VISIONI : Tirarsi dietro una volta chiusa la porta di casa
Scrivevo sulla quarta di copertina di “Santa Barbara amore mio” un piccolo volume di poesie ,pubblicato nel 1989 che quelle poesie erano il racconto di finzione e realtà in una periferia senza impianti industriali e ciminiere ,densa di spazi verdi e montagne immediatamente a ridosso che sembrano proiettarsi sui tetti delle case
L’iperbole di un’osmosi da diaspora quotidiana tra la periferia e il centro storico che si complica nella meditazione profusa di stranezze da borghese ,grida da rivoluzionario ,insignificanti accenti quotidiani dell’io che si liberano in melopee individuali e collettive. Chiamata a raccolta degli altri ,del prossimo ,dei diversi da sé con vezzo sessantottesco ormai stemperato e integrato per lusingati allontanamenti e pesanti ritorni al mondo dentro “ questo mondo “
Periferia di provincia vissuta e osservata da un flaubertiano uomo ordinato e normale come un borghese colpito a tratti da folgorazioni, straniamenti ,percussioni , attimi di vita e di morte dai quali non riesce a prendere le distanze incapace di tirarsi dietro una volta chiusa la porta di casa alle spalle.
In quella periferia ho vissuto fino ad aprile 2009 e anche oggi la frequento vivendo provvisoriamente in una casa di Via vado di sole a Valle Pretara, a qualche centinaio di metri di distanza. . E dunque da quella periferia ho deciso di ricominciare questa riflessione .
Ma come cominciava Santa Barbara amore mio ? Qual’era la prima poesia ?
Eccola :
L’aria divisa
in spazi regolari
dal vento uniforme
della sera,
un mare alto
e lontano,
gli uccelli disegnati
sulle stoppie
disfatte ,
la tristezza d’un colore
uguale
aspro e forte
su cui appoggiare le guance
mentre scivolano via
i solchi della terra
come un immenso
panorama
visto dall’altro;
in un’aria
tremante, scossa,
dall’ultimo
sole ramato
il calore
d’un urto
alla gola ,
ai genitali;
mi sottraggo
al gembro
bianco ,
immacolato
e forte
che trattiene
i pezzi imballati
in ampie oscurità e fulgori
d’alba;
ricevo ad ora ad ora
una spinta forte possente
e irrefrenabile ,
si affaccia dalla testa
ai piedi, dentro
un forte miracolo
tra lo spavento e la forza
e con un rito innominabile
mi esce dalla bocca
un impasto
contaminante
di rimpianto
senza ricordo .
Una poesia che sembrava un rintocco del terremoto che sarebbe venuto ma anche una poesia che apriva proprio il discorso, l’incapacità di tirarsi dietro la porta di casa e dimenticare ogni cosa. Non è possibile . E due anni di Osservatorio di confine lo hanno dimostrato.
Ma riprendo da “Santa Barbara amore mio” perché tutto questo nuovo percorso aspira a diventare un documento antropologico di straordinaria importanza .
Ma come era stata preparata questa poesia?
Da quattro frammenti 1) “altri volti /ci seguono/ altri corpi “ 2) “ il volto/da razza antica / e pietrificata / d’un Cristo / sulla croce “ 3 ) “per vedere / il giorno futuro / per chiedere “
4) “di coprire con le mani /il volto . Perdona /l’amore,l’angoscia assopita,la matfora…”
Forse poteva essere un’altra poesia .
Eremo Via vado di sole, L'Aquila, venerdì 4 novembre 2011
Nessun commento:
Posta un commento