CONFINI : Filosofia e medicina
Il pregevole Filosofia della medicina curato da Alessandro Pagnini si situa decisamente in questa seconda tradizione, dato che intende offrire una panoramica assai ampia sui problemi fondamentali della filosofia. della medicina contemporanea, che coinvolgono non solo l'etica e il diritto, ma anche la metodologia e l'epistemologia.
Le questioni filosofiche principali sollevate dalla medicina sono infatti sia teoriche sia pratiche, come è messo in luce in modo chiaro nell'esauriente introduzione del curatore, che mette giustamente in discussione la trita differenza tra spiegare (attraverso leggi) e comprendere (il singolo caso clinico) come criterio di netta separazione tra scienze naturali e scienze umane, una separazione che l'esistenza stessa della medicina sembra confutare.
Ed è proprio a causa del fatto che la medicina è al tempo stesso scienza e sapere pratico che il suo statuto filosofico è così interessante. Se le questioni etico/pratiche sono facilmente intuibili (la medicina utilizza le conoscenze scientifiche subordinandole a uno scopo fondamentale, che è il benessere fisico-psichico del paziente) meno noti sono i problemi filosofici sollevati dalla medicina che invece possiedono una dimensione teorica.
Uno dei pregi di questo volume sta proprio nell'insistere su quest'ultima dimensione, che nella filosofia della medicina è altrettanto importante della prima, e che investe, per esempio, l'incerto confine tra salute e malattia e i modi per tracciarlo (saggi di Federspil-Giaretta-Oprandi, e Scandellari), la relazione tra i sintomi e i metodi più efficaci per generare ipotesi sulle loro cause (Benzi-Campaner) la natura della diagnosi clinica (Federspil), l'universalizzabilità di singoli casi clinici (Gabbani, Campaner-Cavanna), il molo imprescindibile (ma spesso trascurato) dela statistica nella diagnosi e nella decisione medica, caratterizzate da un'inevitabile margine di incertezza (Crupì-Festa), la centralità delle nozioni di funzione e buon funzionamento nelle scienze biomediche (Marraffa), nozioni che, rimandando al concetto di norma, sono cartine al tornasole per separare i viventi dai non viventi. È quindi interessante che le questioni che riguardano la bioetica (trattate da Magni e Massarenti), la responsabilità del medico (Pelliccioli e Rabitti) e la sua deontologia (Ricciardi), non dominano in modo inçontrastato tutto il volume, come spesso accade nei testi di filosofia della medicina, ma occupano solo l'ultima parte del libro (la quarta).
N ella prima parte troviamo invece riflessioni interessanti sia sullo statuto antologico della malattia, vista come «costrutto teorico» da Federspil-Gìaretta-Orlandi, sia sulla riducibilità della medicina alle scienze bio-psicologiche (Canali).
Poiché la salute psicofisica è di fatto correlata positivamente al grado di benessere e di sviluppo economico, ogni tentativo di ridurre le malattie alle loro componenti molecolari/genetiche è destinato a fallire, dato che ci fa dimenticare «l'importanza di fattori ambientali, le abitudini e gli stili di vita»'. Il saggio di Canali mette anche in luce il fatto che la medicina risente del mutare dei paradigmi biologici: il pensiero popolazionale, che di contro all' essenzìalismo sottolinea la storicità e l'unicità dei viventi, conduce naturalmente alla tesi che ogni malattia è un unicum, ovvero qualche cosa di irripetibile e variabile da individuo a individuo.
I successivi saggi di Festa-Crupi,Giaretta, e quello di Campaner-Cavanna, rispondono proprio alla sfida dell'unicità del caso clinico, mettendo in luce rispettivamente il ruolo delle inferenze e delle generalizzazioni nelle scienze biomediche, nonché la funzione essenziale degli esperimenti a doppio cieco nello smascherare "effetti placebo", spesso utilizzati per spiegare la presunta efficacia di farmaci non convenzionali (da questo punto di vista, forse un saggio esclusivamente dedicato alle questioni metodologiche sollevate dalle medicine alternative sarebbe stato opportuno).
Nella seconda sezione del libro troviamo saggi di Scandellari, di Federspil sul concetto di diagnosi e, di grande interesse, un saggio di Delvecchio e Cherubini sull'errore in medicina, visto anche come conseguenza di pregiudizi di natura cognitiva, ora al centro anche della filosofia dell'economia.
La terza parte, infine, affronta opportunamente e concretamente molti dei problemi sin qui menzionati partendo dal caso della malattia mentale, con saggi di Civita (sul concetto di malattia mentale), di Di Francesco e Meini sulle patologie della coscienza nelle loro interazioni con l'identità personale e di Aragona sulla storia della psichiatria moderna (quest'ultimo saggio, con quello di Canali, ha un taglio più storico). Il lettore può immaginare come il riduzionismo debba superare un test decisivo proprio trattando la malattia mentale.
In una parola, in questo testo non c'è solo, come scherzosamente afferma Pagnini, tutto quel che avremmo voluto sapere di filosofia della medicina ma non abbiamo mai osato chiede; in più, troviamo anche una conferma del fatto che la filosofia raggiunge i suoi migliori risultati quando si confronta con le singole scienze.
«Filosofia della medicina», a cura di Alessandro Pagnini, Carocci, Roma, pagg. 584, € 42,50 . Recensione di Mauro Dorato Pensare la salute e la malattia Il Sole 24 Ore 14 Novembre 2011
Eremo Via vado di sole, L'Aquila, sabato 17 marzo 2012
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