GIUSTIZIA MINORILE :Dalla rieducazione alla responsabilizzazione alla conciliazione o mediazione penale.
A completamento dei post sulla giustizia ritengo utile ospitare due contributi relativi alla riforma della giustizia minorile in discussione ormai da qualche tempo secondo le linee indicate da proposte dell’attuale governo . Dai contributi che seguono si evincono le problematiche della giustizia minorile e i punti irrinunciabili in tema di riforma. Per ulteriori informazioni si possono leggere i contributi pubblicati nel sito del Centro Italiano Studi famiglia e dei Giuristi democratici oltre ai progetti e alle attività del sito del Dipartimento della giustizia minorile
da "Mauropalma’s Blog"
maggio 27, 2009
Caro Mauro Palma ancora una volta la Giustizia minorile è sotto attacco del Governo delle Destre. Passano i Ministri, ma non le tentazioni di distruggere uno dei sistemi più avanzati del sistema giudiziario italiano. Cosa pensa della giustizia minorile in Italia?
Innanzitutto voglio afferma senza equivoci che per me il sistema della Giustizia Minorile in Italia funziona. Lo dimostra anche uno studio longitudinale condotto sulla recidiva, realizzato dal Dipartimento per la giustizia minorile in collaborazione con l’Università, che dimostra come l’intervento della giustizia minorile all’interno dell’attuale quadro giuridico sia efficace e riduca in maniera significativa la recidiva. Lo dicono le nazioni europee e non, che dovendo istituire un autonomo sistema di giustizia minorile vengono in Italia a studiare il modello italiano.
Ma non dobbiamo nasconderci che la giustizia minorile ha funzionato e continua a funzionare, anche se ormai con grande difficoltà, per l’impegno degli operatori che vi lavorano, che con grossi sacrifici personali, spesso impegnando anche risorse economiche proprie, perseguono una missione, che è quella di costruire opportunità da offrire ai minorenni che entrano nel sistema penale, per dare loro la possibilità di uscire dallo stesso nelle condizioni migliori per riprendere il normale percorso di crescita educativa, per reinserirli nel sociale e per garantire, tema oggi molto di moda, la sicurezza dei cittadini e della società.
Bisogna, inoltre, essere chiari sulla missione della giustizia minorile che è si quella di punire gli autori dei reati, anche se minorenni, ma avendo come obiettivo fondamentale, punto di vista irrinunciabile, il recupero del minorenne; la necessità di non interrompere i processi educativi, per restituire alla società giovani consapevoli ed in grado di integrarsi.
Questo è tanto più necessario nelle condizioni attuali, per come si conduce tutti i giorni la vita dei ragazzi nelle metropoli ma ormai anche nelle piccole città, nei paesi. Giovani che vivono modelli culturali artificiosamente costruiti e che spesso risultano poco seguiti da familiari impegnati per lunga parte della giornata nelle professioni o a guadagnarsi duramente la vita in una fase economica sempre più difficile. Giovani che non trovano più sostegno e comprensione neanche nelle agenzie educative, nella scuola, a cui peraltro vengono ridotti i fondi, qualora la scuola ancora la frequentino. Per non parlare dei minorenni stranieri, spesso non accompagnati, emigrati per sfuggire a condizioni di estrema povertà o per salvarsi la vita, scappati da zone di guerra. Minorenni a cui non può essere data esclusivamente una risposta penale, minorenni che devono essere tolti ai gruppi criminali che sfruttano la clandestinità in cui spesso questi ragazzi si trovano per utilizzarli in traffici illeciti: traffico di droga; prostituzione e sembrerebbe anche traffico di organi umani.
Quali sono, quindi, i problemi più urgenti per la giustizia minorile?
Credo che adesso, nel quadro della riforma del Ministero della giustizia, la giustizia minorile stia attraversando una fase molto delicata, che potrebbe concludersi con la fine di un sistema avanzato di giustizia per i minori. Il contesto normativo è quello del regolamento e della riorganizzazione del Ministero della Giustizia, entro il quale il Ministro Alfano sta provando a realizzare l’obiettivo fallito dal suo ex ex predecessore, l’Ingegnere di Lecco: depotenziare il Dipartimento della Giustizia Minorile e le positive peculiarità del processo penale minorile, fino a giustificarne la cancellazione.
Un tentativo micidiale che, partendo dal presupposto generico che in Italia la giustizia non funziona, e sostenendo l’obiettivo di razionalizzarla, favorendo il decentramento degli apparati del ministero, comunque riduce le risorse economiche e di personale, peraltro già insufficienti.
