RICOGNIZIONI : Ingeniosa scientia naturae
Il volto di santi,angeli e demoni. Uomini e donne . Plebei, potenti, chierici, nobili, contadini. Animali . Effigi. Iimpresse nella pietra . Tutto impresso nella pietra come un inventario fisiognomico, una lista nel tempo e del tempo che la pietra bianca di Poggio Picenze si è incaricata di tramandarci . Impronte di un viaggio nella storia e nel tempo di un territorio che la pietra, docile sotto lo scalpello, ci rimanda ogni giorno quando andiamo a vedere le fontane del complesso monumentale delle 99 cannelle a L’Aquila. Un accostamento tra acqua e pietra che è accostamento primordiale ma anche misterioso. Aria , acqua, terra e fuoco fusi nei volti di quei mascheroni scolpiti come «Ingeniosa scientia nature» come un'eredità della sapienza greca e araba.
Da Ruggero Bacone a Della Porta, da Le Brun a Lavater, da Gall a Lombroso: il racconto della fisiognomica coinvolge un numero rilevante di letterati e di artisti, di medici e di filosofi, coincide con un caleidoscopio di testi che rappresentano emozioni, diagnosticano talenti, prevedono destini. Dall'atelier al gabinetto scientifico e all'aula giudiziaria, la fisiognomica cerca di scrivere le incerte regole dei modelli umani, prima di essere soppiantata dai più scaltri paradigmi psicologici e biologici. E' stata una pratica esoterica? Una scienza? Una retorica?
Sicuramente un crocevia di importanti dibattiti nella cultura europea, un capitolo inconsueto della storia delle idee. Da questo alfabeto dimenticato si può forse ricavare qualche antidoto contro la menzogna e l'esasperante vanità dei divismi contemporanei.
Ma la fisiognomica delle 99 cannelle a L’Aquila è il suggello su quella pietra che canta, quella pietra che fiorisce nelle grandi cattedrali dei Cistercensi, disegnate, edificate, ornate da fregi, affreschi ,capitelli ,
Il sesto acuto dei maestri borgognoni e i costoloni dei lombardi rammodernano le costruzioni e scaricano sulla terra la lievità del cielo in un incontro tra cielo e terra che le guglie e le facciate delle cattedrali interpretano ed esaudiscono.
Così diventa essenziale l’opera dei cistercensi . Tutto cominciò in quel secolo
“Nel cuore della notte mi alzo a renderti lode, o Dio” e “Sette volte al giorno canterò le tue lodi” (Regola, cap. 16).
Ed è verso la chiesa quindi che converge tutta la vita del monaco: infatti in essa si giustifica, si realizza e si sublima la sua vita nel contatto con Dio mediante la sacra liturgia e l’ufficio divino o “Opus Dei”.
Ecco perché i Cistercensi pare che seguissero un ordine divino per creare il loro complesso monastico:si canalizzavano le acque stagnanti così che la terra si asciugasse;la si livellava e fissando con la corda le dimensioni del complesso monastico,si orientava la chiesa e gli altri edifici con la luce dell'alba. Si mettevano a coltura i prati,si piantavano alberi da frutto,verdure e fiori,abbandonando il disprezzo per il lavoro manuale e agricolo a cui si dava valore,al pari della preghiera.
San Bernardo non negava riferimenti al Vecchio Testamento o alla Gerusalemme Celeste ma poneva l'accento sul significato didascalico dell'architettura della Chiesa insistendo sugli aspetti di umiltà e di semplicità. Le chiese a pianta Bernardina terminano quasi tutte con un quadrato o un rettangolo, generalmente più basso della navata, derivato dalle piccole chiese e dalla tradizione degli oratori, è infatti un'espressione dell'umiltà monacale. La forma rettangolare era ritenuta più modesta di quella rotonda o addirittura la più modesta possibile, mentre l'abside tonda rappresenta una simbologia della tradizione imperiale.
