lunedì 1 agosto 2011

SETTIMO GIORNO : Apri la tua mano, Signore, e sazia ogni vivente.

SETTIMO GIORNO : Apri la tua mano, Signore, e sazia ogni vivente.

Il profeta Isaia all’ultimo capitolo del suo libro ( 55,1-3) rilegge, in questa diciottesima domenica del tempo ordinario ,la storia dell’esodo del polo d’Israele dall’Egitto. In quella lunga marcia attraverso il deserto per raggiungere la terra promessa il popolo d’Israele fu sfamato e dissetato dal Signore e quella esperienza diventa così la memoria ,la radice per il presente e il futuro per Israele . Un presente e un futuro nel quale il popolo d’Israele può continuare a sfamarsi e dissetarsi ma questa volta con la parola di Dio .

Leggiamo così uno dei brani più suggestivi degli scritti di Isaia :” O voi tutti assetati, venite all’acqua , voi che non avete denaro, venite ; comprate e mangiate : venite, comprate senza denaro, senza pagare, vino a latte. Perché spendete denaro per ciò che non è pane ; il vostro guadagno per ciò che non sazia ? Su ascoltatemi e mangerete cose buone e gusterete cibi succulenti: Porgete l’orecchio e venite a me ,ascoltate e vivrete . Io stabilirò per voi un’ alleanza eterna , i favori assicurati a Davide.”

Così il profeta Isaia invita il popolo ad accostarsi a Dio , il quale vuole costituire con lui una nuova alleanza. In questa alleanza tutti saranno dissetati e saziati in abbondanza.

La visione di Isaia insieme al brano della moltiplicazione dei pani e dei pesci narrata da Matteo ,prefigura il dono dell’eucarestia la cui celebrazione è appunto il cuore pulsante della comunità cristiana del popolo di Dio.

E dunque Matteo con la sua mentalità di ebreo racconta come fu saziata una moltitudine composta da cinquemila uomini ( gli ebrei contavano solamente gli uomini ) senza contare le donne e i bambini e che avanzarono dodici ceste di pani.

Nell'A.T. altre volte un profeta aveva nutrito un gran numero di persone. Molto simile a quest'episodio è la distribuzione di cibo di Eliseo (2 Re) che ricalca pari pari il miracolo di Gesù. Eliseo ordina al suo servo di dare da mangiare a cento persone con venti pani d'orzo e di farro. Ma il servo obietta: "Ma com'è possibile sfamare tutta questa gente?". Eliseo gli comanda di darlo alla gente. Il servo lo fa e non solo la gente ne è sfamata ma anche se ne avanza.

Egli nomina volontariamente solo il pane “ i pezzi avanzati : dodici ceste piene “ che è appunto prefigurazione di quel pane di vita che Gesù nell’ultima cena spezzerà come corpo del suo corpo dopo aver reso grazie e recitato la preghiera di benedizione. Anche nel deserto dove incontra quella moltitudine di gente di cui l’evangelista dice .” sentì compassione e quindi guarì i loro malati “ egli recita la benedizione e spezza il pane. Prefigurazione dell’eucarestia dunque ma anche della sua chiesa. Perché Matteo proseguendo nel racconto dice “ e li diede ai suoi discepoli e i discepoli alla folla” . Ricorda così come attraverso i discepoli e quindi la chiesa Cristo dona il suo corpo , che è incarnazione della parola , quella parola che è il tesoro , il tesoro per la vita eterna.

Non di solo pane vive l'uomo, ma di ogni parola che esce dalla bocca di Dio.


L'uomo non è chiamato solo alla vita fisica e storica, egli è chiamato anche alla comunione con l'infinito e l'eterno. C'è in lui un desiderio di Dio che lo rende inquieto - per usare una celebre espressione di s. Agostino - finché quest'ansia non sia placata.

Anthony De Mello scrive: "La vita è quella cosa che ci accade mentre siamo occupati a fare altre cose".

Il Dalai Lama trova drammaticamente sorprendente che "gli uomini perdano la salute per fare soldi e poi perdano i soldi per recuperare la salute".

