OFFICINA : Dialoghi. La grande storia e il suo motore
Il “cuore antico del futuro “ è la Grande Storia in cui,in realtà c’è la “piccola storia”, quella degli uomini normali, dei cuori e dei sentimenti, dei cervelli e delle braccia che fanno la storia di un popolo:quello svolgersi della quotidianità,interpretata a volte dai capi e dai gregari ( come per esempio nella storia di Roma) che forma la trama di una grande avventura di vita e di civiltà.
La narrazione per iscritto a volte non rende pienamente il valore di questa storia che forse il cinema, con la sua spettacolarizzazione ,ha portato nei nostri occhi ,nella mente e , perché no, nel cuore dei contemporanei del XX° secolo .
Walter Benjamin da un consiglio agli storici, ossia di ignorare quello che è avvenuto dopo l’accadimento dei fatti , di ignorare i legami storicistici per fare la storia. Fare la storia dunque .
La ruota della storia, spinta dalle scienze e dalla tecnologia,gira sempre più veloce , specialmente nel XX° secolo .Ma qual è e dove sta il motore della storia?
L’uomo nel corso dei secoli ha pensato e riflettuto “ la “ storia “sulla” storia elaborando e producendo opere come il De Civitate Dei di Sant’Agostino ,il Discours sur l’histoire di Bossuet e la Scienza nuova di Giamabattista Vico.Ognuno di loro ha visto il motore della storia in modo diverso e nuovo.
Agostino ,mentre crolla la potenza di Roma guarda al passato e trova un filo d’Arianna che giunge, attraverso il labirinto delle passioni umane e le contrastanti opinioni a indicare una finale vittoria del cristianesimo.
Bossuet avverte tra gli splendori della potenza del Re Sole i sintomi della scristianizzazione dell’Europa e mette in luce il carattere sacro della storia : quella antica tende al Cristo e quella nata da lui non può fare a meno del Cristo stesso.
Vico alle soglie dell’Illuminismo ,nel Settecento pagano e anticristiano mette a nudo le leggi della storia appellandosi ai principi religiosi che ne fanno una storia “ideale eterna,sopra la quale corrono in tempo le storie di tutte le nazioni ,nei loro sorgi menti ,progressi stati, decadenze e fini “.
Tre interpreti della vicenda umana che indagano tra il bene e il male della Storia
Sant’Agostino affronta il senso della storia prima del Cristo e in quello dopo di lui evidenzia la lotta tra la Città dell’uomo e la Città di Dio .Bossuet apre la riflessione sulla direzione delle vie dell’uomo sulla terra . Vico vuole ridurre a leggi e scienza il cammino dell’uomo.
Un cammino dal moto discontinuo e disarmonico su cui molto pesa la libera volontà dell’uomo stesso ma che diventa continuità ed ordine per opera della Provvidenza.
A Vico fa capo tutta la storiografia moderna. Se potessi scherzare direi che la “Scienza nuova “ è il risultato di una “craniata “ data sul selciato cadendo per le scale da parte del bambino Giambattista .Il cerusico, chiamato d’urgenza disse che sarebbe morto o che sarebbe restato rincitrullito per tutt la vita. Gli restò una certa malinconia e una salute malferma (forse anche il risultato di una infanzia trascorsa in estrema povertà ) che gli permise di maturare e costruire quel lento processo di riflessione esposto in “La Scienza nuova”.
E’ nell’Autobiografia,che il Vico più che indugiare n ei casi della sua vita espone “la lenta e prodigiosa evoluzione del suo pensiero “ scrivendola a più riprese tra il 1725 e il 1728 anno in cui fu pubblicata da Angelo Calogerà nella “Raccolta di opuscoli scientifici e filosofici” a Venezia presso Cristoforo Zane con il titolo“Vita di Giamabattista Vico scritta da sé medesimo” e una seconda parte il cui manoscritto fu pubblicato nel 1818 pur avendolo terminato nel 1731 come risulta dall’annotazione in calce “Terminato la vigilia di Sant’Agostino mio particolare protettore l’anno 1731.”
