Cos’è per voi la seduzione?
Partendo dall’origine etimologica del termine, proviamo a descriverla.
“Seduzione” è uno dei termini e dei concetti più ambigui che l’uomo abbia coniato.
L’etimo (se, prefisso separativo + dùcere, in italiano: condurre) riporta a traviare, condurre separatamente, ovvero condurre separando.
Chi seduce separa il sedotto da qualcuno e qualcosa a cui è solitamente collegato, oppure da se stesso, dalla sua stessa sfera volontaria, dal suo percorso naturale, in un’estenuante sfida tra inconscio e conscio.
La prima accezione lo riferisce all’etica e solo successivamente il termine acquista la connotazione erotica che lo caratterizza, in senso stretto e in senso lato, e lo lega piuttosto alla dimensione estetica.
Ci seduce chi ci porta fuori dalla nostra strada, e nel farlo vince le nostre resistenze. Ci seduce chi ci porta allo straniamento e, in un certo senso, ci contamina col suo carisma. Ci seduce chi ci cattura, ci invischia e ci rende preda.
In un certo senso la vita è frutto di seduzione, perché un atto di seduzione ha indotto i nostri genitori all’amplesso da cui nasciamo, perché uno degli spermatozoi ha sedotto l’uovo, perché il serpente ha sedotto Eva…
Gianfranco Casalis in LA SEDUZIONE NELLA DIMENSIONE D'AMORE scrive
Il concetto di seduzione si è modificato nel corso degli anni, ma è sempre stato presente in ogni forma dell’esistenza umana. Gli esseri umani si chiedono da dove venga la singolare e straordinaria capacità di certi uomini e donne di attirare gli altri e la storia dell’umanità è ricca di esempi che ci possono illuminare nella comprensione di tale fenomeno.
L’incontro di Ulisse con la maga Circe è l’incontro tra un eroe e una donna pericolosa “fatale”. Circe, con le sue arti magiche, ma soprattutto con il suo fascino di donna irresistibile e la sua bellezza disarmante, costituisce una serio pericolo per l’eroe greco, che uscirà indenne dall’incontro con la dea soltanto grazie all’intervento divino. Ulisse, dopo aver superato ostacoli d’ogni sorta ed essere sopravvissuto alle ire degli dèi, al cospetto di questa donna intrigante, trema ed esita perché sconvolto nel profondo del cuore.
La principessa Salomè, personaggio biblico legato alla vicenda della morte di Giovanni il Battista, rappresenta l’archetipo della danzatrice ammaliatrice e seducente per eccellenza che con la sua danza sinuosa strega chi si trova di fronte fino al punto di soggiogarlo totalmente al suo volere. Siamo dunque di fronte ad una nuova figura di donna terribile e incontrollabile, che soggioga l’uomo servendosi della seduzione e riducendolo in uno stato di languore senza via d’uscita.
Durante il periodo medioevale l’Amore Sacro prevaleva sull’Amore Profano e la seduzione trovava poco spazio per potersi esprimere. E’ noto come l’innamorato di quel periodo non doveva cedere ai sensi, ma rispettare viceversa un amore puro e spirituale. Nel corso dell’Alto Medioevo il trionfante ideale monastico instaurava un legame tra carne e peccato e contrapponendo il corpo all’anima ne predicava la mortificazione. Fu soprattutto la figura femminile a farne le spese.
La religione cristiana identificava la seduzione con Satana. Il demonio è stato considerato il grande seduttore che ci fa deviare, ci dirotta, ma il mito satanico ci ha consentito di creare la nostra storia. Il verbo sedurre, infatti, ha preso il significato di indurre in errore, deviare e la figura satanica è diventata il simbolo della seduzione. Il Cristianesimo, infatti, rinforzò quella tradizione misogina gia presente nella cultura giudaica e greco-romana.
Nel Medioevo il peccato originale, un peccato soprattutto d’orgoglio, si trasforma in un peccato sessuale e la femmina e il corpo, da Eva alle streghe, diventano luoghi diabolici che incarnano il male. Il clero considerava l’amore una passione che allontana l’uomo dalla religione, alla stregua di una malattia dei sensi che turba l’anima.
Nel corso del XII secolo qualcosa comincia a cambiare e nasce l’idea dell’amor cortese che porta con se un concetto positivo dell’amore. In questo periodo il desiderio e la passione erotica non sono negati e la donna viene considerata un essere superiore con pieni poteri sulla persona amata. A quest’ideale della donna angelica dello Stil Novo si oppone una nuova visione, legata alla poesia Comica che vede l’amore carnale fonte di continui litigi e scontri. La donna viene descritta come lussuriosa, avida e traditrice, capace soltanto di affermazione sensuale e sopraffazione e il tema misogino di chi prova avversione e disprezzo per le donne riaffiora nell’immagine della donna astuta e infedele. Nel Cinquecento il nuovo modello del comportamento femminile è imposto dai costumi di corte e la donna non è soltanto la madre di famiglia, ma esce dal privato familiare o dalla relazione esclusiva con l’amante per mostrarsi in un ruolo pubblico. In questo periodo nasce la figura della cortigiana, una nuova figura della donna del rinascimento che per tutto il XVI secolo la vede ottenere un riconoscimento sociale. La cortigiana, come la gentildonna di corte deve essere istruita nella propria arte e le due figure femminili hanno in comune l’idea della vita sociale come arte dell’inganno e della finzione. La prostituzione diventa per la cortigiana l’arte di simulare e dissimulare, vale a dire l’arte dell’inganno.
