giovedì 2 febbraio 2012

Un solenne angelo barbuto - poesie -

Un solenne angelo barbuto  - poesie  -

1.
Io le baciai i seni
la notte che bevemmo vino rosso,
avevamo voglia di bere ,
noi distesi sul letto
il mondo intero  intorno al nostro letto,
le figure di terracotta  nella luce
riflessa della luna .
Volevo entrare in un bar  a bere
un bicchiere  di vino,
mi hanno  spaventato tutti quegli uomini
in fila,
la fila dei cappelli e delle scarpe,
volevo tornarci con te.
Io le baciai gli occhi
come due bianchi petali ardenti
in una  tempesta  di luce
d’una notte piena di una tarda luna
immensa e luminosa ,affondata all’orizzonte.
Io le baciai le mani
con una fiamma rossa nel cervello
ruggente .
Io le baciai  il corpo ,
un solo corpo d’amore,
come un canto ,un brivido, una vela fluttuante,
un verde tenero ,un crepuscolo che  continua
a cadere all’infinito ,
un profumo di tiglio a mezzanotte ,
un sogno già concluso
nello sfavillare delle stelle.
Io le baciai il volto ,
come una storia, le sue scene ,le sue parole,
come  un’intricata siepe di ginepro,
un vento tremante ,un ricordo, un nodo di desiderio ,
una notte chiara e lucente,un delirio popolato
di labbra, mento e facce,
petti e cuori,occhi.
Io le baciai  il cuore
come un rimpianto senza ricordo ,
una voragine di nubi .
Io sognai quella notte insieme a lei
i fuochi rossi del fiume
le lune gialle e immobili  , i soli di rame ,
 i fumi delle fornaci , l’estate di bracia ,
pietre bianchi e sentieri,variazioni di rime
e canti, soliloqui notturni ,
parole e vento.
Io sognai  il mondo con lei.



2.
Un solenne angelo barbuto ,
come se l’eternità s’incontrasse
fuori l’uscio di casa,
mi tende la mano
scatenando in corpo  un sogno
scintillante;
una piccola  estatica tromba
con una voce sbronza
intona in un motivo rotto e rauco
un trotto di cavalli  dalle teste di gesso,
come su una pista  di segatura da circo ,
una marcia  di insegne e cartelloni
e stendardi.
Io ero ubriaco di dolore
nel profondo del cuore
e mi camminava accanto un cane
scodinzolante .
Cantando e urlando,saltando sulle spalle delle gente
m’aggrappavo al collo degli uomini
per aggrapparmi al mondo
in cerca di benedizioni, di maledizioni ,di preghiere
e bestemmie,
in quella vita fatta da  uccelli di crespo,
cieli di carta  sbiaditi
come gli edifici
i ciottoli , i campanili, le foglie.
Tutto sospeso poi  nel silenzio giunto
come una mareggiata  a girare  l’anima delle cose
uscite grondanti  dall’accquasantiera delle chiesa sulla piazza.
Io ero il volto, la figura, il corpo
del puro desiderio
rincorso fino alla terra dei ghiacciai azzurri ;
io ero la nullità e la purezza
in tutto quel dolore,
l’estasi di una sera di piena dolcezza,
la voce megafono di una rapsodia di voci .
Io ero trattenuto  nella notte
dalle ombre straripanti dai tetti ,
prigioniero della visione di nitide stelle
di una vita ubriacata dal dolore
passata per caso  in un incantesimo smarrito
di morte.


3.
Il tempo ha consumato  le mosse
dei giocatori di scacchi
riti e sogni  sognati
mille e una notte sognate
il fascino degli dei bruciati,
scarpe di cuoio  e lembi
di lino bruciati . A tutto rimane
 il tempo di una vita consumato
la riga e le parole in versi .

4.
Il tempo s’addormenta
tra la polvere e le muffe
dell’antica casa
ai piedi del colle,
là al limite della pianura
dove il ragno solitario
ricama la sua tela.
Il tempo  si fa corpo
e quello che resta
è l’ambigua  definizione
della vita
quando non riesce più
nemmeno a dormire
con la polvere e le muffe
del suo tempo.

Eremo Via vado di sole, L'Aquila, giovedì 2 febbraio 2012

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