mercoledì 12 ottobre 2011

ET TERRA MOTA EST : L'Aquila, una città senza speranza ?

ET TERRA MOTA EST : L'Aquila, una città senza speranza ?

L’unica certezza sulla ricostruzione dell’Aquila è che non ci sono certezze. Gli aquilani oggi sono come turisti su una nave in balìa delle onde e senza nessuno al timone. Per mesi si è discusso su chi dovesse “comandare” fra il sindaco Massimo Cialente e il commissario Gianni Chiodi. Liti, scontri, aspre polemiche. Adesso è praticamente calato il silenzio. Il primo cittadino continua a gridare nel deserto.

Il presidente della Regione si è preso una pausa e fa trapelare che a fine anno lascerà l'incarico di commissario; dà quasi l'idea di colui che fra sé e sé mugugna: adesso mi avete stufato, vedetevela voi. Il ruolo della Struttura di missione (il braccio operativo del commissario di governo) guidata dall'architetto Fontana pare ormai solo di rappresentanza. Quando in passato, la Struttura, ha provato a prendere delle decisioni è stata subito messa all'angolo travolta dalle polemiche, dai siluri giunti dal Comune dell'Aquila e dalle tante lobby trasversali difficili da accontentare. Il vicecommissario Antonio Cicchetti è tornato al suo vecchio amore, il golf, e sembra scocciato da "questi aquilani" mai contenti.

In tale vuoto di potere e di idee (l'unica speranza è che venga approvata al più presto la legge per la ricostruzione che sta per arrivare in parlamento) ognuno fa come gli pare. Nelle frazioni a est del capoluogo ci si arrangia con le università per fare i piani di ricostruzione che poi non si sa se verranno approvati dal Comune (l'unico che ha avuto il via libera è stato quello di Onna - realizzato dai tedeschi - ma solo per evitare l'ira t

eutonica). Nel centro storico e nella periferia dell'Aquila - fra piani stralcio, progetti improvvisati, poteri affidati ai soggetti attuatori, interessi incrociati, annunciati piani di ricostruzione, commissari delegati a rifare le chiese, e poi aggregati, consorzi (con centinaia di piccoli presidenti-ras), capi condomini che arriveranno a gestire decine e decine di milioni di euro - orientarsi è impossibile. Siamo al «tana libera tutti» reminiscenza di un gioco che piace molto ai bambini.

Basta seguire, con un po' di attenzione, le innumerevoli inaugurazioni che si ripetono in queste settimane. Si fanno cerimonie per tutto: campi di calcio, sedi di associazioni, oratori, auditorium, centri sociali, palasport, poliambulatori. Un fuoco di artificio bello da vedere per un attimo, prima che le luci vengano inghiottite di nuovo dal buio della notte. Chi in passato ha invocato - e per fortuna c'è chi ancora si ostina a farlo - una idea per la città sperava che a un certo punto qualcuno si fermasse un attimo per dire: ma perché decine di campi di calcio e non una cittadella dello sport magari con un nuovo stadio; perché una serie di auditorium dove non andrà nessuno e non una città della musica o del teatro dove convogliare il meglio delle produzioni nazionali, perché una università dispersa in mille rivoli e non un vero campus come ce ne sono a decine in Italia.

In questo caos in cui le regole non esistono più - o, quando ci sono, sono incomprensibili e interpretabili a piacere - trionfano i furbi. Il caso Traversi-Cavaliere - da cui emerge un sottobosco in cui tutto è in gioco, persino la scelta del nuovo sindaco - è solo uno dei tanti. Molti episodi non vengono ancora alla luce e forse mai lo verranno nonostante l'impegno di forze dell'ordine e magistratura. Sapete perché la maggioranza degli aquilani non si indigna più di fronte alla ricostruzione che non c'è? Perché ognuno si sta facendo i conti in tasca. Sperando di riempirla, quella tasca. Quando fra qualche mese ci si accorgerà che i conti non tornano e che saremo tutti molto più poveri di prima seguirà una nuova rivolta che farà impallidire anche le "mitiche" carriole della primavera 2010.