L'interesse per il numero e per i rapporti numerici in San Bernardo, quindi, assume un'importanza fondamentale. Il concetto del numero come espressione della bellezza fu ereditato da parte dei Padri della Chiesa dalla più alta antichità, dai Semiti e dei Greci e non era comunque estraneo all'Antico Testamento. Si pensi ai 318 servitori di Abramo, ai 480 anni computati dall'uscita dall'Egitto alla costruzione del Tempio. Quanto alla metafisica di questo simbolismo, i Padri l'avevano ricevuta principalmente dalla tradizione pitagorica largamente diffusa da opere tradotte in latino da Apuleio.Seguendo questa tradizione, i numeri sono il principio, la fonte e la radice di tutto. Lo sforzo continuo degli autori cristiani e anche di San Bernardo, fu di purificare la scienza dei numeri da ogni riferimento alla divinazione astrale. Essi rinviano quasi sempre a una frase del Libro della Sapienza che e la più citata. Il versetto costituisce una specie di consacrazione di tale scienza: ma tu (cioè Dio)hai disposto tutto con misura, numero e peso e definisce il carattere fondamentale del bello e dell'estetica. Il percorso dal mondo greco verso la cultura occidentale fu segnata per primo da Agostino.
Alla metà del XII secolo il cistercense Odo di Morimond sostiene che i numeri sono superiori alle cose perché alcuni simboli numerici precedono le cose stesse. Per esempio, se l'uomo fu creato nella doppia natura di anima e corpo, ciò fu possibile perché già esisteva il concetto di due; tre inoltre ha sempre significato la Trinità, ed è simbolo di trascendenza, così che, secondo il pensiero di Odo i numeri sono digniores rispetto alle cose.
In quel secolo l'interesse per l'allegoria del numero si arricchì del rapporto esistente tra microcosmo e macrocosmo che fu espresso in termini numerici, ossia archetipi matematici. Il numero quattro per esempio rappresenta i punti cardinali, le fasi della luna, i sensi, le stagioni e che nella cultura classica è l'elemento costitutivo del tetraedro di Platone, o il numero costruttivo dell'uomo di Vitruvio, significa la perfezione morale (immanenza, cioè l'espressione della perfezione divina nel creato). Il numero otto nelle scritture si riferisce al giorno che segue l'ultimo della creazione e il giorno dopo la Resurrezione di Cristo;esso non si aggiunge al settimo, ma ne manifesta lo splendore, la pienezza della perfezione, perché ottavo è il giorno dopo il quale non vi sarà più inizio di nulla: è il primo e l'ultimo giorno della settimana senza fine, tempo che si compie nell'eterno. Questa una cor relazione tra 7 e 8 indica il ritorno definitivo della creazione nel seno di Dio. Il numero sei (2 x 3) è numero della creazione, il sette il numero della storia della salvezza o dell'Antico Testamento, l'otto è quello della consumazione della salvezza, o del Nuovo Testamento; il 12 (3 x 4) è il numero della durata.
Novantanove cannelle , dunque in questa filosofia del numero si iscrive la storia delle novantanove cannelle e dei novantanove volti della fontana.
Progettazione dello spazio quale identità che abita se stessa lasciandosi scorgere dall'altro, oltreché corrispondenza fra aspetto umano e comportamento. E', negli esiti,di quei piccoli mascheroni, maschere che non coprono ma rivelano, materia vibrante dei sogni. Superfici convergenti su un ovale antropomorfo che, come nelle fasi lunari, viene decostruito o accresciuto di una porzione ridondante - a seconda del punto di vista - in tempi congelati che ricordano la vita..