La questione è che la riorganizzazione per il decentramento del Ministero della Giustizia sembra toccare profondamente solo la giustizia minorile, cioè l’unica struttura che nel Ministero aveva già dato piena attuazione al decentramento, attraverso i Centri per la Giustizia Minorile, che vengono soppressi nella sostanza e le cui competenze, sono trasferite alle direzioni generali regionali del Dipartimento dell’Organizzazione Giudiziaria, e del Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria. A tutti gli effetti la giustizia minorile viene cancellata.
Il Dipartimento per la giustizia minorile resta. Ma è evidente che è solo il primo passo nonostante ci siano convenzioni internazionali, normative europee che impegnano l’Italia a mantenere un autonomo sistema di giustizia minorile.
Nella sostanza il Dipartimento per la giustizia minorile è svuotato di ogni competenza, non gestisce il personale, non ha poteri sui beni e sui servizi, può solo proporre indirizzi sul trattamento. Al Dipartimento resta il nulla.
Ed il personale della giustizia Minorile?
Intanto bisogna dire che al di la del regolamento di riorganizzazione del Ministero della Giustizia, c’è un altro elemento che preoccupa tutti gli operatori e che allo stato impedisce il pieno adempimento dei mandati istituzionali della giustizia minorile: il taglio dei bilanci.
Nell’anno in corso il Governo ha falcidiato i principali capitolo di spesa della giustizia minorile, mediamente nell’ordine del 35%. Impedendo nei fatti l’applicazione delle misure previste dalla procedura penale minorile. Tutto questo non è possibile. È inutile gridare al Lupo dopo aver demolito i recinti. In Italia abbiamo avuto la fortuna di evitare, per ora, il malessere diffuso che si è registrato tra i giovani in altri paesi europei, in Inghilterra come in Francia, per non parlare della criminalità diffusa tra le bande giovanili americane.
I segnali che ci vengono dagli operatori della giustizia minorile non sono buoni, ci parlano di una crescita nei reati commessi da minorenni italiani con disturbi psichici o policonsumatori di sostanze stupefacenti. Ci parlano di un forte disagio tra i giovani, che si estende al di là dei ceti di appartenenza e dei livelli di benessere familiare. Il diffondersi dell’uso dei coltelli, non è un fatto estemporaneo, una moda dettata dalla visione di più o meno riuscite fiction cinematografiche. È il sintomo di un malessere diffuso che agita il mondo giovanile.
Il rischio è che se e quando questo malessere esploderà ci troveremo nella condizione di aver distrutto proprio l’istituzione che con quei giovani dovrà confrontarsi.
Noi crediamo che una programmazione lungimirante dovrebbe fare tesoro di queste esperienze, per preservare e rafforzare una struttura che ha nelle proprie possibilità e negli uomini che vi lavorano un grosso patrimonio culturale, una specializzazione unica nel suo genere, che potrebbe e dovrebbe essere posta a disposizione di tutte le istituzioni che si occupano di intervento sui minori, a partire dagli enti locali, dalle regioni, dalle scuole. Un esperienza che non può assolutamente essere soffocata all’interno del Dipartimento degli Affari Giudiziari. Per una questione di civiltà giuridica, di salvaguardia del servizio pubblico, per il bene dei minorenni e dei cittadini."
Mauro Palma da molti anni attento ai problemi della giustizia penale e, in particolare, del carcere, ha costituito nei primi anni Ottanta, con alcuni giuristi, intellettuali e operatori del diritto, un’area di discussione e di critica del diritto penale dell’emergenza che ha dato luogo prima alla rivista Antigone (1983-1988) e, successivamente, alla omonima associazione. Di Antigone, che svolge attività di studio, iniziativa politica ed elaborazione legislativa sui temi della tutela dei diritti e delle garanzie in ambito penale e penitenziario, è stato Presidente fino al 2000 ed è ora Presidente onorario.
Nel dicembre 2000 è stato eletto componente per l’Italia del Comitato Europeo per la prevenzione della tortura, dei trattamenti e delle pene inumani o degradanti (CPT), organo del Consiglio d’Europa, istituito da una apposita Convenzione e avente il compito di vigilare sulla privazione della liberta nei 47 stati che hanno ratificato tale Convenzione. Rieletto per tre successivi mandati, è stato capo delegazione in più di 30 visite nei paesi membri della Convenzione, soprattutto nell’area dei Balcani e nel Caucaso. Nel marzo 2007 è stato eletto Presidente del Comitato e ricopre attualmente tale incarico.
Autore di numerosi saggi sulla giustizia penale e sull’esecuzione delle sanzioni, è docente in corsi di formazione promossi dal Ministero della giustizia nonché in master universitari nell’area del diritto umanitario internazionale.