In un clima di incertezza il 70 per cento degli aquilani è affetto da una depressione silente che provoca una costante sensazione di tristezza, apatia, scoraggiamento e insoddisfazione. All’origine di questo malessere c’è la perdita dei luoghi, delle relazioni, il vivere in contesti sempre più spersonalizzanti, i problemi economici, tutte conseguenze del terremoto del 6 aprile 2009. È quanto emerso dall’indagine effettuata nell’ambito del Programma di supporto psicosociale e tutela della salute mentale per l’Emergenza sisma (Spes) coordinata dal professor Massimo Casacchia, ordinario di Psichiatria presso la facoltà di Medicina dell’Aquila.

Il professor Casacchia ha illustrato i dati della ricerca questa mattina in occasione dell’ultima giornata del Congresso nazionale Wapr Italia, che si è tenuto presso il polo didattico della facoltà di Medicina a Coppito. Lo studio, ancora in corso, è stato effettuato circa 9 mesi dopo il sisma su un campione di 400 persone, che hanno risposto compilando un questionario.

depressione

«Questo 70 per cento di persone - commenta Casacchia – affette dalla cosiddetta depressione ‘larvata’ non è riuscito a mettere in moto meccanismi di adattamento, a dare un senso a quello che è successo. Le ragioni di questa velata depressione sono, soprattutto per gli anziani, l’isolamento, o non avere possibilità di svago. Per i genitori c’è la preoccupazione per il futuro dei figli, per i giovani non avere luoghi di aggregazioni. Tutti sono scontenti, rimpiangono L’Aquila e non sanno più chi sono. Anche le continue lotte, gli annunci sul ritorno alla normalità che invece non c’è, creano un senso di disorientamento nelle persone che non sanno più a chi dare fiducia».

C’è quindi bisogno di una maggiore attenzione verso i bisogni e le necessità della popolazione. «Non sappiamo - aggiunge il professore - quante di queste insoddisfazioni possono cronicizzarsi e diventare una depressione vera e propria».

Dall’indagine emerge un quadro piuttosto allarmante anche riguardo il disturbo d’ansia, che affligge in maniera importante il 40 per cento della popolazione, che vive uno stato di agitazione sopra la soglia della normalità.

Il 10 per cento della popolazione dopo un anno dal terremoto è affetto dal cosiddetto «disturbo post traumatico da stress», ovvero uno stato di continuo allarme che si manifesta in paura intensa, il continuo rivivere l’evento traumatico, insonnia e irritabilità.

La percentuale però aumenta se si considerano il numero di persone che vivono solo alcuni dei sintomi del disturbo. «Un’altra fetta consistente del campione, circa il 40 per cento - sottolinea Casacchia - non è affetta dal disturbo post traumatico da stress completo, ma da ‘pezzettini’ di questo, per esempio c’è chi soffre solo d’insonnia, chi di irritabilità, ecc.».

Anche in questi casi si tratta di casi che andrebbero seguiti da specialisti.

«Sono persone - conclude - che andrebbero avvicinate per iniziare un percorso insieme. Nella lettera che abbiamo inviato, contenente il questionario, c’era anche l’invito a telefonare e venire gratuitamente presso il servizio Smile per una visita. Una cinquantina di persone hanno chiamato. Ma c’è bisogno di fare di più».

All’indagine Spes, ancora in corso, hanno partecipato anche il dottor Vittorio Sconci, la professoressa Rita Roncone, la dottoressa Annamaria Allegro e il dottor Rocco Pollice.

[Fonte L'Aquila, una città senza speranza di Giustino Parisse Il Centro 10ottobre 2011

http://www.ilcapoluogo.com/News/Attualita/Terremoto-L-Aquila-schiacciata-dalla-depressione-66684]

Eremo Via vado di sole , L'Aquila, mercoledì 12 ottobre 2011

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