SILLABARI : Debito /Recessione
Debito

Il debito è più antico dell'economia di mercato, ha origini precapitalistiche, la sua importanza
supera
la sfera dell' economia. Se ne occupano tutte le religioni, il
cristianesimo a lungo ha vietato l'usura, l'islam proibisce il tasso
d'interesse. C'è una dimensione morale nel" dovere" del debitore, e
nella "fiducia" che anima il creditore. Lo spezzarsi di questa relazione
biunivoca, di questa simbiosi, è una delle cause d'instabilità della
finanza contemporanea.
Il debito è essenziale per" oliare" le
economie: le imprese non potrebbero investire e svilupparsi senza la
leva del finanziamento esterno; gli Stati dovrebbero rinunciare a molte
spese sociali senza la possibilità di prendere in prestito.

Ma
a partire dagli anni Settanta in Occidente è cominciato un turbine di
liberalizzazioni e innovazioni tecnologiche che hanno spinto alla
"disintermediazione". Il classico rapporto di debito che legava il
cliente alla banca è stato progressivamente aggirato; i debiti sono
diventati rapporti astratti, consegnati all'universo dei titoli
("cartolarizzati"), venduti sui mercati a una miriade di investitori
anonimi, trattati quotidianamente nelle Borse sottoforma di
obbligazioni. Una volta "l'obbligo" di restituzione del capitale più gli
interessi generava la relazione stretta fra il debitore e il banchiere;
oggi "l' obbligazione" è un' entità che può cambiare proprietario,
valore e rendimento migliaia di volte al giorno sui mercati globali. Se
una volta era il banchiere a rischiare, nel caso il debitore si
rivelasse insolvente, oggi il rischio d'insolvenza si sparpaglia sui
"mercati", pervade l'economia intera, perché attraverso i nostri
risparmi investiti in titoli siamo tutti creditori, esposti a .
debitori anonimi, sconosciuti.

Un'altra
caratteristica del debito invece è rimasta valida. Il debito è un
valore fisso stabilito da un contratto. Se tutti gli altri valori
scendono questo non implica che debba scendere il debito. Se una
recessione fa calare il valore delle abitazioni, questo non incide sul
valore del mutuo che resta fisso. Se le aziende vanno male e riducono
gli stipendi, questo non induce il valore del prestito che un dìpendente
ha contratto per comprarsi l'auto. Se la recessione riduce le entrate
fiscali, non per questo si riduce l'ammontare dei Bot e Btp. La
trappola della deflazione è questa: se l'economia s'impoverisce, il peso
assoluto dei debiti già accumulati aumenta in proporzione. Di qui
l'allarme attuale: senza crescita, rimborsare i debiti può diventare
quasi impossibile.
(Federico Rampini )
Recessione

Recessione
è una brutta parola. Brutta esteticamente come tutte quelle inventate
dagli economisti alle quali i dizionari più intransigenti negano
l'accesso. Brutta soprattutto perchè evoca guai-seri. Quelli che si
traducono in contrazione di redditi e disoccupazione. Recessione
economica - recita. Wikipèdia;" è una condizione macroeconomica
caratterizzata da un livello di attività produttiva.più bassa di quello
che si potrebbe ottenere usando completamente e in maniera efficiente
tutti i fattori produttivi a disposizione. Insomma non si produce quanto
è possibile. Perché ?Perché è quando non si riesce a vendere. Bisogna
distinguere la recessione dal downgrading, il rallentamento (si produce
meno di quanto si potrebbe ma sempre più di prima}e dalla crisi{s
iproduce un po' meno di primal. Al di là c'è recessione.


Dunque
la recessione è un male. Il nostro mondò è terrorizzato dall' incubo
della recessione che piombi l'economia in una condizione di crescente
malessere .. La copertina. dell' Economist traduce questo terrore in
un'immagine. Un mostro sottomarino è legato con una corda a una bella
fanciulla che sale sulla pedana dei tuffi. Tutto dipende da quanto la
corda è tesa e tutto fa credere che si stia tendendo. Ci sono due
strategie possibili. La
prima è di affrontare il mostro, umanizzandolo, Si tratta di ridurre le
enormi.dìseguaglianze, affidando la. ripresa della crescita all'
aumento della massa dei redditi bassi e medi e calmierando l'inflazione
dei pescecani. Ciò significherebbe tornare a quella ricetta che assicurò
una forte crescita economica e un soddisfacente benessere negli anni
'50 e '60, grazie alla politica dei redditi che garantiva un' evoluzione
proporzionale dei salari e dei profitti. La strategia . opposta è
quella di allungare la corda, riprendere la cuccagna dell'indebitamento
contando sulla generosità dei posteri e sulla scarsa memoria dei
viventi. Ciò significa lasciare il mostro della diseguaglianza
indisturbato con tutto il corredo di conflitti repressi e compressi. A
quanto pare questa seconda ricetta sembra la preferita. Dunque, produrre
meno di prima è male. Ma perché è un male anche produrre quanto prima?
Gli economisti classici pensavano che a un certo punto ci si dovesse
fermare: anzi, che non si potesse farne a meno. Chiamavano quel punto lo
"stato stazionario". Non una condizione di stasi ma di cessazione
dell'ossessione della crescita qualitativa. Diceva John Stuart Mill che a
un certo punto bisognerà smetterla di pestarsi i piedi uno con l'altro,
per rivolgersi tutti "alle grazie della vita". Dovesse tornare oggi
sarebbe denunciato come un sabotatore.

(Giorgio Rufolo )
Eremo Via vado di sole, L'Aquila, giovedì 14 giugno 2012
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