martedì 29 novembre 2011

OFFICINA : Elephant and castle

OFFICINA  : Elephant and castle


I mondi”   un libro di poesie di  Guido Mazzoni  pubblicato da Donzelli come   scrive  Maria Borio  nel  blog  http://poesia.corriere.it/2011/09/ sono un lucido punto di vista sul rapporto tra l’uomo e il vivere contemporaneo; e sono il suo esordio nella poesia. Mazzoni è professore di letteratura italiana all’università di Siena. Ha pubblicato alcuni studi critici fondamentali come Sulla poesia moderna (2005). Ora questa raccolta propone la sua visione lirica delle forme dell’esistenza, ma è anche una sperimentazione su come fare poesia, facendo poesia. Il libro, in versi e in prosa, racconta un’autobiografia lirica che si snoda attraverso la quotidianità urbana occidentale. L’autore cerca di trovare un principio di conoscenza coerente con la realtà che vive, attraverso un recupero lirico di frammenti d’esperienza (“la grande periferia da attraversare è il mondo vero”). L’intento è forte e costante, come una lama che fende un ammasso caotico di «schegge» (La forma del ricordo) e ne ricompone un assetto ordinato; trova una corrispondenza nella compattezza del ritmo e del tono, dovuta a uno stile neutro, uniforme, meditato, che frena un connotabile dinamismo riflessivo. I mondi, infatti, è un libro lirico, ma anche saggistico/filosofico, che dà un’immagine «generazionale» alla condizione contemporanea. Come evidenzia il testo di pagina 49:



Elephant and castle

Gli stormi scossi quando il treno
esce dalla terra, il cielo nero
oltre gli sciami dei segnali e il vento
che nasce tra i binari e si disperde
tra i capannoni, le serre abbandonate, le colonne
dei camion nella nube, l’erba medica
ai lati della strada, nel colore
che copre la città mentre le luci
dei lampioni colpiscono le nuvole –

e la calma di quando si comprende
che la vita esiste e non significa,
mentre il vagone ridiscende e il vostro
volto riflesso scompare dalla plastica
dove le dita muovono la brina.

Essere questo, nella prima
onda del ritorno, un vuoto liquido
sopra la rete delle strade, un giorno
che ripete se stesso;
quando si impara a vivere il presente
senza pensare di non appartenergli, e la grande
periferia da attraversare è il mondo vero,
il proprio posto nel campo delle forze.


Il motivo dello sguardo è determinante. C’è lo sguardo dell’io, duro, solido, gelido: svela la natura artificiale e ingiusta dell’esistenza. C’è poi uno sguardo trasversale, contrastante, che appare con la descrizione delle nuvole, degli uccelli, dei riflessi. La vista è un atto doloroso: l’io osserva, ma non comprende, perché ciò che può guardare è «la vita [che] esiste e non significa», la rappresentazione di un «mondo», mai l’essenza (Schopenhauer). Proprio attraverso la percezione visiva è descritto il significato dei «mondi». E la visione dei “gesti” è sintomatica della disponibilità a capire, spesso però senza risultato. La persona – scrive Mazzoni - “da qualche parte custodisce le passioni che rendono tollerabili i gesti ripetuti per otto ore fra questi scaffali e che le trasmettono la docilità con cui rimane seduta a replicare gli stessi movimenti, aderendo a ciò che le è accaduto, a ciò che è stato fatto di lei, come a un destino che è insensato contestare” (Territori, pag. 48).
I mondi sono definiti da parole che evocano l’idea di una curvatura, sono sfere di habitus. Riuscire ad averne consapevolezza significa scoprire, in uno stato di «calma» quasi stoica, il senso di solitudine profonda che pesa negli individui (leggere Pure Morning). Leggiamo la poesia di pagina 59:
Az 626

Ora che le nubi ci lasciano vedere
per intero la curva della terra, nella forma
dei sobborghi senza forma dove dovremo vivere,
ascolto il flusso del sangue nella cuffia alla fine della musica
guardando i mondi degli altri che si incrociano col mio, le loro reti
di paura e desiderio dentro il tubo fragilissimo –

o i gesti che li legano al presente
quando fissano il ghiaccio sul lago inverosimile,
la nostra vita umana otto chilometri più in basso.
Ora so che non ha senso rompere
la miopia che ci fa esistere, vedo diversamente
le monadi che ci proteggono, le loro trame nel disordine;
seguo le macchie di luce che il sole
getta sul paesaggio, il cielo puro e indifferente.

Scrive P. Sloterdijk: «Poiché abitare significa sempre costruire sfere […] gli uomini sono le creature che pongono in essere mondi circolari e guardano all’esterno […]. Vivere nelle sfere significa produrre la dimensione nella quale gli uomini possono essere contenuti. Le sfere sono creazione di spazi dotati di un effetto immuno-sistemico per creature estatiche su cui lavora l’esterno» (Sfere I, trad. it. di G. Bonaiuti, Roma, Meltemi, 2009, p. 82). La visione di Mazzoni è più cupa, ma lo sguardo critico è affine. La presenza di un messaggio etico in poesia è ciò di cui I mondi ricordano l’importanza”.        
  Eremo Via vado di sole ,L'Aquila,  martedì 29 novembre 2011

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