AD HOC :CARRIOLE DI DOMANDE
Dopo le carriole delle macerie ,le carriole dei libri, e ora le carriole delle domande. Tornano le carriole malgrado “quelle” delle macerie siano state sequestrate e portano un fardello di domande . Chiedono la chiarezza che non si è fatta ancora. Trasportano domande pesanti ridotte anche loro a macerie perché ormai si sono logorate lungo tutto un anno, durante il quale hanno sbattuto contro ogni cosa e contro muri rotti e …. di gomma . Povere parole, frasi che occupano ininterrottamente la mente e il cuore degli aquilani da quel sei aprile. Stanno lì a ripetere i loro ritornelli come quelli di Domà una doppia canzone in italiano e in”aquilano “ che vuole dire in
sostanza , perdonate l’ardire, “ Domà so’ cazzi”. Domande che pretendono di partecipare alla ricostruzione quando e in che modo è cominciata, come continuerà, che obiettivi ha. E domande che interrogano il quotidiano, le storie di ciascuno e di tutti , la mancanza di lavoro, la cassa integrazione che sta per terminare, le attività di chi non è riuscito ancora a ripartire, l’ingordigia di chi ha guardato interessi di parte , il dolore di chi attende giustizia.
E’ nel blog di Anna Pacifica Colasacco il cui profilo su Facebook è oggi modificato in “Anna Pacifica Colasacco Fan Page” , è nel blog all’indirizzo di Google http://miskappa.blogspot.com/ che si legge e si avverte quello che gli aquilani hanno perso e forse per sempre . Lo dice lei per tutti : “Non ho più la mia libreria ed i miei libri. Non ho più tutti quegli oggetti che amavo e che collezionavo. Le donnine nude di gesso. I vasi antichi. Le mie anfore. Le lampade. I quadri. Il mio terrazzo pieno di fiori.Non ho più la mia cucina tecnologica. Niente
più servizi di piatti, né bicchieri. Non ho più le mie foto e tutti i ricordi conservati in un baule. Non ho più la scrittura di mio padre. Né il mio camino, né l'impianto stereo. Non ho più le mie scarpe.Non ho più il mio grande bagno, con la grande vasca. Non ho più un impianto di riscaldamento a gas metano. Clic, accendi, e tutto va bene. Non ho più quella vestaglia rossa. Non ho più la vetrata dalla quale guardavo i tetti della mia città. E davanti alla quale trascorrevo i miei momenti di riposo. Non ho più quell'abete, davanti la finestra del mio studio, che prosperava in un giardino nascosto. E spuntava da un tetto. E, a primavera, si rimpiva di uccelli.Non ho più il Gran Sasso, dalla finestra della camera da letto. Né la collina di Roio, sull'angolo del terrazzo. Non ho più la piazza del Duomo, sotto casa. “
E altri potrebbero scrivere e dire : Non ho più piazza d’armi dove andavo a correre e passeggiare, non ho più le mie due stanze nelle quali sembrava vivessi in una reggia, non ho più i vicoli dove ogni mattina camminavo con il mio bastone , dove sono nato/a ,dove speravo di morire e dove ogni porta, ogni negozio ogni faccia era un saluto, un incontro, un attimo di quello che è la mia vita. Non ho più la mia libreria dove poter sentire l’odore della carta e sfogliare i libri, parlare con gli amici . Non ho più..”
Rivoglio quella vita sonnacchiosa di una città di provincia a misura dei passi, dei passi persi e dei passi ritrovati di ogni giorno, di cento giorni, di mille giorni di una eternità di giorni.
Rivoglio i luoghi del corpo e dell’anima , i silenzi e i rumori ,l’antico e sempre nuovo respiro della città. Ed è quello che dico anch’io, insieme ad altre cose, in queste note di Facebook e nel mio blog di Google http://osservatoriodiconfine.blogspot.com/
Ed è nelle carriole , dunque nelle domande delle carriole che anche gli aquilani diranno che cosa hanno e che cosa vorranno avere. Lenzuola di domande dunque lungo un percorso reale ,quello del Corso di L’Aquila e un percorso metaforico quello dei problemi della ricostruzione. Lenzuola di testimonianze come le bacheche delle chiavi delle case chiuse . Domande che chiedono risposte. Perché ogni risposta alle domande delle carriole potrà essere un punto fermo, forse minuscolo e insignificante come potranno essere a volte le domande minuscole e insignificanti dinnanzi alla vastità dei problemi, domande che però coinvolgono la vita delle persone singole e delle loro famiglie. Domande che creeranno una ragnatela , una rete di comunanza, di intenti, di sforzi, di partecipazione per una rinascita vera. E ogni domanda sia un rintocco : quello della notte del dolore, quello della perdita della casa, quello della sofferenza delle tendopoli, quello dell’anonimia delle nuove case delle town. E dopo le domeniche delle carriole le domeniche dei rintocchi quelli di ieri e quelli di domani.
Eremo Via Vado di sole, L’Aquila, sabato 1 maggio 2010
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