Francesco Giavazzi ha scritto martedì 19 ottobre sul Corriere della Sera un editoriale molto interessante e molto controcorrente sulla rottura tra la Fiat e la Confindustria e sulla politica economica del Governo. Secondo l'economista della Bocconi "finora per la crescita ha fatto di più Sergio Marchionne, annunciando l'uscita di Fiat da Confindustria, del Governo".
"Crescita frenata da troppi monopoli" e con l'occhiello che spiega: "Le lobby e gli interessi particolari" l’articolo di Giavazzi , ordinario della Bocconi ed editorialista di punta del Corriere della Sera, ha suscitato polemiche
Giavazzi sostiene principalmente tre cose: 1) che Marchionne ha fatto bene ad uscire dalla Confindustria; 2) che per la crescita economica la mossa del capo della Fiat vale più di quanto fa il Governo; 3) che la Confindustria, così come concepita in Italia, non esiste più nei Paesi più avanzati e non serve a sostenere le sviluppo e a difendere le piccole imprese.
"Finora per la crescita - comincia l'editoriale di Giavazzi - ha fatto di più Sergio Marchionne, annunciando l'uscita di Fiat da Confindustria, del Governo che punta su una nuova linea ad alta velocità da Lecce a Trieste. Perchè non è la mancanza di infrastrutture ad impedirci di crescere - almeno non in primo luogo - ma i mille interessi particolari che da decenni impediscono le riforme. E Confindustria è uno di questi".
Giavazzi ricorda poi che una Confindustria come la nostra non esiste più negli Usa e in Gran Bretagna e sostiene: "Un conto è la libertà di associazione, di proposta, di lobby, la promozione trasparente di interessi specifici, un altro è sedersi al tavolo con il governo per "concertare le leggi, contrattando dei "do ut des" con la pretesa di avere il monopolio degli interessi di tutte le imprese".
Giavazzi rileva poi che oggi in Confindustria comandano i grandi monopoli pubblici e privati e solleva due domande: come si conciliano i loro interessi con quelli delle piccole e medie imprese e con quale credibilità la Confindustria possa battersi per le privatizzazionia e per le liberalizzazioni. "La vicenda dell'articolo 8 della recente manovra finanziaria è sintomatica" aggiunge Giavazzi secondo cui la Confindustria si è schierata dalla parte dei sindacati "perchè un'associazione degli industriali si giustifica solo se vi sono di sindacati nazionali altrettanto potenti".
Si può naturalmente obiettare sui singoli punti dell'editoriale di Giavazzi ma la sostanza fuori dal coro del suo intervento è di grande interesse e merita di essere attentamente discusso.
In sostanza si tratta di capire qual è la funzione dei monopoli nel nostro paese. Una funzione di pesante immobilismo sembrano ricordare alcuni commentatori .Monopoli che declinano verso l’immobilismo della società .
E’ quello che sembra ricordare l’articolo sul Sole 24 ore a pagina 45 di mercoledì 19 ottobre di Lucilla Incorvati che sembra dire che gli italiani, con fine naso , hanno intuito quando stava accadendo in tema di bot e cct hanno investito sul mattone creando e conservando una richhezza per tasso di proprietà procapite passato da 211 mila dollari a 260 mila dollari per 12,7 trilioni di dollari . Una ricchezza stabile che fa “ muro “ rispetto alla “volatilità” ma che di controverso rimane immobile .
Un immobilismo che è tutto il contrario di quel liberalismo il cui esercizio i cittadini hanno chiesto di esercitare al governo appunto governando e da cui hanno spesso ottenuto disillusioni pari alle aspettative.
L’Italia dunque una pese immobile che spesso non riesce a farsi domande elementari come : il mondo è buono e solo qualcuno lo rende cattivo ? O il mondo è complesso e all’interno di questa complessità occorre lavorare per capire la realtà.
E abbiamo cominciato con Giavazzi e terminiamo questa riflessione sempre con Giavazzi che a settembre scriveva :
“A mio parere non c’è nulla in questa manovra che possa convincere un investitore a riacquistare fiducia nei nostri titoli. Siamo quindi nelle mani della Bce che per aiutarci si è messa in una posizione difficile: non può disapprovare il decreto, perché questo affosserebbe i nostri titoli, e d’altronde non può neppure continuare ad acquistarli. Bisogna quindi riacquistare la fiducia degli investitori prima che la Bce sospenda i suoi acquisti”.
“Occorre inoltre molta più determinazione su liberalizzazioni e privatizzazioni, e soprattutto bisogna avere il coraggio di chiamare le pensioni di anzianità, non toccate dalla manovra, con il loro vero nome: delle rendite. Alcune delle proposte avanzate dal Partito democratico vanno in questa direzione. Altre sono discutibili ma non sono certo peggio del contributo di solidarietà, in particolare la proposta di alzare l’aliquota fatta pagare a coloro che hanno usufruito dello scudo fiscale. Infine i parlamentari non hanno il diritto di chiedere ai cittadini questi sacrifici se prima non approvano una legge che, dalla prossima legislatura, dimezzi il loro numero e da subito tagli alcuni dei loro vergognosi privilegi”.
Eremo Via vado di sole , L'Aquila, giovedì 20 ottobre 2011
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