ha questa sorprendete rivelazione”.
Chieti
Fonte : http://www.archeorivista.it/007127_chieti-il-guerriero-di-capestrano-e-il-nuovo-guerriero-di-paladino-accoppiata-vincente/
Eremo Via Vado di sole, L'Aquila, sabato 10 dicembre 2011
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