Vico ed Agostino .Un lungo cammino è stato fatto nei 2200 anni che separano Vico da Tucidide che insieme ad Erodoto può essere ritenuto il “padre della Storia” L’opera di Tucidide resta una base straordinariamente precoce di una riflessione sulla vicenda umana che sicuramente senza Tucidide sarebbe meno matura di quanto invece è.
Per Tucidide il motore della storia è la “naturalità del potere e l’eterna reversibilità delle parti”.
Infatti Tucidide scrive nella sua opera “La guerra del Peloponneso “ “per quanto riguarda gli avvenimenti accaduti nel corso della guerra ,ho ritenuto opportuno raccontarli non sulla base d’informazioni prese dal primo venuto, né secondo la mia personale opinione ,ma o vi ho assistito personalmente , o nel caso in cui li ho appresi da altri, li ho esaminati uno per uno con la maggiore diligenza possibile”.
Egli si spinge però oltre il dato storico fino a cercare di scoprire se e come gli eventi storici rivelino regolarità e ciclicità.
Scrive ancora Tucidide riassumendo il programma de “ La guerra del Peloponneso “ : “Forse la mancanza del favoloso renderà la narrazione meno piacevole agli ascoltatori ;mi basterà tuttavia ,che la giudichi utile chi vorrà conoscere con chiarezza la realtà dei fatti accaduti e di quelli simili o analoghi che in conformità alla natura dell’uomo,potranno accadere in futuro. La mia storia è un possesso perenne,non una rappresentazione destinata ad un uditorio del momento”
Tucidide guarda e studia razionalmente i motivi della guerra e della pace tra gli Stati adottando in questo suo studio un metodo a dir poco rivoluzionario per il suo tempo.
E’ la sua una ricerca che studia i motivi che hanno mosso le scelte degli uomini.
Per Tucidide il motore della storia è “ la forza” Infatti Sparta che aveva combattuto l’impero ateniese come fondato sulla violazione del diritto ,ossia sulla violenza, per cui era necessaria una guerra per restaurare in Grecia uno stato di diritto , una volta vinta la guerra non instaura uno stato diritto rivendicato realizzando una politica simile a quella di Atene
Per Tucidide la forza dunque prevale per natura,non il diritto.
Infatti scrive ancora Tucidide :” Riteniamo ( e se per il mondo degli dei si tratta di un’opinione, per quello degli uomini siamo di fronte ad una certezza ) che coloro che sono i più forti sono anche coloro che, in virtù di una legge naturale, sempre comandano “
E’ questo il problema del potere che analizzeremo ancora .
Alla base del potere per Tucidide c’ è una regola naturale e necessaria : “ Noi non siamo stati né i primi ad istituire questa legge, né i primi a farne uso una volta che fu stabilita : essa era valida prima del nostro avvento e lo sarà per sempre anche dopo di noi che la utilizziamo, ben sapendo che voi ed altri , se vi foste trovati nella nostra stessa situazione di potenza, vi sareste comportati allo stesso modo “ (Libro V 105,2)
I brani sono tratti dal libro primo de “La guerra nel Peloponneso di Tucidide
Tucidide vissuota tra il 460 e il 395 a.C. circa fu protagonista nella guerra del Peloponneso tra Atene e Sparta che sconvolse la Grecia per 27 anni tra il 431 e il 404 a.C. Nel 424-423 fu eletto stratega ( moderno comandante in capo ) e accusato di negligenza fu esiliato per 20 anni passati viaggiando e avvicinando popolazioni delle città sia neutrali che alleate di Sparta.
Rientrato in Atene scrisse delle sue esperienze .
Eremo Via vado di sole, L'Aquila, venerdì 2 settembre 2011
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