giovedì 12 maggio 2011

LINEA D’OMBRA : Il malato mentale e la comunità curante

LINEA D’OMBRA : Il malato mentale e la comunità curante


…il malato mentale, immesso in una istituzione la cui finalità terapeutica risulta ambigua nel suo ostinarsi a rapportarsi ad un corpo malato, ha assunto su di sé l'istituzione stessa come proprio corpo, incorporando l'immagine di sé che l'istituzione gli impone ... Il malato, che già soffre di una perdita di libertà quale può essere interpretata la malattia, si trova ad aderire ad un nuovo corpo che è quello dell'istituzione, negando ogni desiderio, ogni azione, ogni aspirazione autonoma che lo farebbero sentire ancora vivo e ancora se stesso. Egli diventa un corpo vissuto nell' istituzione, per l'istituzione, tanto da essere considerato come parte delle sue stesse strutture fisiche.

«Prima di uscire sono stati controllati serrature e malati». Queste sono le frasi che si leggono nelle note consegnate da un turno di infermieri al successivo, per garantire il perfetto ordine del reparto. Chiavi, serrature, sbarre, malati, tutto ciò fa parte dell'arredamento ospedaliero, di cui infermieri e medici sono responsabili, senza che una benché minima differenziazione qualitativa li distingua ... il malato è ormai soltanto un corpo istituzionalizzato che si vive come oggetto e che - qualche volta, finché non è completamente domato - tenta, attraverso acting-out apparentemente incomprensibili, di riconquistare le qualifiche di un corpo proprio, di un corpo vissuto, rifiutando di identificarsi con l'istituzione.


Attraverso l'approccio antropologico al mondo istituzionale è quindi possibile dare interpretazioni diverse da quelle date alle modalità, tradizionalmente riconosciute come proprie del degente psichiatrico. Il malato è osceno, è disordinato, si comporta in modo sconveniente. Queste sono manifestazioni aggressive nelle quali il malato sta ancora cercando, in modo diverso, in un mondo diverso (forse quello della provocazione) di uscire dall' oggettualità in cui si sente rinchiuso, per testimoniare di esserci comunque. Ma all'interno di un istituto c'è una ragione psicopatologica per ogni avvenimento e una spiegazione scientifica per ogni atto. Cosi il malato che non poteva essere

immediatamente oggettivato al momento del suo ingresso in ospedale, il malato per il quale il medico aveva potuto solo presumere un corpo malato, è ora finalmente domato e. rinchiuso in una etichetta che ha tutti i crismi dell'ufficialità scientifica..... E in questa condizione che il paziente si trova in un Istituto la cui finalità risulta l'invasione sistematica dello spazio, in lui già ristretto dalla regressione malata.


La modalità passiva nella quale l'istituto lo costringe, non gli consente infatti di vivere gli avvenimenti secondo una dialettica interna. Non gli consente di vivere, offri risi e. essere con gli altri avendo - insieme - la possibilità di salvaguardarsi, difendersi, rinchiudersi. Il corpo del ricoverato è divenuto soltanto un punto di passaggio: un corpo indifeso, spostato come un oggetto di reparto in reparto, cui viene impedita - concretamente ed esplicitamente. - la possibilità di ricostruirsi un corpo proprio che riesca a dialettizzare il mondo, attraverso l’imposizione del corpo unico, aproblematico senza contraddi.zioni dell’'istituto ... Una comunità dunque altamente antlterapeutica, nel suo ostinarsi a presentarsi come un enorme involucro, riempito di tanti corpi che non possono viversi. e che stanno li, in attesa che qualcuno se li prenda e li faccia vivere a suo modo: nella schizofrenia nella psicosi maniaco-depressiva, nell'isterismo. Definitivamente cosificati ... (marzo I967).

... Se dunque la situazione asilare ha rivelato l'antiterapeuticità sostanziale delle sue strutture, una trasformazione che non sia accompagnata da un travaglio interno che le. metta in discussione dalla base, risulta del tutto superficiale ed apparente. Ciò che si è rivelato antiterapeutico e. dlstruttivo nelle istituzioni psichiatriche non è una tecnica particolare o un singolo strumento, ma l'intera organizzazione ospedaliera che - tesa com'è all'efficienza del sistema - ha inevitabilmente oggettivato ai suoi occhi il malato che doveva essere l'unica finalità della sua esistenza. Su questa base è evidente che l'immissione di una nuova tecnica .terapeutica nel vecchio terreno istituzionale risulta precipitosa, se non addirittura dannosa, nel senso che, messa a nudo per la prima volta la realtà istituzionale come un problema da affrontare, si rischia di ricoprirla velocemente come un nuovo vestito che la presenti sotto una luce meno drammatica. Anche la «socioterapia» come espressione della scelta attuata dalla psichiatria della via dell'integrazione, rischia - al momento attuale - di ridursi ad una semplice copertura di problemi, rivelandosi come i vestiti dell'Imperatore della favola di Andersen una copertura in realtà inesistente, nella misura in cui la struttura che la sottende non può che negarla e distruggerla ... (aprile I967)•


