LUOGHI E NON LUOGHI : Dopo il sisma, pubblico e privato
Immersi come siamo nel caos dell’esperienza quotidiana in una città distrutta dal terremoto facciamo fatica a ritrovare le antiche nitide distinzioni tra pubblico e privato ,politica e amministrazione,libertà personali e opzioni pubbliche nell’ambito della discussione ed elaborazione di scelte condivise per la ricostruzione.
Purtroppo la città, la città che con fatica si era cercato e si cercava ogni giorno di costruire non esiste più. Non esistono più i suoi luoghi .
E purtroppo bisogna prendere atto del fatto che parlando di luoghi e non luoghi va riconosciuta l’evidenza che ci sono luoghi che già non esistevano prima del terremoto e che è improprio cercare di recuperarli ora. Mi riferisco ai luoghi della socializzazione degli adolescenti che in realtà non sono mai esistiti a L’Aquila. Infatti se a seguito del sisma gli adolescenti sono stati privati di alcuni spazi come luoghi di socializzazione in realtà va detto che l’adolescenza a L’Aquila non ha mai trovato impegno e riconoscimento da parte delle istituzioni e degli adulti.
Che cosa significava prima del terremoto essere adolescenti a L’aquila ? E che cosa significa oggi , dopo il terremoto essere adolescenti a L’Aquila?
Probabilmente in entrambe le situazioni significa incontrare grandi difficoltà , spesso disconosciute,nel realizzare quel percorso esplorativo della vita con la costruzione di un percorso appunto attraverso i luoghi reali e immaginari, sociali e familiari, privati e pubblici in una situazione data.
Un percorso si costruisce dunque attraverso luoghi le cui mappe fisiche, mentali , sociali,immaginarie ci permettono di camminare . ora quei luoghi non esistono più ed è difficle camminarvi dentro . Come sicuramente era difficile camminare in quei luoghi, se mai sono esistiti, prima del terremoto.
Il terremoto evidenzia oggi la mancanza di un territorio , quello che mancava già da prima agli adolescenti. Così il terremoto ha evidenziato la perdita di un territorio per gli adulti . In entrambi i casi la situazione di deprivazione ha reso difficili i rapporti, il colloquio . E’ sempre più difficile per adolescenti e adulti riappropriarsi di un territorio .
E L’aquila è il luogo a rendere , ormai un contenitore pronto per essere riciclato a favore di qualsiasi interesse, a favore di qualsiasi idea che nello spazio di un mattino è capace di prendere corpo come fantasma di un sogno di una notte insonne. La ricostruzione sembra essere appunto, fino ad oggi, il risultato di una notte insonne .
Dunque la mancata riappropriazione del territorio. Con i suoi luoghi del pubblico con i suoi vincoli, del privato con le sue libertà, della politica e dell’amministrazione dei beni nella confusione tra
rigida separazione e opzione per gli interessi personali ed economici più forti dei vincoli pubblici.
La domanda è : come si fa a dominare dunque l’inquietitudine quando sei privati dei luoghi ?
Ci sono modi di rassicurazione ma sono segnati da profonde fratture nel sottosuolo del vivere. Quel sottosuolo dell’anima che vede nell’uso delle sostanze stupefacenti , delle nuove dipendenze da alcool e farmaci , nei vizi e virtù della promiscuità nascere e rinascere un fiore malvagio , carnivoro,succoso e allo stesso tempo etereo della perdita di sé e della estraneità dal mondo.
Senza luogo e luoghi non si riesce a fare più quella distinzione tra due termini che appunto sono stati a lungo sovrapponibili . il pubblico e il privato. Il pubblico oscillante tra la categoria della visibilità e quella della comunità (pubblico è quello che è sotto gli occhi di tutti ) ; il privato sospeso tra l’idea di privazione di qualcosa e quello di una risorsa che appartiene solo a qualcuno (espresso nei termini di “proprietà privata “)
Senza luoghi, pubblico e privato si confondono . Il terremoto ha sottratto i luoghi e nella emergenza ha confuso il pubblico e il privato in termini realistici e metaforici in termini sociali ed economici, pin termini culturali e politici.
Dialetticamente connessi ci dimostrano come dopo il terremoto con i luoghi si è perso anche la storia e la memoria di questo concetto.
In questa analisi ci viene in aiuto il filosofo Roberto Esposito, vicedirettore dell'Istituto Italiano di Scienze Umane e professore ordinario di Filosofia Teoretica che potrebbe offrirci soluzioni impensate alla mancanza i luoghi .
Tenendo conto che il presupposto della sua ricerca filosofica è che il lessico tradizionale della politica si è esaurito e che sia necessario trovargli nuove formulazioni si potrebbe appunto in una situazione disastrata come quella di L’Aquila ridare al lessico politico una funzione impensata . Ossia la politica, quindi il pubblico potrebbe sintetizzare realtà ed utopia, presente e passato per restituire una città ai suoi cittadini.
Come afferma Esposito non si tratta, tuttavia, di abbandonare definitivamente le parole della filosofia politica occidentale, ma di coglierle da un punto di vista storico e teorico in modo da evidenziare i loro aspetti finora « impensati ». Ne risulterebbero un certo numero di interpretazioni che si trovano all'incrocio di diversi campi concettuali e linguistici: filosofia, antropologia, letteratura, teologia. Con queste categorie di confine occorrerà dunque osservare il terremoto, i suoi effetti e quello che si sta facendo. Osservatorio di confine che da questo angolo di l’Aquila che è rimasta in piedi sta tentando di farlo .
