Il Nobel Prescott: l'Ue contro la crisi coi soldi pubblici, come l'America, e sbaglia
Intervista di Maurizio Molinari apparsa su La Stampa 22 luglio 2011
L’Unione europea risponde alla sua crisi finanziaria in Grecia proprio come hanno fatto gli Stati Uniti nel 2008, facendo pagare i contribuenti»: è amaro il commento ai risultati del Consiglio europeo di Bruxelles che viene da Edward Prescott, Nobel per l’Economia e docente alla Arizona State University.
Che lettura dà dagli esiti del summit europeo sulla Grecia?
«L’Europa ha deciso di far fronte al default della Grecia riversandone i costi, in molteplici maniere e con evidenti espedienti, su chi aveva dato il danaro ad Atene ovvero innanzitutto le banche francesi e tedesche. L’accordo raggiunto fra il presidente Nicholas Sarkozy e la cancelliera Angela Merkel è stato di accettare tale sacrifici, riversandoli in ultima istanza sui propri contribuenti, per evitare conseguenze ben peggiori per i rispettivi cittadini e provare dunque a vincere le prossime elezioni. E’ una soluzione europea che, per la verità, mi ricorda molto il precedente americano dell’autunno 2008».
«Per rispondere alla crisi dei mutui subprime che si manifestò nel settembre 2008 gli Stati Uniti, prima con George W. Bush e poi con Barack Obama, hanno scelto di sostenere le banche con i soldi dei contribuenti. L’Europa sta facendo lo stesso: salva la Grecia con i soldi dei contribuenti francesi e tedeschi anche se il metodo finanziario adottato è ovviamente differente. A mio avviso si tratta di errori strategici perché se chi prende dei soldi in prestito si indebita a tal punto da causare una grave crisi finanziaria i costi che ne conseguono devono essere riversati su di lui, non certo su coloro che gli hanno dato i soldi».
Da dove nasce a suo avviso questo corto circuito?
«Dalla facilità con cui i governi chiedono ai cittadini di affrontare sacrifici paventando il rischio del peggio, dalla ritrosia a varare le riforme finanziarie per scongiurare gli eccessi e dall’assenza di produttività che distingue due aree economiche del Pianeta, gli Usa e l’Europa del Sud».
Che cosa hanno in comune Stati Uniti ed Europa meridionale?
«Se guardiamo bene la mappa della crescita globale ci accorgiamo che in queste due regioni si concentrano i maggiori problemi: bassa crescita, alta disoccupazione e crisi del debito sovrano. L’Europa del Nord e l’Europa Centrale invece crescono a ritmi alti, anche se certo non al pari di India, Cina e Brasile. Anche il Canada sta andando bene, con Giappone e Australia solo poco più indietro ma comunque in discrete condizioni. Non siamo di fronte a un pianeta che non cresce ma a due singole aree che ne stanno frenando la crescita».
«Quello di fondo è la bassa produttività dell’economia. Voi in Italia venite da un decennio di livelli molto bassi e noi negli Stati Uniti stiamo attraversando un periodo simile che a mio avviso potrebbe durare proprio dieci anni. Ma non è una situazione senza speranza. Il Giappone ci si è trovato negli Anni 90 e l’Australia negli 80. Entrambi si sono risollevati».
Applicando quali ricette?
«Abbassando le tasse sui capitali per favorire gli investimenti e incentivando i risparmi dei cittadini. Per rimettere in moto la produttività, e consentire all’occupazione di riprendersi, bisogna sostenere la spesa dei consumatori e gli investimenti privati. La gente deve essere incentivata a risparmiare per poter spendere e i capitali devono essere tassati di meno per poter essere sfruttati di più».
Che cosa è che la colpisce di più nel parallelo fra Usa e Sud Europa?
La carenza di posti lavoro. Guardo ai miei studenti e mi vengono le lacrime agli occhi. Ho sempre sognato per loro, e con loro, posti di lavoro capaci di fargli inseguire il successo ma adesso mi rendo conto che temono il futuro, non sanno se troveranno un impiego per realizzare i loro sogni. E’ una realtà che mi causa grande amarezza e che avvicina molto gli Stati Uniti alle difficoltà che i giovani hanno a entrare nel mondo del lavoro in Grecia, Portogallo e Italia. Il prezzo più alto di queste crisi finanziarie lo stanno pagando i nostri giovani».
Eremo Via vado di sole , L'Aquila, venerdì 22 luglio 2011
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