venerdì 4 novembre 2011

VISIONI : Tirarsi dietro una volta chiusa la porta di casa

VISIONI : Tirarsi dietro  una volta chiusa la porta di casa  

Scrivevo  sulla quarta di copertina di “Santa Barbara amore mio” un piccolo volume di poesie ,pubblicato nel  1989  che quelle  poesie   erano il racconto di  finzione   e  realtà  in una periferia senza impianti  industriali e ciminiere ,densa di spazi verdi  e montagne immediatamente a ridosso  che sembrano proiettarsi  sui tetti delle case
L’iperbole di un’osmosi  da diaspora quotidiana  tra la periferia e il centro  storico che si complica  nella meditazione profusa  di stranezze da borghese ,grida da rivoluzionario ,insignificanti accenti quotidiani  dell’io che si liberano in melopee  individuali e collettive.   Chiamata a raccolta degli altri ,del prossimo ,dei diversi  da sé con vezzo  sessantottesco  ormai stemperato  e integrato  per lusingati allontanamenti  e pesanti ritorni  al mondo dentro “ questo mondo “


Periferia di provincia  vissuta e osservata  da un flaubertiano  uomo ordinato e normale come  un borghese colpito a tratti  da folgorazioni, straniamenti ,percussioni , attimi di vita  e di morte  dai quali non riesce a prendere  le distanze  incapace di tirarsi  dietro una volta chiusa  la porta di casa alle spalle.
In quella periferia ho vissuto fino ad aprile 2009  e anche oggi la frequento vivendo provvisoriamente in una casa di Via vado di sole a Valle Pretara, a qualche centinaio di metri  di distanza. . E dunque da quella periferia ho deciso di ricominciare  questa riflessione .

Ma come cominciava Santa Barbara amore mio ? Qual’era la prima poesia  ?
Eccola :

L’aria divisa
in spazi regolari
dal vento uniforme
della sera,
un mare alto
e lontano,
gli uccelli disegnati 
sulle stoppie
disfatte ,
la tristezza d’un colore
uguale
aspro e forte
su cui appoggiare le guance
mentre scivolano via
i solchi della terra
come un immenso
panorama
visto dall’altro;
in un’aria
tremante, scossa,
dall’ultimo
sole ramato
il calore
d’un urto
alla gola ,
ai genitali;
mi sottraggo
al gembro
bianco ,
immacolato
e forte
che trattiene
i pezzi imballati
in ampie oscurità e fulgori
d’alba;
ricevo ad ora ad ora
una spinta forte possente
e irrefrenabile ,
si affaccia dalla testa
ai piedi, dentro
un forte miracolo
tra lo spavento e la forza
e con un rito innominabile
mi esce dalla bocca
un impasto
contaminante
di rimpianto
senza ricordo .


Una poesia che sembrava un rintocco del terremoto che sarebbe venuto  ma anche una poesia che apriva proprio il discorso, l’incapacità di tirarsi dietro la porta di casa e dimenticare ogni cosa. Non è possibile . E due anni di Osservatorio di confine lo hanno dimostrato.
Ma riprendo da “Santa Barbara amore mio” perché tutto questo nuovo percorso  aspira a diventare un documento antropologico  di straordinaria  importanza .
Ma come era stata preparata questa poesia?
Da quattro frammenti  1) “altri volti /ci seguono/ altri corpi “  2)  “ il volto/da razza antica / e pietrificata / d’un Cristo / sulla croce “  3 )  “per vedere / il giorno futuro / per chiedere  “
4)      “di coprire  con le mani /il volto . Perdona /l’amore,l’angoscia assopita,la matfora…”
Forse poteva essere un’altra poesia .

Eremo Via vado di sole, L'Aquila, venerdì 4 novembre 2011

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