ET TERRA MOTA EST : A che punto è la notte…
A lungo, troppo a lungo e con troppa sovrabbondanza caotica ho inserito in questi post la documentazione relativa al dopo terremoto di L’Aquila.
L’interesse personale era dettato dall’affanno angoscioso di guardare le cose , di conoscere di avvenimenti , di apprendere nella vana speranza di riuscire a sedare quel forte dolore che tutto a volte stratifica . Riuscire a sedare con l’illusione di riuscire a controllare.
Di riuscire a partecipare , ad inserirsi per controllare quei processi di cambiamento che vedono tutto il problema della ricostruzione sotto un duplice aspetto. Quella della ricostruzione materiale della città e quello della ricostruzione del cittadino e del tessuto sociale di cui è parte fondante.
Ogni notizia, ogni accadimento, ogni iniziativa, ogni idea ha trovato spazio in questo “canovaccio della sopravvivenza” che almeno è servito a a farmi sentire vivo insieme a quelle persone che portavano quelle idee, erano protagoniste di quelle iniziative e condividevano con me analisi e riflessioni. Si vedano i numerosi blog i cui post ho spesso ospitato o condiviso.
Siamo così giunti sfibrati, malconci , dolenti, incazzati , esautorati a 1145 giorni dal terremoto. Dunque 1145 albe e tramonti, 27 mila ore, migliaia di chilometri percorsi con le nostre macchinine da una town ad un’altra da un alloggio del piano case ad un centro commerciale., migliaia di caffè bevuti, centinaia di imprecazioni .
E la ricostruzione? La ricostruzione attende ! Come ? Che attende ? Non si sa. Dico volutamente non si sa perché io lo so. “Non si sa “ ( forma impersonale di quello che purtroppo personalmente e a proprie spese si sa molto bene ),scrivo non si sa per mettere l’accento sul lungo scaricabile tra un commissario e l’altro, tra un ‘autorità e l’altra, tra una istituzione e l’altra.
So dunque che è ora di fare una riflessione un po’ più compiuta da parte di tutti . Specialmente dopo le recenti elezioni amministrative che hanno riconfermato , per bocca del sindaco, una continuità. Una continuità di che?
Una riflessione che però non può occupare all’infinito questi nostri post e i blog che parlano del dopo terremoto. Una riflessione che dica subito presto e bene qual è il punto della situazione, dove stanno le responsabilità se ci sono, qual è il percorso che è stato seguito fino ad oggi e che cosa occorre fare.
Questo è un invito, un appello perche io non posso soddisfare a tutte queste condizioni in questo breve scritto e del resto rimarrebbe sempre e solo la mia opinione.E sarebbe inutile.
Per esempio viene in evidenza, ma è la mia opinione, che quel poco di ricostruzione che c’ è stata è stata mediatica.
Mediatica. Solo sotto la luce dei riflettori e davanti ai diaframma degli obiettivi L’Aquila ha visto avviarsi un processo. Ogni volta che si spengono le luci tutto si ferma. Anche il confronto elettorale è stato solo mediatico e il cambiamento invocato forse anche quello mediatico.
Ricostruzione. Quale ricostruzione dunque? Decisa da chi e in che modo. Sicura fino a quale percentuale. Decisa forse dalla struttura della protezione civile ( pure meritevolissima per il suo compito : aiutare immediamente la gente ma solo immediatamente )che con le ordinanze governative ha esautorato gli enti locali che si sono fatti esautorare imprimendo al processo di ricostruzione non solo modalità ma esisti intermedi rispondenti solo ad alcuni bisogni degli aquilani e consegnando non all’ente locale la prosecuzione del lavoro bensì ad un intermediario : il commissario. . . Una ricostruzione che sarà decisa e guidata da un’amministrazione eletta da appena il 40 per cento degli aquilani. ( ma gli aquilani dove sono ). O piano della ricostruzione adottato dall’amministrazione e pagata a consulenti che si scopre, leggendo quanto ne dice uno dei candidati sindaci della città Giorgio De Matteis , ricalcata su uno studio di una università sulla città di Firenze, adottata e mai approvata. .
Il finto singhiozzo mediatico ha coperto il singhiozzo vero di chi ha pianto e continua a piangere i suoi morti , la perdita di una casa , del suo ambiente , della frequentazione delle amicizie , della pace e della serenità. Ovvero la perdita di se stesso. Di sé stesso se è vero, come ho letto, che anziani alloggiati nei progetti casi davanti ad un questionario che chiedeva di indicare i loro fabbisogni e le priorità hanno saputo indicare solo la richiesta di panchine.
La vita per una panchina. E sì che quello invocava e proclamava shekespearianamente parlando : “ Il mio regno per un cavallo “
Con un pianto dunque inascoltato dalla brutalità delle istituzioni che come dicevo con un perverso gioco di ping pong si giocano la pallina della ricostruzione gettandola spesso , troppo spesso , fuori campo.
Un comportamento che fa pensare, per completare il discorso e chiudere la riflessione ( finora solo ricostruzione mediatica ) anche alla instaurazione in questa città di una democrazia mediatica .
Dunque non è questo lo spazio per affrontare più a fondo e più a lungo tutti gli aspetti della
Ricostruzione e , ahimè, della mancata o lenta ricostruzione fino ad oggi . E’ solo un accenno. Dunque per i prossimi sei mesi tacerò su questi post e non pubblicherò più notizie e post sul dopo terremoto. Se l’invito a fare il punto della situazione sarà raccolto metterò insieme quelle analisi e quelle voci in una specie di breviario individuale e tenterò di restituirlo ma non prima di mesi.
Invece miei post occuperanno un altro spazio quello dell’anima dove ogni cosa si sublima e anche il discorso del dopo terremoto passa in secondo piano perché il vero punto della situazione , dopo il terremoto, è resistere e sopravvivere anche a causa di una ricostruzione lenta e pregiudizievole .
Sarà dunque una lunga ricerca sull’antropologia del dopo terremoto e di come l’adattamento abbia iniziato a fare il suo lavoro che appunto ha aspetti positivi e negativi che probabilmente non sono in equilibrio sui piatti della bilancia.
Un resistere e un sopravvivere che hanno bisogno si della ricostruzione ma come si vede , stando la ricostruzione al punto in cui è , hanno bisogno di ben altre cose che ognuno ha trovato dentro di sé, nei suoi ricordi , nei suoi affetti , nel suo vivere comune e quotidiano. E un aiuto verrà dalla poesia, del quotidiano, quella che salva la vita e non è candidata a nessun premio letterario.
Alla faccia di chi sta facendo del dopo terremoto un business, una ricerca smodata di potere ,un lungo rosario di comportamenti inadeguati quanto non truffaldini, spocchiosi , insomma sta usando il terremoto per sé appropriandosi del dolore .Alla faccia di chi non sae non vuole occuparsi , anche mediaticamente parlando , dell’individuo, della persona unica e irrepetibile in se stessa e per se stessa.
Per non dire poi su che bocche e in che mani è finita per esempio la problematica delle prervisioni del terremoto e della rappresentazione delle problematiche della ricostruzione sempre parlando da punto di vista mediatico.
Dunque stop per quello che mi riguarda su questo argomento per sconfiggere il rumore di fondo che tutto copre e far emergere il vero urlo . A che punto è dunque la notte ….?
Eremo Via vado di sole, L’Aquila sabato 2 giugno 2012
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