Ha ricevuto recentemente la comunicazione del conferimento della laurea honoris causa in giurisprudenza per questa sua pluriennale attività.
Linee Guida per la riforma della giustizia
minorile in Italia
Promosse da: Amici dei Bambini, ANFAA, CIAI, CIES, ECPAT Italia, Save the Children Italia, Telefono Azzurro, UNICEF Italia, con l'adesione di oltre 100 associazioni e Ong
PREMESSA
Oggi nel nostro paese una reale riforma della giustizia minorile non può essere effettuata se non mettendo a disposizione risorse economiche, umane e strutturali adeguate, che consentano l'attuazione di un processo di cambiamento che migliori, potenzi e assicuri la piena efficienza del sistema giustizia, nel rispetto dei diritti dei bambini, come riconosciuti dalla Convenzione ONU sui diritti dell'infanzia del 1989.
Pertanto i firmatari del presente documento richiamano all'attenzione del Legislatore i seguenti principi:
1. Il minore parte di un giudizio civile o penale deve essere sempre riconosciuto quale portatore di diritti e quindi in tutte le decisioni dei Tribunali, delle autorità amministrative e degli organi legislativi che lo riguardano deve essere tenuto in preminente considerazione il suo superiore interesse (art. 3 della Convenzione ONU). Occorre pertanto compiere ogni sforzo per adottare un corpo di leggi e di provvedimenti per i giovani, anche quali autori di reati, che rispondano alle loro esigenze di soggetti in crescita (art. 2 Regole di Pechino) e alle loro prospettive di maturazione.
2. In una riforma della giustizia minorile civile e penale, che preveda una nuova definizione delle norme procedurali e della organizzazione attraverso appropriati interventi legislativi, adeguatamente finanziati (non è possibile questa riforma a costo zero), si invita il Legislatore a operare nel medio termine, ove e per quanto possibile, l'accorpamento di tutte le competenze in materia di minori, mantenendole in capo a un'unica istituzione giudiziaria specializzata. I soggetti preposti alla giustizia minorile devono avere una preparazione di tipo specialistico nel diritto in generale, nel diritto di famiglia e nel campo delle scienze umane e sociali, sulla base di precise regole per la selezione, la nomina e la formazione professionale. Questo principio della specializzazione adeguata degli organi della giustizia minorile deve essere attuato rendendo anche obbligatoria, in particolare per i giudici e gli avvocati, la frequenza di appositi corsi professionali. Tale principio di specializzazione esige inoltre che ai giudici per i minori non siano attribuite competenze ulteriori e diverse rispetto a quelle che riguardano la materia minorile e familiare.
3.Ogni processo che riguardi un minore deve essere svolto dinanzi a un giudice o collegio giudicante, competente, indipendente e imparziale. I Tribunali per i minorenni o per la famiglia o le sezioni specializzate dei tribunali ordinari devono avere una presenza capillare sul territorio nazionale, così da garantire un facile accesso al servizio giustizia e consentire ai giudici un rapporto più proficuo con i servizi locali e una maggiore vicinanza ai contesti sociali territoriali.
4. Tutte le procedure del processo minorile civile e penale devono tendere a proteggere al meglio gli interessi del minore e devono permettere la sua partecipazione e la sua libera espressione, come indicato dall'art. 14 delle Regole di Pechino, art. 9 e art. 37.d della Convenzione ONU. Pertanto il processo minorile si deve basare sull'applicazione della regola del contraddittorio, in modo tale da assicurare a tutte le parti interessate di partecipare al processo e di fare conoscere le proprie opinioni (art. 9.2 della Convenzione ONU) di fronte a un giudice terzo e imparziale (art.111 della Costituzione).
5. Il minore, nei procedimenti giudiziari penali che lo riguardano, ha diritto a essere ascoltato e a essere assistito da un proprio avvocato, che abbia le adeguate competenze per tutelare il suo superiore interesse. Parimenti nei procedimenti giudiziari civili che lo riguardano, ha diritto a essere ascoltato, a essere rappresentato dai propri genitori o da un legale rappresentante, e in caso di conflitti d'interesse con questi ultimi da un curatore speciale, nonché ha diritto di accedere a un'assistenza di natura psico-sociale e legale al fine di tutelare il suo superiore interesse.
6. Una riforma della giustizia minorile per essere adeguata non può prescindere dallo stabilire regole che disciplinino e garantiscano l'ascolto del minore soggetto a procedimenti civili o penali, in ottemperanza alla Convenzione ONU (art. 12.) (...). Tali regole, nel disciplinare e garantire l'ascolto, devono anche assicurare al minore un'adeguata protezione psicologica e morale per tutta la durata dei procedimenti civili e penali che lo riguardano. Pertanto le audizioni del minore, il cui contenuto richieda una particolare attenzione e riservatezza, debbono essere svolte in modo protetto, onde evitare che la contemporanea presenza di tutte le parti in causa possa turbare il minore o possa compromettere la genuinità delle sue dichiarazioni, nel rispetto di tempi celeri e modalità garantiste.