... Non potendo più escludere come problema il malato mentale ... si tenta infatti ora di integrarlo in questa stessa società, con tutte le paure e i pregiudizi nei suoi confronti che l'hanno sempre caratterizzata, mediante un sistema di istituzioni che, in qualche modo, la preservi dalla diversità che il malato mentale continua a rappresentare ...

Ora ci sono due strade da seguire: o decidiamo di guardarlo in faccia senza più tentare di proiettare in lui il male da cui non vogliamo essere toccati, considerandolo un problema che deve far parte della nostra realtà e quindi non si può eludere; o affrettiamoci - come la nostra società sta già tentando di fare - a sedare la nostra ansia erigendo un nuovo diaframma che aumenti la distanza, appena colmata,fra noi e loro, e costruiamo subito un bellissimo ospedale. Nel primo caso il problema non può però mantenersi entro i limiti ristretti di una «scienza» quale la psichiatria, che non conosce l'oggetto della sua ricerca; ma diventa un problema generale che riveste un carattere più specificamente politico, implicando il tipo di rapporto che la società attuale vuole o non vuole impostare con una parte dei suoi membri ... (gennaio I967)•


... Tuttavia, nel momento in cui si mette in discussione la psichiatria tradizionale che - nell'aver assunto a valore metafisico i parametri su cui si fonda il suo sistema - si è rivelata inadeguata al suo compito, si corre il rischio di cadere in un analogo impasse, qualora ci si immerga nella prassi, senza mantenere un livello critico all'interno della prassi stessa ... Ciò significa che, volendo partire dal « malato mentale », dal ricoverato dei nostri istituti come unica realtà, c'è il pericolo di avvicinare il problema in modo puramente emotivo. Capovolgendo, in un'immagine positiva, il negativo del sistema coercitivo-autoritario del vecchio manicomio, si rischia di saturare il nostro senso di colpa nei confronti dei malati in un impulso umanitario, capace soltanto di confondere nuovamente i termini del problema ... È per questo che si sente l'esigenza di una psichiatria che voglia costantemente trovare la sua verifica nella realtà e che nella realtà trovi però gli elementi di contestazione per contestare se stessa ..

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La psichiatria asilare riconosca dunque di aver fallito il suo incontro con il reale, sfuggendo alla verifica che attraverso quella realtà - avrebbe potuto attuare. Una volta sfuggitale la realtà, non ha che continuato a fare della «letteratura », elaborando le sue teorie ideologiche, mentre il malato si trovava il solo a pagare le conseguenze di questa frattura - rinchiuso nell'unica dimensione ritenuta adatta a lui: la segregazione ... Ma per lottare contro i risultati di una scienza ideologica, bisogna anche lottare per cambiare il sistema che la sostiene.

Se, infatti, la psichiatria - attraverso la conferma scientifica dell'incomprensibilità dei sintomi - ha giocato la sua parte nel processo di esclusione del « malato mentale », essa è da considerarsi, insieme, l'espressione di un sistema che ha finora creduto di negare ed annullare le proprie contraddizioni allontanandole da sé, rifiutando ne la dialettica, nel tentativo di riconoscersi ideologicamente come una società senza contraddizioni ... Se il malato è l'unica realtà cui ci si debba riferire, si devono affrontare le due facce di cui tale realtà è appunto costituita: quella del suo essere un malato, con una problema tic a psicopatologica ( dialettica e non ideologica) e quella del suo essere un escluso, uno stigmatizzato sociale. Una comunità che vuole essere terapeutica deve tener conto di questa duplice realtà -la malattia e la stigmatizzazione - per poter ricostruire gradualmente il volto del malato, cosi come doveva essere prima che la società, con i suoi numerosi atti di esclusione e l'istituto da essa inventato, agissero su di lui con la loro forza negativa (giugno I 96 7)•

Da L’istituzione negata a cura di Franco Basaglia Rapporto da un ospedale psichiatrico Nuovo Politecnico Einaudi 1968 pagg. 138-141


Eremo Via vado di sole , L’Aquila
giovedì 12 maggio 2011


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