Dal ritorno all'oggetto pellicola, a volte dichiarato altre indirizzato verso una stratificazione, alle trasparenze polimateriche, dal positivo al negativo, nella ricerca dell'immagine della ''grande madre'' archetipica. Magma e quiete, perturbante e familiare ad un tempo, percezione di incongruenze suggerite e apparentate con il mistero che il volto, la persona nell'antica accezione di maschera teatrale, guscio vuoto, reca con sé queste immagini ti chiamano a riflettere sul mondo in un incontro nuovo.
Scrive Bruna Marcantonio: “ L’acqua che purifica e trasforma, che lava e redime. Tutto in questa fontana è volto a manifestare l’essenza della rinascita, non sono presenti croci, la morte è superata. E’ presente l’uomo nuovo.
Tra le varie maschere una si distingue, per la sua forma e per la posizione in cui è stata situata, la pietra angolare. Questa particolare pietra, che il tempo e l’acqua hanno consumato ma non tanto da renderla irriconoscibile, rappresenta il corpo di un pesce con la testa d’uomo e fa riferimento a “Cola Pesce”, personaggio mitologico che nel basso Medioevo ebbe un netto rimando al re di Sicilia Federico II.
E’la pietra filosofale della fontana, situata nell’unico punto che da la possibilità di controllare tutte le altre, un onore che solo a lei è concesso. Tancredi da Pentima lasciò così la sua firma, in quella che è l’icona del segreto delle società muratorie, da cui in seguito si svilupparono le massonerie.
Tutti questi ed altri ancora sono i segreti della Fontana delle 99 cannelle, ridotta a banale lavatoio dalla nostra cultura e privata di quel messaggio spirituale che per fortuna sta tornando alla luce.”
Il simbolo della maschera indica un bisogno di protezione, ma anche di trasformazione. E' il non-essere che vorrebbe farsi essere, l'occultamento che presume di farsi disvelamento. E' identificante di un'assenza, di una diversità, a volte di una patologia.
Nell'antichità le maschere rappresentavano le forze sovrannaturali della divinità; qui invece sembrano rappresentare le forze subnaturali dell'uomo, l'incapacità di essere e, insieme. la ribellione a questa incapacità, la volontà di superarla o di sfuggire a un giudizio che condanna a un ruolo prestabilito. La maschera serve per nascondere un vuoto e nel contempo per indicare che si vuole colmarlo con un pieno diverso.
Perché come scrive Shopenaur : «Tutto ciò che è profondo ama la maschera; le cose più profonde hanno per l'immagine e l'allegoria perfino dell'odio. (...) Ogni spirito profondo ha bisogno di una maschera: e più ancora, intorno a ogni spirito profondo cresce continuamente una maschera, grazie alla costantemente falsa, cioè superficiale interpretazione di ogni parola, di ogni passo, di ogni segno di vita che egli dà.»
La maschera è un mezzo ambiguo, dietro il quale da un lato la verità ama nascondersi per salvaguardare la propria profondità; ma che dall'altro noi utilizziamo per non vedere la realtà, per sfuggire da essa.
Secondo Schopenhauer ciascuno di noi è abitato da una doppia soggettività: la soggettività della specie che impiega gli individui per il proprio interesse che è poi quello della propria conservazione e riproduzione, e la soggettività dell'individuo che si illude di disegnare un mondo in base ai suoi progetti che altro non sono se non illusioni per vivere e non vedere che a cadenzare il ritmo della vita è l'immodificabile esigenza della specie.
Questa doppia soggettività viene codificata dalla psicoanalisi dalle parole "Io" e "inconscio". Nell'inconscio è custodita la verità dell'esistenza, nell'Io e nella sua progettualità l'illusione concessa all'individuo per vivere. La psicoanalisi, quindi, strutturando il suo edificio sulla dialettica tra le due soggettività, è un evento del pensiero romantico.
Indossare una maschera rende tutto più semplice . Aiuta a nascondere l’identità e a renderla irriconoscibile. Le maschere ,nella fantasia e nella realtà, hanno da sempre permesso di fare ciò che ai volti è proibito.