Bisogna arrivare al periodo del romanticismo e del decadentismo per accorgersi di come il sesso abbia un ruolo centrale nelle opere di fantasia in cui si alimentano il sentimento del sublime e l’immagine della donna fatale come elementi spesso intimamente legati. Dietro la figura della donna fatale si nasconde però la paura di se stessi, la rottura tra natura e progresso, la contestazione, la rivolta della ciclicità della natura e di tutto ciò che è atavico, ancestrale contro il mondo votato al progresso, privo di sentimenti. La donna fatale diventa allora l’espressione della Natura che crea e distrugge e che nasconde il fantasma di una Gran Madre potente e primordiale che seduce e annienta.
Soltanto nel settecento la seduzione perde il suo significato negativo è comincia a suscitare grande interesse. Infatti, il settecento è considerato il periodo dei grandi seduttori, come il Casanova che ricercava soltanto il piacere dei sensi e il più indifferente e cinico Don Giovanni, lanciato verso il trionfo, la conquista sociale e l’esibizionismo.
Con Baudelaire la donna fatale si trasforma in donna vampiro ed emerge la paura d’essere succubi della donna, la paura del piacere mascherata dal disprezzo. L’individuo che desidera diventa uno schiavo consapevole privo di volontà e fagocitato da una degradante sensualità all’interno del rapporto donna-peccato ed è proprio in questo contesto che trovano spazio temi come l’attrazione per la sessualità selvaggia, la bruttezza eccitante e l’amore saffico.
Verso la fine dell’Ottocento la calunnia e denigrazione delle donne considerate poco più che strumenti per fare figli condannava l’identità femminile e favoriva di fatto la “mascolinità” e la sessualità femminile veniva considerata come la fonte di degenerazione e rovina sociale. Agli inizi del Novecento le scienze mediche e biologiche erano tese a dimostrare che la natura aveva dotato le donne di un istinto di base che le rendeva predatrici e streghe distruttrici. Sotto l’apparenza angelica della donna si agitava l’insaziabile carne di una peccatrice mossa da un istinto inconscio profondamente radicato nella primitiva mente femminile.
Le scoperte biologiche del primo periodo del Novecento appesantirono la cultura occidentale di un erotismo morboso incentrato sulle immagini della donna vista come vampiro. Nel periodo del decadentismo la donna viene vissuta come dominatrice accompagnata da un uomo masochista e sottomesso. Il maschio dimentico del modo “virile” d’agire è reso impotente da una figura femminile che annienta attraverso i suoi abbracci e le sue carezze che non rispetta più la tradizionale divisione dei ruoli e assume l’iniziativa sessuale. L’Opera di Gabriele D’Annunzio che si muove all’interno di correnti romantiche e decadenti fornisce la migliore immagine del tipo della “donna fatale”, della sua sopraffazione e crudeltà. L’Opera Dannunziana è ricca di personaggi femminili sensuali, crudeli e corrotti che spesso sono anche vittime della follia come delle malattie e della demenza. D’Annunzio ripropone la seduzione in termini di conquista.
Verso la fine del secolo il pittore austriaco Klimt dipinge figure femminili dominatrici, peccatrici, seduttrici all’interno di un contesto sociale in cui non vengono più derise spietatamente, ma venerate come dee di una nuova e più libera cultura prigioniera delle sue grandi passioni, in un’Europa che cambia volto. Per Klimt la donna è la personificazione sia della tentazione sia della poesia che spinge al trionfo della seduzione artistica sulla seduzione carnale.
La psicoanalisi considera invece la seduzione come un’illusione che nasconde un bisogno taciuto, sottinteso creato dalla propria immaginazione al cui fascino è difficile sottrarsi. Nell’epoca attuale il passato con i suoi sentimentalismi viene respinto e l’idea del peccato scompare sostituita dal concetto che il sesso è la donna sono la stessa cosa. La parte razionale, intellettuale prevale su quella dell’anima e compare l’inquietudine e l’arte abbandona la natura e la simbologia ispiratrice del femminile. La donna non suggerisce, non ispira più come un tempo e nell’ottica maschile la donna per essere conquistata deve essere spesso maltrattata.
Dal punto di vista psicologico la seduzione ci consente di capire aspetti della nostra personalità che sarebbero vissuti nell’ombra e mai sperimentati. Il momento della seduzione si colloca all’interno di una dimensione magica. E’ qualcosa che accade in modo impensato, inaspettato, la cui caratteristica fondamentale è il mistero, l’arcano e il segreto. La seduzione sembra illuminare la nostra esistenza con una nuova luce. Nella dimensione seduttiva si crea una condizione emotiva, passionale in cui nulla è certo e ciò che sta accadendo non può essere codificato da regole conosciute, una dimensione d’amore in cui l’altra persona viene vissuta come un contenitore nel quale si può collocare il nostro mondo interno, il nostro segreto, le parti di noi che ancora non conosciamo e che proprio quella persona in qualche modo sta attivando in noi stessi ed è per questo che è così importante, ci attrae e ci affascina.
