LINEA DI CONFINE : “Infanzia” ,un’invenzione dell’Ottocento
Anche se negli Usa sono sempre più numerose le associazioni di genitori che chiedono la fine dei concorsi di bellezza infantili, in cui pupette fra i tre e i sette anni gareggiano in tenuta e con gesti da vamp, Ciò non basta a farci sperare che i nostri bambini ritorneranno ... bambini.
In tutti i paesi occidentali il bambino è ormai, sempre più spesso, un adulto rimpicciolito, che si ritrova protagonista di un immenso catalogo di beni di consumo costruito attorno a lui.
Dispone di un abbigliamento super specializzato, gadget elettronici, telefonini, micromotorini, un'alimentazione mirata e sofìsticatissima, per non parlare naturalmente di quelle che in Italia si chiamano "attività" (corsi di sport dedicati, lingue, vacanze intelligenti, ecc.), che rendono l'agenda del piccolo minorenne più fitta di quella di un cardiochirurgo.
Il bambino occidentale moderno così profilato ha cancellato i limiti di una conquista: quella che, piuttosto di recente, lo portò a esistere. Il bambino come soggetto a sé nacque infatti solo verso la metà dell'Ottocento, con lo sviluppo di alcune discipline specializzate che gli conferirono legittimità e profilo: la psicologia dell'infanzia la pediatria e la pedagogia nel senso moderno. A ciò va aggiunto l'effetto delle lotte socialiste e umanitarie, nelle quali la salvaguardia e lo sviluppo del bambino erano traguardi primari, e delle rivendicazioni che per decenni si sono fatte attorno al piccolo sfruttato e violato, come quello descritto da Dickens in Oliver Twist e da Verga in Rosso Malpelo (Un bellissimo libro di Philippe Ariès, Genitori e figli. Storia dell'infanzia,
del 1960, ricostruisce questa storia con magnifici quadri narrativi).
Fino ad allora, il bambino non era che un essere umano di piccola taglia e di ridotta forza fisica, non privo d'altronde di malvagità. Come conseguenza di quest'immagine, il lavoro infantile in Europa è stato praticato in occidente fino a epoca moderna (ed esiste ancora in mezzomondo): i bambini si nutrivano come gli adulti (alcool compreso); la violenza fisica era ingrediente usuale della punizione, anche nella scuola (Cinema e letteratura raccontano tutti i dettagli di queste storie:
da Pinocchio, che.dà un'idea eloquente dell'immagine dell'infanzia in pieno Ottocento italiano; al film di Lindsay Anderson, 1968, che racconta della violenza pedagogica nelle scuole inglesi; al Signore delle mosche di William Golding, che mette in scena la crudeltà infantìle diventata sistema politico). Solo le classi ricche riconoscevano una differenza tra adulti e bambini, anche sedi questi ultimi i genitori non si davano alcun pensiero: il bambino di famiglia facoltosa, affidato a una balia sin dalla nascita, incontrava solo tardi e occasionalmente la madre vera .
Questo processo di "creazione del bambino" ha la sua acme tra gli anni Sessanta e Ottanta del Novecento. La psicologia dello sviluppo e dell' educazione (Dewey, Piaget e Bruner in testa), le teologie della liberazione, il montessorismo con le pedagogie aperte, la pediatria "liberale" (alla Benjamin Spock; qualcuno si ricorda di lui?) e naturalmente, la psicoanalisi lo hanno posto via via al centro della scena come soggetto autonomo, da trattare non come un adulto in scala ridotta ma come un individuo con proprie dinamiche, forme di intelligenza, emotività, sofferenze e diritti. Non tutto è tranquillità e gioia, però,nel bambino à la moderne: Freud, che inventò la formula inquietante "il bambino è il padre dell'uomo", mise ripetutamente in luce "il suo narcisismo, la sua autosufficienza e inaccessibilità", simili a quelle di "alcune bestie" .
Nondimeno, la creazione moderna del bambino è un' eccezionale conquista, che ha prodotto come risultato un atteggiamento generale di "culto del bambino". Gli effetti di questo si sono poi poderosamente proiettati sulla vita quotidiana e soprattutto sulla scuola. In tutto l'Occidente evoluto non c'è oggi alcun sistema di educazione che non dichiari di avere al centro il bambino coi suoi desideri, le sue aspirazioni, la sua' ìntelligenza e il suo "vissuto".
Ma, come molte conquiste, anche questa si può declinare in pericolo. Il primo di questi, più generale, è che non c'è scuola che sia più psicologizzata di quella occidentale (l'italiana in testa): in nome della libertà . (motoria, intellettuale, volitiva ... ) del bambino si possono
sacrificare e posporre anche il rigore, l'ordine e il rispetto degli altri. Ciascuno di noi sa citare esempi in contrario, naturalmente, ma lo spirito istituzionale dell' educazione si può spesso sintetizzare in motti del tipo di "nulla va opposto alla libertà del bambino". Il secondo effetto critico è il trasformarsi della coppia famiglia-bambino in una sorta di destabilizzante alleanza anti- istituzione. Le famiglie sono infatti spesso le più aggressive controparti della scuola, e non sempre si battono in nome della qualità del risultato: per lo più la loro causa e la granitica difesa della libertà del (proprio) bambino anche contro l'istituzione e i suoi propositi.
È su questo terreno che è cresciuta la figura attuale del “ bambino globale", in cui il tratto più inquietante è l'emulazione anticipata e sfrontata dell'adulto: consumismo affluente, polemica contrapposizione ai grandi (che può arrivare al dileggio degli adulti e degli anziani), relativa indifferenza al bene comune, anticipazione generalizzata (nei ragazzi) delle prime esperienze sessuali e della droga, spostamento dell'attenzione dalla scuola verso il mondo esterno, e così via, con effetti che si accentuano nella fase successiva, quando il "bambino" diventa un "giovane". José Ortega y Gasset additava i primi indizi di questo processo già negli anni Venti (in La rebelion de Las masas), e a partire da un paese allora arretratissimo come la Spagna: «Nelle generazioni precedenti - scriveva -la gioventù viveva preoccupata dalla maturità. Ammirava i grandi, da loro riceveva le norme, aspettava la loro approvazione e temeva la loro ira. [ ... ) Oggi la gioventù pare padrona indiscutibile della situazione e tutti i suoi movimenti sono saturi di dominio». Se questi erano i prodromi, oggi il fenomeno è alle stelle e in un certo senso ripete, su un altro asse, quel che succedeva prima della modernità: dapprima il bambino era un piccolo adulto da sfruttare,ora è tornato ad essere un. piccolo adulto, ma protagonista, consumista e egocentrico(con l'aiuto dei genitori).
In altre parole, l' epoca incui il bambino occidentale era davvero un bambino è durata appena dagli anni Settanta alla fine del ventesimo secolo, poco più di un lampo ... Tra le tante"riforme impossibili" che si potrebbero studiare per il futuro prossimo (specialmente da parte delle sinistre) andrebbe messa anche quella di rifare del nostro bambino un bambino, e di tornare a salvarlo dal terribile modello in cui è stato cacciato .
Raffaele Simone Il culto del bambino La Repubblica 3 agosto 2011
Eremo Via vado di sole , L'Aquila, 5 settembre 2011
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