LETTERE DALL’EREMO : Il Novecento italiano negli occhi di Raniero La Valle
contestazione, ma di dire il senso che queste cose hanno avuto per noi». Così, il 19 febbraio scorso,
a Roma, Raniero La Valle, ottant’anni, nella sua “ lectio discipularis” alla Fnsi. Ora, quel testo
autobiografico, specchio di un ’900 tra fede e politica, corredato di un corpus di “glosse” che ne
dilatano passaggi e dettagli, che attualizzano e interpretano (e a chiosare con La Valle ci sono pure
amici come padre Malagola o Agata Cancelliere, familiari come le sorelle Fausta e Fidelia) è
diventato Quel nostro Novecento (Ponte alle Grazie, pagine 194, euro 12,00), libro che viene
presentato oggi a Milano alle 18, presso la Feltrinelli di piazza Duomo (con La Valle ci saranno
Gherardo Colombo e Umberto Ambrosoli).
Cominciato nella notte del fascismo (fra ristrettezze generali acuitesi dopo la morte del padre
Renato e appena alleviate dal cardinale Massimi), il ’900 di La Valle riflette presto nei suoi giovani
occhi i passaggi verso la Costituente con i suoi deputati poveri e dalla parte dei poveri nell’Italia del
dopoguerra. Sconfitto il fascismo, resta il “pericolo rosso”. Ma se Gedda vuole basi missionarie in
ogni condominio per combattere i comunisti, ecco La Valle riprendere – sul giornale della Fuci –
l’esortazione evangelica ad amare i nemici: «Perciò, benché nemici... anche i comunisti». Successe
un putiferio. «Ma in quella occasione don Costa mi difese», ricorda La Valle nel suo libro, che poi
si ferma sul periodo in cui fu direttore de “L’Avvenire d’Italia”, incarico ricevuto dopo aver guidato
per pochi mesi “Il Popolo”. «I vescovi ci lasciavano liberi e il cardinale Lercaro garantiva per tutti».
Il quotidiano raccontò il Concilio che cambiò la Chiesa. Ma conclusosi il Vaticano II il vento
cambiò: come la proprietà del giornale passata in maggioranza alla Santa Sede. Nota La Valle: «Si
pose un problema nuovo: che ne è della libertà di stampa quando l’editore è il papa? ». E, ricordate
occasioni di tensione avute prima con Paolo VI (quando il giornale non aveva bocciato la
candidatura Fanfani per le presidenziali del ’64; e quando aveva criticato gli Usa per i
bombardamenti sul Vietnam del Nord), risponde avvitandosi sul conflitto non di due obbedienze,
ma di due libertà: «Una è la libertà del cristiano, che vale sempre, anche nei confronti del papa;
l’altra è la libertà del giornalista dipendente, che arriva fin là dove l’editore lo permette», spiegando
poi: «Per me, a prevalere, fu la libertà del cristiano». Sin troppo note le conseguenze.
Non senza sofferenza per Paolo VI. Destinata a crescere: nel ’74 ecco la rottura dell’unità dei
cattolici col referendum sul divorzio; poi, dopo i “cattolici del no”, la nascita della componente
cristiana della Sinistra indipendente e per La Valle, neoeletto, il duro confronto per la legge
sull’aborto approvata nel ’78. Il 7 giugno, giorno successivo all’entrata in vigore della nuova
normativa, incontrando i fedeli all’udienza generale disse: «Non possiamo esimerci dal dovere di
ricordare la riserva negativa a questa legge in favore dell’aborto, la quale è da ieri operante anche in
Italia, con grave offesa alla legge di Dio su tale tema estremamente importante della difesa dovuta
alla vita innocente del bambino fino dal seno materno».
Ma, per restare in tema, come non citare anche dal libro la glossa su Teresa Mattei: deputata
comunista alla Costituente a ventiquattr’anni, un figlio in grembo da un compagno già sposato,
rifiutò di abortire: affrontando lo “scandalo” di ra gazza-madre che il Pci voleva nascondere,
facendosi radiare dal partito... Un balzo nel tempo e scorrono ancora le immagini. La morte di Moro
e tanti vani tentativi. La guerra del Golfo e nell’ex Jugoslavia. Viaggi e marce di pace. Militante o
testimone? La Valle, l’ex fucino che non amava Maritain («Per quella storia di dividere i piani tra lo
spirituale e il temporale»), continua a ricordare il suo ’900.
Il Novecento italiano negli occhi di Raniero La Valle di Marco Roncalli in “Avvenire” del 3 novembre 2011
Eremo Via vado di sole ,L’Aquila, giovedì 3 novembre 2011
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