lunedì 25 luglio 2011

SETTIMO GIORNO : Il tuo amore sia la mia consolazione

SETTIMO GIORNO : Il tuo amore sia la mia consolazione

Dice bene il salmista quanto afferma : “Quanto amo la tua legge Signore.” Perché questa legge è la legge del tuo amore che è la mia consolazione. Ma è anche bene per me , e io amo i tuoi comandamenti, più dell’oro, dell’oro fino.

Perché? Perché meravigliosi sono i tuoi insegnamenti che io custodisco. E dunque la rivelazione della tua parola illumina, dona intelligenza ai semplici perché tu Signore Gesù Cristo sei la parola della sapienza . Quella Sapienza che Salomone chiede per governare il suo popolo e che, poiché non ha chiesto per sé molti giorni,né ricchezze materiali ,né la vita dei suoi nemici ,gli viene accordata, donata.

“Ti concedo un cuore saggio e intelligente ,uno come te non ci fu prima di te , né sorgerà dopo di te” Ecco il dono della sapienza.

Da sempre l’uomo si è posto alla ricerca della sapienza che consiste nel discernimento tra il bene e il male e non a caso nella storia dell’umanità e della sua cultura almeno nel mondo occidentale la filosofia ha rappresentato appunto la ricerca e l’amore per la sapienza oltre che il senso di questa ricerca.

Ora la sapienza è un dono di Dio ed è l’esercizio della sua parola fattosi carne nel suo figlio e Signore Gesù Cristo. Una parola che nel caso del vangelo proclamato in questa XVII domenica del tempo ordinario assume un valore importantissimo sul valore e sul senso del tesoro e che completa nella narrazione evangelica il racconto,l’ammonimento, l’esortazione di Gesù : non lasciate che la parola(vero tesoro ) segua il suo destino come un seme nei campi e dia il minimo frutto ma coltivatela perché possiate essere pronti alla chiamata. Una chiamata che appunto avverrà separando il frumento dalla zizzania, il male dal bene, i buoni dai cattivi.

Coltivare la parola significa a ccoglierla nel cuore e quale migliore aiuto le si può dare se non quello del silenzio. Il silenzio infatti da molti ricercato , curato ed ascoltato è proprio l’esercizio giusto per impiantare e coltivare nel cuore e nella mente la parola. La capacità ovvero di sgomberare dal superfluo , dall’inutile per lasciar posto all’essenziale che è appunto la parola. Una parola che si è fatta carne , che è tesoro prezioso.

Il cristianesimo allora non è una religione che promana dalle parole di un libro , non è l’osservanza di un libro come avviene nell’islamismo dove la fonte di ogni cosa è il libro del Corano..

Il cristianesimo è la religione di discepoli di un Dio fattosi uomo nella persona di Gesù Cristo che è appunto la parola incarnata ,increata.

Prola e parole dunque vecchie e nuove perché lo scriba , che è l’uomo di sapienza ,diventi simile ad un padrone di casa che estrae dal suo tesoro cose nuove e cose antiche. Ma che sono queste cose nuove e queste cose antiche ? E’ la parola del Vecchio e Nuovo Testamento che Cristo è venuto a far vivere nella sua persona con una anticipazione del Regno di Dio .

Il messaggio della parola del regno è chiaro : aprire le porte a Cristo che è il tesoro,fare largo a lui. Ecco dunque le tre similitudine del regno che appunto è già cominciato sulla terra e che ogni cristiano nella sua esperienza di salvezza può cominciare a vivere.

La parabola del tesoro si riallaccia a quella del grano e della zizzania perché in prospettiva escatologica vuole ricordare all’uomo che si comincia qui sulla terra, come si accennava, a realizzare il regno di Dio .