Nella seduzione, l’individuo che seduce rinuncia alla relazione profonda per i propri fini egoistici in quanto non riconosce l’altro se non come qualcosa che deve essere a sua disposizione, legato a se, manipolato e dominato. Il seduttore non vuole accettare la separazione dall’altro inteso come individuo e lo ambisce come un oggetto del suo desiderio senza tener conto di ciò che può desiderare l’altro. E’ un modo di non accettazione della realtà in quanto l’essere umano adulto dovrebbe essere consapevole di sperimentare continuamente la separazione da ciò che ama e accettare che ciò che ama non sarà mai completamente suo. La difficoltà sta proprio nel riconoscere e accettare la fondamentale e strutturale solitudine anche in quelle situazioni che sembrano allontanarla e scongiurarla. L’essere umano dovrebbe capire che il nostro desiderio ha a che fare principalmente con la nostra immaginazione e che per accettare la mancanza dell’altro dobbiamo averlo potuto interiorizzare. La seduzione si costruisce sull’illusione che si incarna in un’immagine. Le illusioni, le apparenze sono i sostegni della nostra esistenza e spesso ci imbrogliamo, ci tradiamo su quello che facciamo, sull’importanza che pensiamo d’avere nel mondo, sull’amore che viviamo per riuscire a sopravvivere. Non credo ci sia nulla di sbagliato in tutto questo poiché è un comportamento comune a tutti gli esseri umani che attiene ai sentimenti, ma il non apprendere dall’esperienza in cui le illusioni ci trascinano spesso può essere dannoso per il nostro benessere.
Nella seduzione l’altro non è mai un soggetto ma un oggetto in quanto rinuncia alla propria soggettività per diventare un oggetto fantasmatico, creato dalla fantasia. Tuttavia, la seduzione è importante perché svolge un ruolo di trasformazione e di conoscenza poiché ci spinge a esplorare e lavorare sull’apparenza e a fare i conti con la nostra soggettività, col nostro mondo interno, dal punto di vista della conoscenza. In altre parole nella seduzione noi possiamo diventare più consapevoli della nostra soggettività, del nostro agire personale, di quella soggettività che ha creato, nella relazione con chi abbiamo di fronte, la divinità, l’idolo che adoriamo e che nella realtà non esiste se non nella forma che il nostro mondo interno gli ha conferito sotto la spinta dei nostri bisogni. I nostri bisogni creano l’illusione attraverso la quale essi possono o credono di potersi esprimere. L’individuo che ci affascina può diventare allora elemento trasformativo e conoscitivo poiché ci mette in contatto con questi bisogni profondi che creano la necessità di venerare chi abbiamo di fronte, di sopravvalutarlo e che se non soddisfatti e compresi consumano, logorano parte della nostra energia vitale. La seduzione attiva in modo prepotente quelle parti nascoste della nostra personalità, le parti che non sono mai messe in luce e di cui spesso ci vergogniamo. La dimensione della seduzione ci mette con le spalle al muro, in una situazione in cui non abbiamo alcuna possibilità di difesa, se non facendo appello alla nostra totalità psicologica di cui non abbiamo mai sospettato l’esistenza. L’inganno della persona che ci seduce, inganno in quanto tale persona non è mai come la vediamo, diventa possibilità di consapevolezza, trasformazione e verità.
Credo l’illusione sia un bisogno strutturale, innato dell’essere umano poiché soltanto attraverso gli errori possiamo andare incontro a ciò che chiamiamo “verità”. E’ la nostra individualità psichica che crea la realtà dell’amore. La sessualità stessa trova il suo significato nella seduzione poiché anche in questo caso siamo noi a crearci l’immagine della persona che ci attrae. La seduzione, nella dimensione sessuale, va oltre il gioco complesso di segnali e risposte biologiche in quanto nell’essere umano la sessualità si lega a quella fonte immaginativa interna che prevarica e va oltre gli elementi organici. La seduzione è come una rivincita dell’anima sulla materia, sul meramente corporeo. La dimensione seduttiva ci offre la libertà di perderci, poiché quando ci struggiamo dietro ad una persona mettiamo in gioco la nostra esistenza per possederla, spesso facendo anche le cose peggiori e anche se siamo perduti per un certo modello di realtà abbiamo la possibilità di attingere alla conoscenza di noi stessi. Ciò che ci seduce non è mai l’altro fuori da noi ma è l’altro sul quale noi proiettiamo l’immagine interna di cui siamo portatori e che ospita il significato della nostra esistenza. L’altro diventa ciò che noi vogliamo amare e conoscere di noi stessi.
Eremo Via vado di sole, L'Aquila, martedì 20 settembre 2011
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