«Prima di uscire sono stati controllati serrature e malati». Queste sono le frasi che si leggono nelle note consegnate da un turno di infermieri al successivo, per garantire il perfetto ordine del reparto. Chiavi, serrature, sbarre, malati, tutto ciò fa parte dell'arredamento ospedaliero, di cui infermieri e medici sono responsabili, senza che una benché minima differenziazione qualitativa li distingua ... il malato è ormai soltanto un corpo istituzionalizzato che si vive come oggetto e che - qualche volta, finché non è completamente domato - tenta, attraverso acting-out apparentemente incomprensibili, di riconquistare le qualifiche di un corpo proprio, di un corpo vissuto, rifiutando di identificarsi con l'istituzione.
immediatamente oggettivato al momento del suo ingresso in ospedale, il malato per il quale il medico aveva potuto solo presumere un corpo malato, è ora finalmente domato e. rinchiuso in una etichetta che ha tutti i crismi dell'ufficialità scientifica..... E in questa condizione che il paziente si trova in un Istituto la cui finalità risulta l'invasione sistematica dello spazio, in lui già ristretto dalla regressione malata.
... Se dunque la situazione asilare ha rivelato l'antiterapeuticità sostanziale delle sue strutture, una trasformazione che non sia accompagnata da un travaglio interno che le. metta in discussione dalla base, risulta del tutto superficiale ed apparente. Ciò che si è rivelato antiterapeutico e. dlstruttivo nelle istituzioni psichiatriche non è una tecnica particolare o un singolo strumento, ma l'intera organizzazione ospedaliera che - tesa com'è all'efficienza del sistema - ha inevitabilmente oggettivato ai suoi occhi il malato che doveva essere l'unica finalità della sua esistenza. Su questa base è evidente che l'immissione di una nuova tecnica .terapeutica nel vecchio terreno istituzionale risulta precipitosa, se non addirittura dannosa, nel senso che, messa a nudo per la prima volta la realtà istituzionale come un problema da affrontare, si rischia di ricoprirla velocemente come un nuovo vestito che la presenti sotto una luce meno drammatica. Anche la «socioterapia» come espressione della scelta attuata dalla psichiatria della via dell'integrazione, rischia - al momento attuale - di ridursi ad una semplice copertura di problemi, rivelandosi come i vestiti dell'Imperatore della favola di Andersen una copertura in realtà inesistente, nella misura in cui la struttura che la sottende non può che negarla e distruggerla ... (aprile I967)•
Ora ci sono due strade da seguire: o decidiamo di guardarlo in faccia senza più tentare di proiettare in lui il male da cui non vogliamo essere toccati, considerandolo un problema che deve far parte della nostra realtà e quindi non si può eludere; o affrettiamoci - come la nostra società sta già tentando di fare - a sedare la nostra ansia erigendo un nuovo diaframma che aumenti la distanza, appena colmata,fra noi e loro, e costruiamo subito un bellissimo ospedale. Nel primo caso il problema non può però mantenersi entro i limiti ristretti di una «scienza» quale la psichiatria, che non conosce l'oggetto della sua ricerca; ma diventa un problema generale che riveste un carattere più specificamente politico, implicando il tipo di rapporto che la società attuale vuole o non vuole impostare con una parte dei suoi membri ... (gennaio I967)•
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Se, infatti, la psichiatria - attraverso la conferma scientifica dell'incomprensibilità dei sintomi - ha giocato la sua parte nel processo di esclusione del « malato mentale », essa è da considerarsi, insieme, l'espressione di un sistema che ha finora creduto di negare ed annullare le proprie contraddizioni allontanandole da sé, rifiutando ne la dialettica, nel tentativo di riconoscersi ideologicamente come una società senza contraddizioni ... Se il malato è l'unica realtà cui ci si debba riferire, si devono affrontare le due facce di cui tale realtà è appunto costituita: quella del suo essere un malato, con una problema tic a psicopatologica ( dialettica e non ideologica) e quella del suo essere un escluso, uno stigmatizzato sociale. Una comunità che vuole essere terapeutica deve tener conto di questa duplice realtà -la malattia e la stigmatizzazione - per poter ricostruire gradualmente il volto del malato, cosi come doveva essere prima che la società, con i suoi numerosi atti di esclusione e l'istituto da essa inventato, agissero su di lui con la loro forza negativa (giugno I 96 7)•
Da L’istituzione negata a cura di Franco Basaglia Rapporto da un ospedale psichiatrico Nuovo Politecnico Einaudi 1968 pagg. 138-141
giovedì 12 maggio 2011
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