ARTE FACTUM : Si impara sbagliando !? Marcia indietro sui neutrini ?

Sparati da Ginevra, dal centro di fisica nucleare del Cern, dopo 700 chilometri, percorsi in pochi attimi, i neutrini erano arrivati ai laboratori nazionali dell'Istituto nazionale di fisica nucleare, Infn, del Gran Sasso in men che non si dica, anzi ancora meno.
Per la precisione erano arrivati 60 nanosecondi prima di quanto avrebbero dovuto, viaggiando alla velocità della luce. Più veloce della luce? Un risultato che aveva messo a soqquadro il mondo della fisica mondiale, dato che avrebbe portato a rivedere le basi di questa importante disciplina. Nulla infatti, secondo le teorie correnti può portare informazione ad una velocità superiore a quella della luce.
Misure incredibilmente delicate, anche perché le apparecchiature in questione, sia a Ginevra che al Gran Sasso, sono molto complesse, alte come una casa e con chilometri di cavi. E poi le misure di tempo e spazio, fatte con il GPS, sulla base di 700 chilometri sono tali, a quel livello, che mille piccoli effetti possono rendere vano il tentativo di misurare con precisione del miliardesimo di secondo.
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Dunque i neutrini non sono più veloci della luce. E’ stato un falso allarme. Lo scrive il numero in uscita della rivista «Science». L’errore non stava della relatività di Einstein ma in una banale connessione in fibra ottica tra il ricevitore GPS e il computer usato per calcolare il tempo impiegato dai neutrini a viaggiare dal Cern di Ginevra al Laboratorio sotterraneo del Gran Sasso. Era il 23 settembre dell’anno scorso quando l’équipe dell’esperimento «Opera» diretto da Antonio Ereditato diede l’annuncio bomba. Con cautela, va detto. Così come cauti nell’accoglierlo, e spesso scettici, furono i fisici di tutto il mondo. Ma la notizia era così clamorosa che occupò le prime pagine di tutti i giornali. La velocità della luce è una costante della fisica. Superarla non solo metterebbe in crisi la teoria di Einstein ma porterebbe a paradossi imbarazzanti: l’effetto potrebbe precedere la causa. Ora il numero in uscita della rivista «Science» lancia il contrordine. Lo stesso gruppo di ricercatori in un comunicato di dieci righe spiega la causa dell’errore. Ma non è finita. Alle 11 della sera di ieri Antonio Ereditato dichiara all’Ansa che non è detta l’ultima parola: occorre prudenza anche nella smentita...

Subito dopo l’équipe di «Opera» si è messa a controllare meglio il proprio esperimento. I fasci di neutrini erano un po’ troppo lunghi, non si poteva sapere se si catturava un neutrino della testa o uno della coda dei fasci: li hanno accorciati perché la misura fosse più precisa. Poi con i satelliti GPS hanno meticolosamente controllato la distanza Cern-Gran Sasso, riducendo l’incertezza a una ventina di centimetri. Il sospetto era che ci fosse un errore sistematico, perché la differenza di tempo saltava fuori in modo costante su 15 mila neutrini osservati. In effetti era così: l’errore sistematico si annidava in un pezzetto di fibra ottica, dove la luce non viaggia alla velocità della luce ma più lentamente, sia perché non è nel vuoto sia perché dentro la fibra viene continuamente rifratta. Era quel rallentamento a far sembrare i neutrini più veloci. Ma l’intervento in extremis di Ereditato lascia spazio a una nuova puntata del giallo.


Qualche riflessione dovranno fare anche gli scienziati. E’ vero, si impara sbagliando. Ma è anche vero che i media oggi hanno i nervi scoperti e ciò modifica il vecchio modo di procedere delle riviste scientifiche, dei controlli tra pari, degli esperimenti indipendenti che si verificano vicendevolmente. I ricercatori dovranno tenerne conto ed evitare l’accavallarsi di annunci, smentite e parziali smentite della smentita. Il che significa, in sostanza, più cautela in laboratorio. E nei giornali meno sensazionali.

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