Grazie ad una maschera Romeo riuscì ad entrare in casa Capuleti, a danzare con Giulietta e a non farsi sfidare da Tebaldo , con “the mask “ dei fumetti della Dark Horse chiunque poteva diventare invulnerabile pieno di poteri , violando così le leggi della fisica e della realtà, e solo mettendo la maschera il nobile Don Diego de la Vega riuscì a combattere , in nome della povera gente, contro la tirannia sotto la maschera di Zorro. Dietro una maschera si celano molteplici identità e al contempo la vera essenza dell’essere che ,in contrasto con la quotidianità , si confonde tra i sogni.
Il cubismo e le maschere del Congo di Picasso, la danza espressionista di Mary Wigman, Hugo Ball e il dadaismo, hanno messo in evidenza l’importanza della maschera, soprattutto nella sfera figurativa. La maschera è così riuscita, a dare voce alle catastrofi sconvolgenti e alla percezione di morte che le due guerre del 900 avevano disseminato nella cultura e soprattutto negli animi.
In latino la persona era la maschera che copriva il capo dell’attore in teatro, la quale era regolarmente diversa in base ai personaggi . Pirandello ,partendo proprio da questo presupposto ,sostenne la più grande verità : ogni uomo si serve di una maschera di volta in volta diversa per interagire con se stesso e con gli altri. Ma quando la maschera che si è creato o che gli hanno cucito addosso esplode, non gli resta altro che scontrarsi con la follia.
Si corre il rischio di restare intrappolati, di non saper riconoscere e scindere l’io dalla maschera che si porta, e così questa diventa l’ arma che copre gli occhi, che riveste l’ animo e che oscura l’indole . La si trascina dietro come una coperta di Linus per proteggere l’ entità che dietro si tenta di nascondere .
E’ possibile abbattere questi muri ed esporsi senza ostacoli?
Oscar Wilde, sosteneva: “ogni uomo mente ma dategli una maschera e sarà sincero”… Alle volte, la maschera, si trasforma in una muraglia, dietro la quale si ci nasconde per difendersi dalla paura che qualcuno possa attaccare il vero io .
E’ comoda, nasconde l’ identità, e fa dire quello che realmente si pensa. La maschera è ambigua, dietro essa si ama nascondere la verità, per salvaguardare la propria profondità e allo stesso tempo fuggire dalla realtà. Dietro ci si sente protetti, se ne porta al giorno una diversa in base all’occasione. E’ necessario per interpretare la realtà.
Internet è una maschera. Su internet nessuno conosce nessuno, un semplice nickname o un avatar diventano i costumi dell’identità, e gli inevitabili giudizi su ciò che si scrive, o su ciò che si mostra, non sfiorano più di tanto .Si ci può creare un io del tutto diverso, migliore di quello che si è .
Ma prima o poi iI trucco si sfalda e si scioglie; ed anche se dietro ogni maschera ce n’è un’altra e un’altra ancora prima o poi si arriva al niente. La verità è nascosta tra il velo sottile che divide la pelle dalla maschera … Solo da lì può venire fuori la vera essenza dell’anima.
Fonti :
http://www.dillinger.it/dietro-la-maschera-49200.html
http://www.homolaicus.com/arte/picasso/maschera.htm
http://it.wikipedia.org/wiki/Fisiognomica
http://www.medioevo.org/artemedievale/Pages/Abruzzo/99Cannelle.html
bruna.marcantonio@fastwebnet.it
Ferdinando Bologna, La Fontana della Rivera all'Aquila, detta delle novantanove cannelle, L'Aquila, Textus, 1997.
Alessandro Clementi; Elio Piroddi, L'Aquila, 4a ed., Bari, Editori Laterza, 1986.
Touring Club Italiano, L'Italia - Abruzzo e Molise, Milano, Touring Editore, 2005.
Eremo Via vado di sole, L'Aquila ,martedì 16 agosto 2011
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