CONFINI : Imprese

Una parola che rende bene l’ossatura ideale del nostro lavoro è sconfinamento. Del resto, non è per vezzo che abbiamo deciso di definire la nostra rivista per l’appunto “giornale di sconfinamento”.
Sconfinare per noi significa superare le frontiere, scavalcare le specializzazioni e invadere lo spazio circostante senza riguardo per i limiti disciplinari. Tutto il mondo, ci pare, è dominato dallo sconfinamento: la letteratura sconfina nella politica che sconfina nella scienza che sconfina nella religione ecc. Cosi non si vede perché nostro modo di parlare del mondo e di essere nel mondo dovrebbe seguire una logica diversa.
In questa pagina ci sono tutte le nostre imprese di sconfinamento nel mondo materiale, “sulla strada”, fuori dalla rete e dalla carta.
1. Appello Pasolini (2006)
2. Tribù d’Italia (2009): 1, 2 e 3
3. Cammina cammina (2011): 1 e 2
4. Stella d’Italia (2012)

Antonio Moresco, all’interno dell’editoriale con cui si apriva il primo numero del giornale di sconfinamento (“La rigenerazione”, giugno 2007).
«Alcune persone, legate tra loro solo da liberi vincoli di comune passione, hanno pensato di dare vita a questa piccola rivista che cercherà di guardare il mondo da una prospettiva più ampia. Di cosa dovrebbe parlare una nuova rivista nata in questi anni, in una situazione simile? Di competenze specialistiche, estetiche, letterarie? Che apporto, che contributo possiamo dare? Dovremmo giocare la nostra presenza in relazione o in contrapposizione alle meschine confraternite e alle piccole mafie che intossicano anche il mondo della cultura nel nostro paese, né più né meno di quello politico, economico, sportivo…?
Nel Novecento, le riviste che sono nate via via, promosse da scrittori, intellettuali, pensatori, artisti, poeti… si muovevano nel gioco delle cosiddette poetiche, oppure cercavano interazioni con le strutture politiche di intervento. I loro promotori potevano ancora aggrapparsi a qualcuna delle cosiddette utopie e nutrire o fingere di nutrire l’illusione che fosse sufficiente il loro “impegno” per uno spostamento della configurazione politica e sociale della vita umana all’interno di queste strutture. Vedevano gli uomini attraverso la loro dimensione di volta in volta sociale, artistica, culturale. Per questo sceglievano per le loro riviste titoli che erano all’interno di questo tipo di lettura della vita e del mondo. Era tutto un fiorire di aggettivi come “nuovo”, “moderno”, ecc… Oppure si richiamavano agli spazi e alle pratiche di lavoro e di trasformazione e distribuzione della propria epoca: “laboratorio”, “officina”, “magazzino”…

A cosa servirebbe fare oggi l’ennesima rivista che non sia altro che l’espressione residuale di piccole specializzazioni all’interno di un tessuto politico e culturale depotenziato? Bisogna avere il coraggio di buttare il ferro a fondo, non limitarci a girare attorno alle cose ma affrontarle di petto. Cercheremo di fare una rivista così. E allora quale può essere la sua ragione, la sua dignità culturale e umana, quale il nostro contributo se non la presa d’atto, senza scorciatoie e senza consolazioni, della disperata situazione e del passaggio che sta di fronte non solo a noi, al nostro paese, ma anche alla nostra specie e alla sua parte scrivente e leggente? Facendola intendere, vedere, sentire in modo inequivocabile, tridimensionale, profondo, per rendere evidente che non c’è un’altra via d’uscita che l’invenzione di un contromovimento che non accetti di porsi in partenza dentro gli stessi limiti angusti, anche se è ancora tutto da inventare, da reinventare, e dove bisogna ripensare completamente i fini, le strutture, le forme, per riattivare capacità umane atrofizzate, i corpi e i percorsi psicofisici e mentali tenuti artificialmente separati. E incontrando, in questo percorso, chi oggi si è già reso conto di quanto sta succedendo davvero, a livello nazionale e internazionale, personale e di gruppo, e sta già dando il suo prezioso contributo di espressione, di riflessione, di documentazione e di lotta.


Sconfinamenti dunque per ricreare confini ? Non lo so . L’argomento è interessante e mi permetterò di riportare altri post della rivista segnalando qui il tema dell’ultimo numero : “ il dolore degli animali “ ovvero il dolore che abbiamo provocato e provochiamo negli animali.

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