martedì 11 ottobre 2011

ET TERRA MOTA EST : Costruire una nuova normalità .Rischio e resilienza negli adolescenti esposti ad eventi traumatici

ET TERRA MOTA EST : Costruire una nuova normalità .Rischio e resilienza negli adolescenti esposti ad eventi traumatici

Nel ridotto del Teatro Comunale di L’Aquila, il 10 e 11 ottobre si è svolto un seminario internazionale curato dal Dipartimento della giustizia minorile per riflettere su un tema particolare e presentare una ricerca appunto sul tema : "Costruire una nuova normalità. Rischio e resilienza negli adolescenti esposti ad eventi traumatici" che è l’avvio di una ricerca che il Dipartimento per la Giustizia Minorile sta realizzando nel contesto aquilano sugli effetti a medio-lungo termine del sisma, sui comportamenti e sugli stili di vita degli adolescenti, per individuare azioni di rafforzamento della resilienza sociale che i Servizi possono mettere in campo, con l’obiettivo di sostenere le funzioni di contenimento, tradizionalmente esercitate dal sistema familiare e sociale. In una prospettiva multidisciplinare, sociologi, psicologi, antropologi e criminologi propongono piste di riflessione in merito agli interventi volti a favorire il superamento della lacerazione del tessuto sociale in contesti attraversati da eventi traumatici. In una prospettiva internazionale, il confronto tra esperienze realizzate in altri contesti territoriali conduce ad un focus sugli aspetti psicologici del concetto di resilienza.

Nella prima giornata del seminario saranno presentate “Le linee guida del Comitato dei Ministri del Consiglio d’Europa su una giustizia adatta i minori”. Con il seguente programma :Lunedì 10 Ottobre 2011 ore 15:00- 18:30Europa e Giustizia Minorile: le linee guida del Comitato dei Ministri del Consiglio d’Europa su una giustizia adatta ai minori 15:00 Apertura lavori: Pres. Bruno Brattoli, Capo del Dipartimento per la Giustizia Minorile Dott. Concetto Zanghi, Dirigente C.G.M. L’Aquila 15:30 Saluti delle autorità 16:00 Prof. Andrea Bixio, Docente Facoltà di Sociologia, Università degli studi Roma “La sapienza”16:45 Dott.ssa Isabella Mastropasqua, Dirigente Ufficio Studi, Ricerche e Attività internazionali della Giustizia Minorile 17:30 Dott.ssa Raffaela Milano, Save the Children 18:00 Chiusura lavori:Dott.ssa Maria Burani Procaccini - Coordinatore delle attività scientifiche del Centro nazionale di documentazione e di analisi per l’infanzia e l’adolescenza Chairman: Dott.ssa Isabella Mastropasqua - DGM Martedì 11 Ottobre 2011 ore 15:00- 18:00 Gli adolescenti nei contesti a rischio o colpiti da catastrofi naturali 15:00 “Evento sismico, disgregazione sociale e rischio di devianza tra gli adolescenti aquilani”Dott. Enzo Sechi, Neuropsichiatra infantile 15:30 “Trauma, resilienza e rischio psicopatologico negli adolescenti israeliani”Dott. Gidi Ratzoni, Centro di Salute Mentale Shalvata, Israele 16:00 “Non serve la repressione per contrastare la devianza giovanile: le alternative possibili e il caso del Centro America”, Dott.ssa Nora Habed, consulente del Mo.Jo.Ca (Movimento dei giovani di strada), Guatemala 16:30 Tavola rotonda “Per andare dove dobbiamo andare, per dove dobbiamo andare?”Interventi programmati: Prof.ssa Luisa Nardecchia Docente liceo scientifico statale A.Bafile L’Aquila Dott. Antonello Ciccozzi Antropologo Università de L’Aquila Dott.ssa Carla Lettere Avvocato Camera Minorile L’Aquila Dott.ssa Anna Maria Cappa Monti Unicef AbruzzoCNCA – Progetto Salus Chairman: Dott.ssa Sandra Belloni -Centro Giustizia Minorile de L’Aquila 17:30 Chiusura dei lavori:Dott.ssa Isabella Mastropasqua – DGM Coordinamento scientifico:Isabella Mastropasqua Dirigente Dipartimento Giustizia minorile - Ufficio Studi , Ricerche e Attività internazionali,


Una tema quello della riconquista della normalità da parte degli adolescenti che passa attraverso la riappropriazione della città

E proprio in tema di riappropriazione di alcuni spazi è utile leggere questo articolo di Antonio Paolini pubblicato su L’Espresso che mette l’accento su alcuni comportamenti giovanili che appunto chiedono un maggior approfondimento e un altro sguardo da parte degli adulti. Lo sgaurdo che appunto il seminario ha voluto con altri occhi ; uno sguardo che ha bisogno però ancora di impegno . E gli operatori della giustizia minorile si sono impegnati ad offrire alla città di L’Aquila e ai suoi giovani

