
Mentre in Italia il dibattito sul “social media” non va oltre la galleria degli orrori (“Esiste un gruppo che si chiama “picchiamo i cani”)o l’anedottica (“la figlia di Veltyroni ha scritto su Facebook :” ora vediamo se qualcuno si dimette”),il resto del mondo cerca la radice del loro impatto sulle nostre vite:
- domandandosi quali conseguenze abbia sul cervello dividere l’attenzione per oltre sei ore al giorno , il tempo speso su Facebook dall’utente italiano medio secondo uno studio Nielsen, tra migliaia di frammenti di notizie, video e conversazioni;
-approfondendo che cosa significhi vivere in una società dove, per la prima volta nella storia umana, il digitale abbia permesso alla memoria di essere non l’eccezione ma la regola, così che la rete sa tutto di noi e per sempre;
- lanciando un monito ben preciso : a furia di farci dettare i tempi della fantasia e della comprensione da tweets e aggiornamenti di stato, corriamo il rischio di finire schiavi di un “cybertotalitarismo” in cui le persone saranno acqua passata o, peggio, stipite come macchine.

(Da L’editoriale dei lettori. Fabio Chiusi ,30 anni, ricercatore, Udine L’Avvenire 1 aprile 2010)
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