
La legge 180 è dunque una legge quadro che rimette al centro dell’attenzione la persona malata che nel manicomio non può attuare quel percorso di cura e di emancipazione utile ai suoi bisogni. Pone con forza il problema della chiusura degli ospedali psichiatrici intesi come luoghi di sofferenza, disperazione, solitudine e morte. Nel far questo però investe l’ente locale di una responsabilità forte: demanda alle regioni e alle ASL il compito di creare sul territorio una rete diversificata di servizi per affrontare il disagio mentale.

Ne è un esempio il caso di Trieste dove l’attività di Basaglia si è più a lungo concretizzata e che rappresenta ancora oggi un modello.
Tanto è vero che negli anni 2008 ,la regione più virtuosa nell’applicazione della Legge 180 ,la Sardegna ,amministrata dalla Giunta Soru,ha avviato un’intesa proprio con Trieste non per riprodurre semplicemente un modello ma per trarre il meglio da quella esperienza nell’attuazione dei servizi sul territorio. Molto si deve ancora fare per l’attuazione piena di queste legge e molto converrà fare per restituire alla persona malata “ i suoi sogni” del mondo e nel mondo.

Di che persone parliamo? Di che sogni parliamo? Di che mondo parliamo?
Una riflessione preliminare ci dice che in realtà che l’attuazione della 180 per soddisfare i bisogni delle persone è possibile. Ci sono gli strumenti e le capacità.

Infatti in altri paesi sono state realizzate esperienze altrettanto importanti quanto quelle di Gorizia e di Trieste,quanto quelle che si vanno realizzando in altre regioni d’Italia.

Ma per entrare nel cuore della riflessione devo dire che parlavo di restituire i sogni del mondo alla persona malata. Di che si parla? Si parla di un mondo in cui esistono patrimoni sommersi da conoscere e da salvare. Un mondo che sembra stare fuori della malattia , del disagio. Viene intravisto dai matti attraverso le finestre del manicomio. Viene intravisto nelle persone ospiti che vanno a trovarli. Un mondo nel quale non ci sono solo paesaggi e foreste incontaminate ma cose belle e brutte che fanno parte della storia delle persone, degli individui , dell’uomo e dei suoi rapporti con se stesso e con gli altri uomini.

Questo patrimonio di vite occultate, che frequentemente sono quelle della porta accanto, è quello rappresentato dai matti , dalle donne , dai vagabondi, dai ribelli, dai diversi. E se la donna è strega e va bruciata, il matto è matto e va rinchiuso , il vagabondo ( straniero ) scacciato e messo al confine , il ribelle imprigionato. Tutte queste persone che appunto danno vita ad un patrimonio sociale vanno “disattivate” e custodite in posti dove non possono nuocere.
Perché? Perché c’è un mondo sommerso in ognuno di loro . Con il sommerso si tende ad occultare ciò che sta al di sotto, al di là del confine tra il percepito razionalmente organizzato e il sogno: l’immaginario che condensa l’illusione fuori dai vincoli del pensiero logico e crea dai sogni promesse di mondi nuovi dell’essere e del fare.

Il mondo dal quale viene questo nostro paese e questa nostra società: il mondo contadino . Un mondo che possiamo definire senza vinti né vincitori? Parliamo di un mondo che spesso rimpiangiamo ,un mondo che ha subito un cambiamento più accelerato negli anni cinquanta/sessanta dello scorso secolo. Cambiamenti a volte epocali a causa dell’emigrazione, dello spopolamento delle campagne, del retroterra montano. A causa della trasformazione dei mercati, dell’introduzione della meccanizzazione. Parliamo di un mondo che è sicuramente parte delle nostre radici.
Ma parliamo di un mondo in cui spesso i rapporti erano conflittuali per esempio tra proprietari terrieri e contadini ,tra famiglie nobili e possidenti detentrici del potere e famiglie contadine o della piccola borghesia per non considerare altri conflitti.
Parliamo di un mondo, ed è quello che qui ci interessa in cui il rapporto con il corpo è un rapporto sommerso.

Così i parametri di tempo-spazio-corpo in quella società in cui sono le nostre radici vengono deformati da istituzioni con mura esterne quali il carcere il manicomio e con prigioni interne : la famiglia e la follia con il comparire quindi di tutte le inevitabili sofferenze collegate.
Poi ad un tratto cambiano le cose.
Dalla iniziale trasformazione del mondo contadino è passato quasi mezzo secolo. Sono cambiati molti rapporti è in definitiva il nostro è un altro mondo.
Ma anche qui dobbiamo cercare di intenderci. Noi non abitiamo il mondo ma abitiamo ma abitiamo la concezione che abbiamo del mondo , come dice Jaspers.
Siamo ospiti di questa concezione.
La sofferenza mentale non viene quindi solo dalla depressione o da altre patologie ma viene anche dal “ disordine delle idee”. E se per la sofferenza della depressione e delle altre patologie serve lo psicoterapeuta, forse per il disordine delle idee occorre il filosofo.

Correggere quelle idee può servire a mitigare la sofferenza mentale e a scongiurare la follia che ne può essere la conseguenza.
Che cos’è follia? Alienazione ? Ecco se è alienazione appunto , in tema di “idee” è l’ide a che noi abbiamo del mondo è che ci fa stare al mondo. Le idee che ci alienano ci fanno soffrire ma possono essere corrette. Correggerle significa recuperare il giusto rapporto con il sommerso, per esempio con il nostro corpo sommerso.

A volte si capovolgono i rapporti con il mondo e nel mondo , si confondono le idee e nasce la sofferenza che spesso sfocia in gesti e comportamenti di morte per sé e per quanti cui circondano.

Le difficoltà della vita non sono disturbi della personalità. Il tentativo allora più o meno subdolo è quello di “medicalizzare la normalità”?
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