“Più di 30 mila sfollati non hanno mai fatto ritorno a casa. A questo ritmo, la macerie saranno state tolte tutte fra 36 anni. Ma la gente vuole riappropriarsi della città. E lo fa di notte, ballando e bevendo tra i palazzi diroccati

I primi, che magari non faranno mattina in strada, cominciano a sciamare in zona già dalle sette-sette e mezza. A far girare le prime birre, i primi calici di Trebbiano e Prosecco, gli stuzzichi. Poi l'onda cresce. Fa la ola davanti al Tritone di pietra, tracima tra il fianco del Castello spagnolo e il percorso di via Garibaldi - a lungo proibito e sorvegliato dai militari per danni e pericoli - e sul proscenio della vita collettiva a L'Aquila, il vecchio Corso e il porticato dove ogni sottogruppo sociale aveva un tempo una colonna di riferimento.

Centinaia di ragazzi, età media sotto i 25, si addensano attorno al fulcro di piazzetta Regina Margherita; il resto in colonna, come in una domenica di primavera a mezzogiorno, a riempire la larghezza del Corso. Ma non è domenica, e non è mezzogiorno. E' notte, e il giro dei lampioni inquadra lo scenario surreale: una folla variopinta che beve e balla sullo sfondo degli antichi palazzi feriti dal sisma, chiusi, le finestre senza luci e tappate con le assi, le porte sbarrate sui detriti, le facciate imprigionate nei massicci puntelli d'acciaio che tengono su il Centro dell'Aquila, piagato e svuotato dal terremoto del 2009, come una gigantesca quinta di teatro. Dove nessuna opera sistematica di ricostruzione, malgrado i proclami, è iniziata. E dove pezzi importanti dei quartieri antichi attorno all'asse percorribile sono ancora "zona rossa": interdetta cioè, con strade e stradine isolate e chiuse da reticolati.


I ragazzi di questa movida tra le macerie, però, quando la notte sarà più fonda, la infrangono. E innescano tensioni con i soldati di guardia, molti dei quali hanno la loro età. E' partita la musica: techno in piazza, rock'n'roll dal vivo trecento metri più giù, "house" dove l'open lounge di un caffè propone consolle, dj e mescita su strada. Sale il volume e cresce il tasso alcolico, insieme al calibro dei contenitori di bevande. Sul lastricato della piazza, a macchia di leopardo, compare il fai-da-te dell'aperitivone di massa: il botellòn 5 litri del supermercato, 6 euro al pezzo, solo uno in più del singolo shottino che ora rimpiazza i calici di vino. Uno sport, quello dei "cadaveri" di vetro in piazza, tanto massiccio che un'ordinanza calmieratrice del sindaco Cialente ne ha da poco vietato l'export all'esterno dei locali dopo le 21. Ma sulla sua applicazione non c'è da farsi troppe illusioni. Il fai-da-te resiste. La macchia umana cresce, l'animazione si fa elettrica.

Ma perché i ragazzi vengono qui a celebrare i loro riti? A sentirli, e malgrado l'incongruenza con la straordinarietà dello scenario, per un bisogno di normalità. Per ridar vita, tra i palazzi fantasma, all'ectoplasma di una socialità ridotta in frantumi - come i muri delle case e delle chiese - dal terremoto, e poi dispersa in un frammentario hinterland, privo di luoghi di aggregazione, dalle scelte fatte (o non fatte) da chi del sisma ha gestito i postumi. "Stavo sotto l'Arco, qui vicino", dice Gianluca: "Ora abito in un prefabbricato a Sassa, un paesino a 12 km da qui. Vivo il centro di notte per avere una parvenza di vita normale, qualcosa che mi faccia pensare a una città: quella in paese è un tetto, non la mia casa. Se credo nella ricostruzione? No". Fa coro, salvo il finale, Cristian, che stava a San Marciano (zona rossa) e ora a Coppito in uno degli edifici del costoso e sbandieratissimo progetto C.A.S.E. "Questo è l'unico luogo rimasto per trovarci, un filo di Arianna che lega il nostro passato al presente e forse al futuro. Io spero nella ricostruzione, avevamo un ristorante, riaprirò. Ci credo ancora".