Scrive Roberto Rossi : “Il Vangelo di oggi ci ripropone alcuni temi, cari al cuore di Matteo, che percorrono trasversalmente tutto il discorso delle parabole del Regno. Del Regno viene affermato il valore inestimabile, ineguagliabile da nessun altro bene e per il quale viene venduto tutto. Bellissime le espressioni "tutto contento, và, vende quello che ha e compra quel campo". Nella parabola della rete e dei pesci si ribadisce la conclusione della fase terrena del Regno con l'inizio della sua fase eterna dove sarà definitivamente separato il bene dal male, i buoni dai cattivi..

Le due parabole del tesoro e della perla preziosa per i quali i due personaggi del vangelo vendono tutto pur di possederli insegnano a scegliere la cosa migliore, anche quando è necessario il sacrificio di tutto il resto.

Gesù vuol dire: il regno di Dio è il valore supremo e, pur di ottenerlo, vale la pena di rinunciare a tutto. Comprendere che il valore assoluto del regno di Dio è il primo nella scala dei valori richiedere discernimento e sapienza, perché, se provoca una gioia smisurata, invita anche ad una scelta che comporta la rinuncia a molte cose. “

E Romeo Maggioni conferma : “ l'uomo - lo si voglia o non si voglia - è stato fatto a immagine di Dio, anzi meglio, "predestinato ad essere conforme all'immagine del Figlio suo", è cioè stato fatto e strutturato per essere niente di meno che come Dio, per divenire "simile a Lui". Non c'è altro progetto e altro traguardo che lo possa realizzare e saziare. San Paolo oggi nella seconda lettura delinea addirittura tutto lo svolgersi della nostra esistenza secondo Dio in cinque verbi che scandiscono il suo disegno su di noi: conosciuti, predestinati, chiamati, giustificati, glorificati! Il bisogno di Dio è quindi strutturale in noi; la comunione con lui costituisce il contenuto oggettivo di quello che noi chiamiamo felicità!

E' su questo riferimento oggettivo che si pone il giudizio di buono e cattivo, è rispetto a questo destino, a questa chiamata o vocazione, che viene misurata la moralità o meno di ogni nostro gesto che riguarda la vita. Uno potrà dire che non ci sta, che non gli piace; ma è il dato di fatto; come del bambino che necessariamente è fatto e strutturato ad immagine dell'umanità dei suoi genitori.”

Il "discorso parabolico" di Gesù, che consiste nelle sette parabole che Matteo raggruppa nel cap. 13, si conclude con le tre parabole odierne (Vangelo) del tesoro, perla e rete. Il tesoro e la perla si ricollegano idealmente alle parabole (anteriori) del seminatore, del granellino di senapa e del lievito; mentre la zizzania e la rete hanno una dinamica simile tra di loro. Le sette immagini sono vie didattiche, usate da Gesù per introdurre i suoi discepoli nella comprensione della realtà misteriosa del Regno di Dio, o Regno dei cieli. Tutte e sette inducono ad una scelta di valore: il discepolo deve optare e il centro/oggetto di tale opzione è Gesù stesso, il quale è la pienezza del Regno. Egli è il seme buono, la Parola che il Padre semina nel campo del mondo e che ha la capacità di trasformarlo dal di dentro, con la forza intrinseca del granellino di senapa e del pizzico di lievito; Egli è il tesoro nascosto e la perla preziosa da ricercare e da preferire a qualsiasi altro valore, facendo spazio a Lui, e solo a Lui, superando così il pericolo di essere buttati via come la zizzania e i pesci cattivi (cf. v. 48)

Giovanni Crisostomo commenta così questo brano evangelico: "Con queste due parabole noi apprendiamo non solo che è necessario spogliarci di tutte le altre cose per abbracciare il Vangelo, ma che dobbiamo fare questo con gioia. Chi rinunzia a quanto possiede, deve essere persuaso che questo è un affare, non una perdita... Coloro infatti che possiedono il Vangelo sanno di essere ricchi".

Eremo Via vado di sole, L'Aquila, lunedì 25 luglio 2011


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