7. Nel processo penale le competenze del giudice o del collegio giudicante necessitano in particolar modo di un supporto interdisciplinare, quindi si ritiene importante la presenza della componente privata specializzata, affinché i provvedimenti adottati siano proporzionati alle circostanze e alla gravità del reato, alla situazione del minore e alla sua tutela (art.17.d Regole di Pechino). Per quanto concerne la presenza della componente privata anche nei collegi giudicanti civili, si invita il Legislatore a valutare con la massima attenzione le diverse indicazioni avanzate a tale proposito dalle Ong e associazioni impegnate da anni nelle tutela dei diritti dei minori, dalle categorie professionali operanti all'interno del sistema della giustizia minorile, dalle sedi scientifiche, dal Forum permanente del Terzo Settore e dall'Osservatorio nazionale per l'infanzia (...). Nei procedimenti riguardanti un minore, nei casi in cui il giudice o il collegio giudicante ritenga opportuno il contributo interdisciplinare di specialisti, il consulente tecnico di volta in volta nominato deve avere particolari competenze nelle scienze del comportamento e in ambito forense.
8. Le istituzioni giudiziarie che si occupano di minori devono poter contare sulla collaborazione dei servizi socio-assistenziali e sanitari territoriali: tale collaborazione deve essere continuativa, anche sulla base di precisi protocolli d'intesa e i servizi devono essere adeguatamente specializzati in materia minorile. Per quanto riguarda la competenza penale, si invita il Legislatore a regolare i rapporti tra i servizi del ministero della Giustizia e i servizi locali affinché si realizzi un'efficace collaborazione sinergica.
9. La condanna del minore a pene detentive deve costituire un provvedimento di ultima risorsa (art. 37.b della Convenzione ONU), e deve essere limitata al minimo indispensabile (art. 17.b Regole di Pechino), in quanto la pena deve svolgere la funzione di recupero del minore per il suo reinserimento nella società civile (art. 39 della Convenzione), oltre che la funzione di riparazione per il reato commesso. Il minore sia italiano che straniero, compreso quello che entra negli Istituti penali minorili, deve pertanto potere usufruire di forme alternative alla detenzione (art. 18 Regole di Pechino), tra le quali la messa alla prova e ove possibile la mediazione penale, senza limitazioni per fattispecie di reato o per durata minima di espiazione della pena in caso di liberazione condizionale. In campo penale non sono giustificabili modifiche alle diminuenti e alle attenuanti per i minori di età compresa tra i 16 e i 18 anni. Come non appare giustificato, nel caso che la pena a carico del minore possa essere completamente espiata entro il 22° anno di età, il passaggio, al compimento dei 18 anni, al carcere degli adulti; al contrario si deve privilegiare il trattamento del giovane adulto in appositi istituti fino all'espletamento della pena, al fine di portare a compimento i programmi di recupero per lui previsti (Regole di Pechino art. 3.3.) La riforma della giustizia in campo penale deve essere conforme ai principi e alle norme della Convenzione ONU e in particolare all'art. 40 della stessa.
10. Una riforma della giustizia minorile non può prescindere, come da tempo richiesto dalla Corte Costituzionale, dalla delineazione di uno specifico ordinamento penitenziario per i minorenni condannati a pene detentive. Tali norme sull'ordinamento penitenziario minorile, oltre a regolare l'esecuzione delle pene per i minorenni, devono assicurare l'attuazione di quanto sancito nella Convenzione ONU e in particolare che "ogni minore privato della libertà sia sempre separato dagli adulti" (art. 37.c).
Le immagini di questo post come quelle dei due relativi alla giustizia sono tratte dai siti internet e in particolare per S. Vittore di Milano dalla Mostra fotografica “ Custodiscili “ di Roby Schirer , foto e immagini già pubblicate nei siti www.ildue.it e www.panorama.it. Le foto di Rebibbia sono tratte dai siti di Nico d’Alessandro di Christian Mascheroni “Bambini Humus, Religione Cattolica e www.nutrimente.org di Daniela Dominici.Per eventuali omissioni in questa citazione si è pronti su segnalazione a integrare la presente nota con la quale si intende anche ringraziare anticipatamente persone e siti citati
Eremo di Via Vado di Sole, L’Aquila, lunedì 22 febbraio 2010
Iscriviti a:
Commenti sul post (Atom)
Nessun commento:
Posta un commento