Sembra chiaro insomma che l'uomo moderno (e forse l'uomo di tutti i tempi) oscilli tra paure e collere, tra inquietudini e malinconie… non trovando mai pace.

Sembra anche chiaro che il baricentro di questa "pace" possa consistere in quel punto di equilibrio (da discernere immediatamente) tra quello che è importante e quello che è urgente nella vita.

L'uomo di oggi cade sovente nella trappola delle "urgenze" (fare soldi, darsi da fare, fare carriera, fare.. fare.. fare…) penalizzando così le "cose importanti".

Le letture di questa domenica ci offrono luce per individuare tale baricentro, tale punto d'equilibrio.

La domanda provocatoria riportata da Isaia: "Perché spendete denaro per ciò che non è pane e il vostro patrimonio per ciò che non sazia? (…) Comprate e mangiate senza denaro e senza spesa vino e latte", fa immediatamente capire il non senso del darsi troppo da fare per cose di portata effimera e lascia intendere che le cose "di vero valore" non hanno prezzo, non sono quantificabili in termini di denaro… quindi sono gratuite. Non sono acquistabili perché già possedute… a patto di averne consapevolezza (fede appassionata).

Il comportamento "compassionevole" di Gesù la sera di quel giorno, il celebre giorno della "moltiplicazione dei pani e dei pesci", lancia un chiaro messaggio per chi ha orecchie da intendere e desidera sinceramente uscire dal dilemma della scelta tra "urgenza" o "importanza". Chi fatica ad uscire da questo dilemma finisce spesso per "dannarsi l'anima" dietro alle "urgenze"… perdendola:

Ma la moltiplicazione dei pani e dei pesci richiama anche un altro valore che è quello della solidarietà . Verso le popolazioni del Corno d’Africa che soffrono guerra e fame per siccità. Una solidarietà

Il mondo, l'umanità, oggi, ha ancora parecchia fame.

Fame di cibo, di pane, innanzitutto. Al mondo ci sono 854 milioni di persone che soffrono la fame e il numero non è mai calato dal 1990. Nel 1996 oltre 180 capi di Stato e di governo si erano riuniti a Roma per il Vertice mondiale sull'alimentazione e avevano firmato una Dichiarazione con la quale si impegnavano a dimezzare il numero degli affamati entro il 2015 e portarlo a 412 milioni. Per onorare l'impegno preso al vertice, si dovrebbe ridurre il numero dei sottonutriti di 31 milioni l'anno da oggi sino al 2015, mentre la tendenza attuale è al contrario di un aumento al ritmo di quattro milioni l'anno. Per questo motivo, l'impegno è stato definitivamente dichiarato "archiviato".

E nonostante ciò i Paesi donatori hanno ridotto in modo consistente gli aiuti al settore agricolo e alimentare. Inoltre i Paesi del Nord del mondo adottano tutta una serie di azioni economiche che frenano la produzione agricola dei Paesi sottosviluppati e l'esportazione dei loro prodotti. E' un po' come dire che s'individua l'agricoltura come il motore principale per la ripresa dei Paesi sottosviluppati, ma poi questo motore lo si frena in tutti i modi.

Un altro dato preoccupante è quello della pessima distribuzione della ricchezza: il 10% delle famiglie italiane possiede quasi il 45% del patrimonio totale del paese. Non così lontano dalla disumana situazione mondiale, dove il 2% della popolazione più ricca possiede il 50% delle ricchezze della terra. L'altra metà se la spartisce il 98% delle persone. Questo vuol dire che la fame nel mondo, oggi, è qualcosa che riguarda tutti, anche i paesi più ricchi, e non più solamente il Sud del mondo.

Ma non è l'unica fame del mondo, quella di cibo. C'è pure fame di giustizia. Fame di diritti fondamentali della persona che vengono puntualmente calpestati.

