BLOGOSFERA :La sfida delle grandi potenze si combatte a colpi di "bit

Sono trascorsi neppure cinquant´anni dall´incubo del Dottore Stranamore nel 1964 e dell´olocausto nucleare o dal confronto a muso duro fra gli arsenali atomici di Usa e Urss attorno a Cuba, in quello stesso anno. Ma l´evoluzione della guerra, da macelleria sui fronti del 1914, ai bombardamenti sulle città della Seconda Guerra fino all´ultima grande operazione militare di massa nel 2003 con l´invasione dell´Iraq per deporre Saddam Hussein, si sta accelerando.

Non i milioni di soldati che discesero sulla penisola coreana negli anni ‘50, ma i miliardi di bit, appunto, e di circuiti integrati che oggi i cinesi fabbricano, e quindi copiano, sulle specifiche dei committenti americani, civili e militari.
La combinazione fra i costi ormai insostenibili, in vite umane e in tesoro pubblico, della guerra tradizionale e le possibilità aperte dalla tecnologia si sta rivelando inarrestabile. Al centro della revisione del bilancio americano per la Difesa, in corso in questi giorni a Washington fra il ministro Panetta e i generali dello Stato Maggiore del Pentagono c´è esattamente questo. Per disposizione diretta del "Comandante in Capo", del presidente Obama, anche l´apparato militare dovrà tagliare qualcosa da quei 650 miliardi di dollari che oggi spende, ma mentre divisioni e navi, panzer e cannoni ne soffriranno la sola voce che dovrà essere aumentata sarà quella della "cyberwar", della guerra dei computer, pensando ai russi, da sempre formidabili matematici e ingegneri, e ai cinese.

Ormai anche i ragazzini, che vivano in Indonesia o in Italia, in Argentina o in Giappone, sanno che chiunque metta in funzione un computer, usi un telefonino, utilizzi la Rete e i social network può essere, e di fatto è, controllato.

Controllare e "vedere" una quantità così mostruosa di informazioni è evidentemente oltre le possibilità umane, anche del servizio di intelligence più gigantesco. Ma oggi, nella guerra dei bit che sta spodestando le guerre dei reggimenti o le guerre "asimmetriche" fra grandi potenze e piccoli gruppi, non sono più i droni umani del Kgb o della Stasi alla maniera della "Vita degli altri". Sono computer che controllano altri computer, in una capacità praticamente infinita e sempre meno costosa di sorveglianza e di selezione. Già gli aerei senza pilota volano sui fronti della cosiddetta guerra al terrore, e si progettano pezzi di artiglieria semoventi, o navi da guerra, capaci di funzionare a distanza, senza presenza umana o con un minimo di equipaggio.
Ma la "future war" oltre le frontiere non più fantascientifiche della guerre dei robot e delle chip, prevede che alle bombe intelligenti, che tanti errori hanno commesso, resti saldamente affiancata la "intelligence delle bombe", la versione moderna dell´antica guerra delle spie, dei sabotatori. Sono gli uomini, le persone, anche le donne, come la seducente spia russa arrestata lo scorso anno dallo Fbi a New York o gli agenti come quelli che sono stati pilotati e addestrati dal Mossad in Iran per la serie di attentati e attacchi alle case e alle persone di tecnici e scienziati addetti al programma nucleare iraniano. Erano "sleeper agent", talpe, nella più classica tradizione dello spionaggio e del sabotaggio, resistenti locali del maquis anti-ayatollah. Un atto di terrorismo, o di contro terrorismo, secondo il punto di vista di chi lo organizza o di chi lo subisce e la dimostrazione che comunque il fattore umano non potrà mai essere eliminato, trasformando le guerra in asettiche versioni militari di video game Perché i computer non sanguinano. Gli essere umani, invece, sì.
Vittorio Zucconi La Repubblica 6 dicembre 2011

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