"Dove abito adesso, prima andavo sì e no a fare benzina. Ecco perché vengo. Bisogna rispettare chi ha riaperto, chi tiene vivo qualcosa e ci ha dato un segnale di vita", dice Giancarlo. Ma nel boiler della notte aquilana non ci sono solo "orfani" della città o studenti, come Max, chietino di San Salvo, che racconta ridendo: "Vengo ogni settimana. Se manco un giovedì mi mettono l'assenza sul libretto". Poi più serio: "Siamo sparsi ai quattro venti in case dove un letto costa 250 euro, a volte metà in nero, e che data la situazione è arduo trovare; l'università ha fatto tanto, è stata forte, ma noi un posto per parlare, vederci, salvo qui, non ce l'abbiamo". C'è anche chi arriva apposta da fuori, come se il Centro puntellato fosse Rimini. Matteo è di Terni, è con due amici e una quasi fidanzata: al ritorno guiderà lei, non beve. Lui racconta: "Abbiamo sentito parlare di queste feste da amici di Rieti. Mai venuti a L'Aquila prima. 'Sto posto è bellissimo, ma fa anche un po' paura. Mai avremmo pensato, tanta gente, musica, ma attorno... Non è come in tivù".

Non lo è. E nemmeno con le "feste" è tutto liscio. I nodi, col fenomeno cresciuto di ampiezza e visibilità, stanno affiorando. Il perché del trovarsi in massa qui, della trasformazione part time di questo cuore di città terremotata in una mini Ibiza, è che non ci sono residenti a "rompere". O meglio: qualcuno c'è. Sulla piazzetta della movida una famiglia, poche altre lungo il drink tour adiacente. E hanno cominciato a chiedere interventi. Più per i postumi delle nottate (cocci ed escrementi) sulle porte a fatica riconquistate, che per il caos e la musica a palla.


Gli stessi esercenti, che pure di movida in parte vivono, e dunque non hanno voglia di uscire allo scoperto, qualche dubbio ce l'hanno. "Al mattino sembra Beirut dopo le bombe, al pomeriggio, con qualche turista che fotografa e scappa, i sassi di Matera, di notte, col casino, Amsterdam, senza i canali", chiosa uno di loro. Un altro, preoccupato, sente "una tensione in questi ragazzi, una rabbia crescente, che prima o poi temo sfoci in qualcosa di brutto". Per adesso, però, i graffi all'ordine pubblico sono stati tutto sommato contenuti. Le scintille con i militari, il problema serio della zona rossa violata, un paio di risse e qualche grammo di hascisc sequestrato durante i controlli di polizia. Che però, con la calca notturna che cresce e le prime richieste di aiuto lanciate da un Comitato per il Centro, paiono destinati a intensificarsi. E come primo bersaglio hanno i locali, più che i loro giovani clienti: pettine fitto su regolarità dei permessi, somministrazioni e via andare. Con gli esercenti che da quasi eroi della resistenza cittadina avvertono ora - e a loro volta insorgono - il rischio di trasformarsi in coimputati.

"Per garantire tutti forse basterebbero un paio di mosse serene", suggerisce Sabatino Romano, segretario provinciale del Sindacato autonomo di polizia: "Telecamere nei punti strategici per scoraggiare chi salta reti o sporca, e permettere interventi dissuasivi mirati. Con i titolari dei locali poi va cercato dialogo, responsabilità: una semplice offensiva burocratica nel caso speciale dell'Aquila sarebbe due volte indigesta".

Per Romano, il vero rischio nella città ancora in buona parte "off limits" non sono i mini-rave in Centro: "Sono i nostri organici risicati, le migliaia di giorni di ferie saltate col terremoto e da recuperare, i mezzi minimi, il nodo. E se coi nuovi tagli si vorrà smantellare l'apparato di sicurezza in una città che per qualcuno già quasi non esiste più, allora, fossi un cittadino di qui, mi allarmerei davvero".

In ballo però, con tanto alcol che gira, c'è anche la sicurezza sulla strada. Altro infittirsi di controlli sulle vie strategiche di deflusso, aumento proporzionale di punti e patenti bruciate, ma anche di relative contromosse da parte dei potenziali appiedati. Chi può (e non abita, espulso come tanti dal sisma, nell'hinterland) rientra a piedi, e ospita in dopo-festa improvvisati e affollati amici e nuove conoscenze per il resto della notte. Degli altri, molti hanno imparato a lasciar l'auto oltre i luoghi di "confine" cittadino più battuti da pattuglie ed etilometri, poi vanno a riprendersele in gruppo e in taxi. E' per questo che le auto pubbliche, rare anche quando la città era normale, ora stazionano sempre più numerose, nelle ore piccole, nella piazza vicina al festone. La movida all'aquilana, oltre a ragazzi ed esercenti, ora ha anche un altro gruppo di fan: i tassisti.

[Fonte L'Aquila vive, nonostante B.di Antonio Paolini http://espresso.repubblica.it/dettaglio/laquila-vive-nonostante-b/2163501//2]

Eremo Via vado di sole , L’Aquila , martedì 11 ottobre 2011

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