DIARIO DI UN TERREMOTO . Diario per certi versi in poesia e per certi versi in prosa 14,15 e 16 agosto 2009
L’Aquila, 14 Agosto 2009
Al risveglio dopo quattro mesi dal terremoto
che nessuno ha smosso una pietra
che solo i vigili del fuoco hanno fatto
qualcosa e il Governo nazionale
li ha presi a sassate
è stato come battere il culo
per terra
addio osso sacro per il dolore
che mazzata tra capo e collo
la più gran mazzata che ci sia
ma non me ne frega niente lo stesso
che tanto il loculo al cimitero
me lo sono comprato quando è morta
Annamaria
e per giunta pure a Sulmona che pure
il cimitero a L’Aquila a momenti
è inagibile tombe classificate a bi e ci
e così resteranno per i prossimi venti
anni
e che ci campo ancora vent’anni
che sarei stato senza casa e senza tomba;
la durezza e la tenerezza
di quella casa piena di ansiosi piaceri
e di piacevoli ansietà
le lacrime mute di una intera generazione
le lacrime per questa città
deposte in una tazzina di caffè
evaporate presto presto
in questo mutevole sogno di vivere
sprecato .
Penso a tutte le cose che ho pensato
in questi giorni
e divento matto
io lo sapevo che questo era amore
amore per una città
anche se sulle cartoline con i sorrisi
i baci e i bronci
era amore per il quale chiedere perdono
in giro per i borghi ,per le case
sotto i portici nei giardini
e dire al vento e dire al sole di questa
città
ti mancherò ma va bene così
e da te che me ne devo andare
io lo so che il sole non deve tramontare
a volte solo scompare
ma non la pensano tutti così
non la pensano tutti allo stesso modo
ed è un bene, ed è proprio bene
che ognuno la pensi a modo proprio
e non la pensi come la tivvù
che allora tutti la pensano allo stesso modo
ed è un male, è proprio un male.
L’Aquila, 15 Agosto 2009
Molte solitudini esistono
quella del blu profondo e del giallo lontano
ora esiste la solitudine
di questa città dalle insegne spente
dai negozi chiusi, delle strade silenziose
questa è la solitudine della luce
bianca e vuota
che ogni riflesso di colore è spento.
Da anni in questa città non
dimorano i poeti
ora sono tornati ma anche loro
camminano
a piedi nudi e braccia conserte
in attesa delle parole delle parole
da far esplodere
quasi sconsolati.
Ora riaffileranno le loro parole
alle tarme ai topo alle stelle
alla rabbia dei cani, alle pene degli
uomini
al dolore degli assenti .
A chi affideranno dunque
le loro parole se non c’è più
nessuno ?
A nessuno ? E le loro parole
li rincorreranno mentre camminano
a piedi scalzi e a braccia conserte
per vendicarsi di averle affidate
solo a nessuno, nessuno che sappia
ripeterle
nessuno che sappia donarle,
nessuno che sappia sconvolgerle
di nuovo
e di nuovo e di nuovo
e poi restituirle a quei poeti che
da anni non dimorano più
in questa città.
L’Aquila, 16 Agosto 2009
Noi aspettavamo la pandemia
così dopo il terremoto avevamo un altro
motivo
per passare le serate chiacchierando
al caldo di fine luglio
ogni tanto spunta una faccia nel gazebo
qualcuno con la cicca in bocca
sono gli amici di Grazia e Cristian
e si fa tardi e anche se ti scoppia la vescica
resti a parlare anche se a me non mi ispira
per niente tutto quel discorso che ne ho piene
le palle del terremoto e della pandemia
e preferirei andare a dormire.
E poi quando vado a dormire non basta a farmi
sorridere
le battute in estrermis sulla gente
che circola in questo posto perché sono
arrivati loro
e a noi tra poco tocca sloggiare dai minorenni
a noi che siamo i veri santi,qualcuno però
con la pistola
che abbiamo accolto tutti , siamo come i monaci
del Tibet ( a proposito il Tibet è nella Cina ?)
noi dobbiamo sloggiare
che quattro gatti sono meno di otto gatti
e il conto della sopravvivenza e della stupidità
si fa contando i gatti e sul costo e sul voto
di ogni operazione “dopo terremoto”
che se a respirare costava solo un centesimo
allora potevi morire
ma morire asfissiato ( e non d’amore anche se
quest’amore – a volte – è una camera gas)
che un centesimo non te lo davano .
Ora dov’è il vertice, dove sono chiari tutti
i fini prefissati (oh parlo come un film)
io non lo so e non vedo niente (parlo tendneo
i piedi per terra).
Ma lasciamo stare tutto questo :
qualche volta vorrei cominciare una poesia
con un allegro e però adesso
dovrei ricominciare il concertino ma
non me ne tiene
a questo universo stabile permetto
ogni altra rovina che il terremoto non basta
basterebbe un po’ di attenzione
qualche ora di lavoro in più e fissare
i fini e tutto andrebbe a posto .
Non lo so, non lo so se è così e quando
dico non lo so , non lo so
e che posso fare allora
immagino solo l’andante sostenuto
potrebbe ricominciare così il concertino?
Tenda n. 2 del Complesso "L. Ferrari " Via Acquasanta L'Aquila
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