Diario di un terremoto. Diario per certi versi prosa e per certi versi poesia.1-2 e 3 luglio 2009
L’Aquila, 1 Luglio 2009
Noi vivevamo tutti assieme
nella grande casa di carta
tra gli alberi dal respiro pacato
dolce di essenze della terra
e i nostri giorni erano sazi
di beni :
Avevamo ancora paura del terremoto
E non sapevamo come fare a rientrare
in casa
che per la paura chi ormai senza casa.
Era l’estate gettata giorno dopo giorno
come un giornale antico
la prima estate senza le imposte socchiuse
al caldo delle sedie di plastica
che ti bagnano i pantaloni sulle chiappe.
Era l’estate della tinca addormentata
nelle buche di fango
e della carpa che perlustra il bordo
dei fossi
astuta quanto mai che non abbocca
appunto mai
e ci domandavamo : i pescatori
avranno fortuna stamattina ?
Massi e Cristian tornavano con le foto
sul telefonino
dove dentro ci avevano messo bestie da
mezzo metro e cinque chili.
Avranno fortuna i pescatori che sognano
L’Aquila dalle azzurre vallate
e dai torrenti e laghi verdi
di prato in prato
per l’agguato alla trota nei fossi ?
Era l’estate triste dopo il terremoto
E contavamo tra le gazzarre degli uccelli
al tramonto e il monotono sussurro
dei colombi
al mattino, i giorni tra odori di pioggia
e afe di sole.
Noi aspettavamo lo sbollire delle passioni
e la pietà delle cose per ritrovare
lo sguardo delle nostre stanze, il profumo
delle ombre quando al tramonto la luce
si fa avara
e si sente solo lo scrosciare del silenzio
per l’umiltà
del nostro quotidiano vivere.
L’Aquila 2 Luglio 2009
Ora non si può più dormire nelle tende
ora che avevamo fatto l’abitudine
a sogni dolci
e appassionati
diversi dai primi sogni nella tenda
quando vedevamo apparire all’ingresso
teste di cani
in formato diciotto pollici
ed eravamo sovrastati da un crepuscolo
di nubi blu dove Dio
s’annidava come un colombo gutturale
e una mosca caduta sul pavimento
a zampe all’aria sembrava più grande
del normale.
Ora che quei sogni avevano lasciato
il posto a sogni dolci e appassionati
ora non si può più dormire nelle tende .
L’Aquila, 3 Luglio 2009
Il terremoto ha sorpreso tutto chiuso
nella stanza.
Hanno ciecamente lottato per uscire
nella notte d’aprile
l’originale di una stampa napoletana del Decamerone,
una copia dei Canti Orfici,
una Divina Commedia e Moby Dick in testa
e poi qualche tubo di colore, una tela
bianca
un pigiama, un pennello da barba
che non so dove è finito
le musiche d’orchestra e di esecutori
solisti di tutti i ciddì.
Hanno sofferto tanto prima
di perdere la loro identità
nella fuga precipitosa per le scale
tra le porte e negli antri
come noi d’altra parte che ci siamo persi
il certificato di nascita;
il mio coraggio davanti a loro
fu dubbio fin dall’inizio,
mi ha assediato poi il turbamento
di una realtà incredibile
una città crollata le cui pietre ancora
non riesco a rivedere
e non mi fa dormire il pensiero di
scampato
anche se forse gli scampati e i dispersi
che siamo noi
hanno ancora molto da raccontare.
Non ho altro da dire in questa lettera.
Anche perché Ulisse lo scampato
ora che ci penso
non ricostruisce niente
racconta solo una storia.
Che sia così il destino e la nostra storia ora
solo quella di raccontare ?
Le foto sono di Romeo Fraioli
Dalla tenda n. 2 del Complesso "L. Ferrari" Via Acquasanta L'Aquila
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