Ma per tornare ad Esposito dunque va detto che attraverso l'analisi delle categorie politiche elaborate dai classici del pensiero moderno e contemporaneo, da Machiavelli a Carl Schmitt, da Hannah Arendt a Simone Weil, e da Georges Bataille a Leo Strauss, Roberto Esposito sottolinea i limiti del politico, in quanto organizzazione che si confronta necessariamente con il carattere irriducibile della forma vivente.La sua trilogia, Communitas, Immunitas e Bios, è del tutto rappresentativa di un pensiero che, in Francia per esempio, è consonante con le ricerche di Jean-Luc Nancy, con il quale ha collaborato a più riprese
Ma Esposito ci aiuta anche a capire le difficoltà del presente. Soprattutto la difficoltà della sfera pubblica di affrontare la ricostruzione
Ci ricorda infatti Roberto Esposito come scrive egli stesso su Repubblica del 11 agosto 2011 “In Critica illuminista e crisi della società borghese, Reinhart Koselleck spiega, come quella che chiamiamo" sfera pubblica" - vale a dire l'ambito di discussione e di elaborazione delle scelte condivise - nasca proprio dalla libertà di pensiero che lo Stato assoluto lasciava ai sudditi, dopo essersi assicurata la loro obbedienza sul piano dei comportamenti. Haberrnas, dal canto suo, ha ricostruito la nascìta dell'opinione pubblica, durante il XVIII secolo, negli spazi impolitici dei salotti e dei caffè, inizialmente lontani dai circuiti del potere. Eppure proprio da lì, dalla zona franca della coscienza interiore e dai circuiti delle accademie letterarie, sarebbe scaturita, nel vortice della Rivoluzione, quell' onda che avrebbe travolto i confini della dimensione etica, rovesciandosi fragorosamente sulla scena politica.
In questo orizzonte comincia a prendere forma la categoria di "società civile" situata precisamente nel luogo di reciproca compenetrazione tra parole e atti, pubblico e privato, politica ed economia. Lo spostamento dei problemi del lavoro, un tempo confinati nello spazio domestico dell' oikos, al centro della scena politica, conferma che la vecchia distinzione è superata nei fatti. La inarrestabile tendenza del sociale a fagocitare i vecchi domini del pubblico e del privato - fondendoli in un unico composto ibrido - è anche il risultato dell'ingresso della vita biologica negli orientamenti e nei calcoli del potere. E essa che determina un doppio effetto di politicizzazione del privato e di spoliticizzazione del pubblico. Da qui quella singolare contraddizione - rilevata da Hannah Arendt - in base alla quale la sola cosa che gli uomini moderni hanno in comune è il loro interesse privato. “
La riflessione su queste affermazioni di Esposito ci aiuta a capire che questa verità a L’Aquila è stata dimenticata a causa delle polemiche, delle lotte, dei comportamenti criminali , delle liti dei politici, della miopia di certe prassi amministrative, e che la situazione potrebbe andare verso una deriva pericolosa .
Anche se con un respiro più ampio comunque Esposito afferma che la deriva di oggi “… vede il suo compimento non solo nell'avvenuta sovrapposizione tra pubblico e privato, ma addirittura nello scambio del loro ruolo. A determinare la svolta è stato l'avvento dei nuovi media. Con essi da un lato quell'esperienza personale che un tempo era protetta dalle mura della dimora domestica si "pubblicìzza'' senza ritegno sugli schermi televisivi. Dall'altro personaggi pubblici e addirittura capi di governo ci informano, volutamente o meno, sulle loro preferenze gastronomiche o i loro gusti sessuali, ricavandone a volte un incremento di popolarità.”
E’ quello che è avvenuto con la spettacolarizzazione del terremoto nei mass media ?
Come registra Antonio Tursi in un libro recente (Politica . Ripensare la sfera pubblica, Mimesis), mentre la sfera dell'intimità scivola dai cellulari su Facebook e YouTube, le metropoli globali si "privatizzano" negli spazi controllati delle gated communities (comunità recintate), in una definitiva contaminazione tra pubblico e privato.
Conclude Esposito , e la conclusione torna utile anche per L’aquila: “ …rispetto a tale situazione sarebbe inutile,e fallimentare, tentare di ricostruire le antiche opposizioni moderne ammesso che siano mai state tali. Ma non e neanche detto che ci si debba arrendere, senza cercare di orientarne la direzione, a un processo apparentemente privo di controllo. In realtà, al suo interno si gioca una partita ancora aperta ad esiti diversi in cui economia e politica, diritto e tecnologia si affrontano in un rapporto, e a volte in un conflitto, da cui nascerà la società futura. In essa pubblico e privato non scompariranno mai del tutto, ma trasformeranno radicalmente il loro statuto rispetto al mondo di ieri e anche di oggi. A uscire di scena è l'idea che la politica sia un puro costrutto artificiale, affidato alle volontà disincarnate di individui razionali, e che la privacy vada intesa come un diritto naturale esterno alla storia. Quando invece sia lo spazio pubblico che quello privato si situano all'incrocio di natura e storia, corpo e persona, vita e politica. Chi avrebbe mai supposto, del resto, che le piazze reali delle città si sarebbero integrate con quelle virtuali di Internet, mandando in frantumi i vecchi scenari ?
Le foto sono di Laura Tarantino
Eremo Via vado di sole , L'Aquila, giovedì 11 agosto 2011
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