"Tutti gli esseri umani nascono liberi e uguali in dignità e diritti": nel 2010 in Italia sono morte 127 donne per violenza, 58 delle quali subite da parte dei loro mariti e compagni. Solo a Milano, ogni giorno viene violentata una donna (secondo i dati delle denuncie).

"Nessuno sarà sottomesso a torture, o a pene e trattamenti crudeli, disumani e degradanti": a oggi, la tortura è ancora "legalmente" praticata in 81 paesi.


"Tutti sono uguali di fronte alla legge ed hanno, senza distinzione, diritto a essere ugualmente protetti dalla legge": sono ancora 54 i paesi che celebrano giudizi sommari senza alcuna garanzia giuridica, e laddove si celebrano legalmente (come in Italia) i ritardi sono abissali, e soprattutto c'è la possibilità di convertire una pena in una sanzione amministrativa. Per cui, chi paga è libero, anche se colpevole. Chi non riesce a pagare, rimane in carcere, magari a volte nonostante sia innocente. Questa sarebbe giustizia?

E non c'è sicuramente bisogno di dati per descrivere un'altra fame, forse la meno evidente, quella che fa meno notizia, ma non per questo meno drammatica, ovvero la fame di Dio. Una grandissima parte dell'umanità muore senza riuscire a dare un significato alla propria esistenza, e questo indipendentemente dal professare una religione o un'altra, dall'essere stati o meno battezzati: è un problema di senso della vita, è l'incapacità a cogliere che nella nostra vita ci sono dei semi di Assoluto che vanno piantati, coltivati, irrigati, fatti crescere.

Questa mancanza di senso lascia l'uomo impoverito, come denutrito, affamato, appunto: affamato di un Dio, di un Assoluto che può dare senso al suo affannarsi sulla terra e che, quanto più ricchi si è materialmente, tanto meno si riesce ad avvertire. Si tratta di una fame anomala, proprio perché non si fa sentire eppure poco a poco logora, svuota, impoverisce, uccide. E non si fa sentire semplicemente perché la si zittisce con tutta una serie di comportamenti e di scelte di vita che la soffocano, la narcotizzano, la addormentano. Poi però le grandi domande esistenziali della vita di fronte al senso della malattia, della sofferenza, del dolore, dell'ingiustizia e, in definitiva, della morte, la fanno emergere in maniera drammatica con conseguenze che spesso portano l'individuo a non ritrovare più quel filo che lo può condurre fuori dal labirinto dell'esistenza.

Il Vangelo di oggi ci ricorda l'interesse e la sollecitudine di Dio per la fame nel mondo: la fame di pane materiale, la fame di giustizia e la fame di Lui. Quello che però maggiormente colpisce è che Dio non ci chiede di invitare i nostri fratelli che hanno fame ad andare in cerca di una soluzione: vuole che "noi stessi diamo loro da mangiare". Rimbalza su di noi, che ci diciamo suoi discepoli, la risposta a questo problema, che spesso gli presentiamo come insormontabile e per noi di difficile soluzione. Quante volte anche noi, come i discepoli del Vangelo, diciamo al Signore: "Mandali via, che vadano a comprarsi da mangiare, che vadano a risolversi i loro problemi, che cerchino da soli il modo di dare delle risposte alle loro situazioni di indigenza"? E per di più, giustifichiamo le nostre affermazioni rinfacciando al Signore le nostre incapacità: "Abbiamo solo cinque pani e due pesci! Non siamo in grado, ci vogliono strutture, persone e programmi adeguati!".

Il Signore ci vuole invitare a capire che la risposta alla fame di gran parte dell'umanità sta nell'assunzione delle nostre responsabilità, nonostante la pochezza dei nostri mezzi. Il nulla che abbiamo, se condiviso, può diventare molto, perché ci pensa Lui, il Signore, a farlo diventare tale.

Ecco, allora, la nostra missione di discepoli, oggi come sempre: saziare l'umanità attraverso atteggiamenti di solidarietà e di condivisione.

Eremo Via vado di sole, L'Aquila, lunedì 1 agosto 2011

Nessun commento:

Posta un commento