
Sta tutto in questa affermazione il dono di Gesù Cristo alla sua Chiesa. Egli fa del suo corpo e del suo sangue un dono permanente di vita.
Il Signore aveva nutrito il suo popolo con fior di frumento lo aveva saziato di miele della roccia. Gesù Cristo nutre il suo popolo con un pane che non esaurisce mai, un pane di vita eterna, il pane degli angeli. Tutti e quattro gli evangelisti narrano il miracolo della moltiplicazione dei pani e dei pesci e di come la moltitudine che lo seguiva ebbe modo di sfamarsi. Ma non è quello il pane e la fame a cui fa riferimento Gesù Cristo quando nel racconto di Giovanni afferma : “ “In verità , in verità vi dico che non Mosè vi ha dato il pane che viene dal cielo ma il Padre mio vi dà il vero pane che viene dal cielo. Poiché il pane di Dio è quello che scende dal cielo , e dà vita al mondo.Essi quindi gli dissero :’ Signore dacci sempre di codesto pane .’ Gesù disse loro : ‘ Io sono il pane della vita , chi viene a mè non avrà più fame e chi crede in me non avrà più sete… e io lo resusciterò nell’ultimo giorno ‘ “ ( Giovanni 6, 32-40)




Nella lavanda dei piedi si coglie il senso della morte di Cristo che è dono e servizio . Nella lavanda il racconto lento e ritmato : “Gesù si alzò da tavola, depose il mantello, prese un asciugatoio , se lo cinse alla vita,cominciò a lavare i piedi ai discepoli e ad asciugarli con l’asciugatoio. “
Questi gesti svelano chi è Gesù e rivelano la figura di Dio che egli è venuto a mostrare. Egli svela la sua grandezza divina capovolta e paradossale, tuttavia profondamente vera.
Il legame tra lavanda ed eucaristia è profondo perché Giovanni sostituisce il racconto della lavanda a quello della istituzione dell’eucarestia che pè riferita dagli altri evangelisti interpretando così profeticamente appunto l’ultima cena.
Paolo poi parla dell’eucarestia ad una comunità in forte turbamento divisa tra contrasti e difficoltà.Ai Corinzi infatti egli dice :” Fratelli io ho ricevuto dal Signore quello che a mia volta vi ho trasmesso e così, in questo modo ricordo quello che ha fatto Gesù”.

Con loro attraverso il memoriale della passione morte e resurrezione che nella consacrazione del pane e del vino da parte del sacerdote rinnova il mistero della incarnazione di Cristo.

D’altra parte per noi memoria è il ricordo di un evento trascorso. Fare memoria è per noi conservare il ricordo di avvenimenti della nostra vita , che l’hanno caratterizzata appunto in modo positivo o negativo . Memoria è qualcosa di legato al tempo ed è per noi sempre passato seppure legato al presente. Così il presente può vivere del passato e può costituire la radice del futuro, anche se il passato resta passato e a volte si discosta e si differenzia dal futuro. Per noi la memoria è qualcosa di ormai passato, avvenuto, che non può ripetersi , che sta lì ad indicare un tempo , un fatto, qualcosa di noi e della nostra comunità.E’ qualcosa di diverso da noi, di diverso dal presente.

Memoria di un fatto è per gli ebrei il ripetersi di nuovo e quindi il rivivere quel fatto come se stesse di nuovo accadendo.
Quindi nella cena degli ebrei essi rivivono il passaggio del mar rosso come se quel fatto stesse di nuovo realmente avvenendo. . Il fatto vive dunque nel presente e noi siamo immersi in quella realtà che non è più quella passat o meglio che non è ancora passata e perdura e rivive nel presente come se il tempo fosse annullato.
Quello che Dio ha fatto nel passato dunque vive ancora nella realtà di oggi. E in questo senso appunto che quando celebriamo l’eucarestia Gesù diventa nostro contemporaneo e il dono del suo corpo e del suo sangue è nel tempo la dimostrazione che presente, passato e futuro diventano tutt’uno in quella promessa di eternità che è il done di se stesso pane vivo disceso dal cielo .
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