ET TERRA MOTA EST : Sismografie. Ritornare a L’Aquila mille giorni dopo il sisma

Sismografie.
Ritornare a L’Aquila mille giorni dopo il sisma è una raccolta di nove
saggi a cura di Fabio Carnelli, Orlando Paris e Francesco Tommasi,
pubblicata poche settimane fa da Edizione Effigi. Nelle intenzioni dei
curatori non si tratta di commemorare, bensì di rimemorare la catastrofe
dell’Aquila. Se il lavoro di commemorazione fissa l’attenzione
sull’evento singolo, straordinario e puntuale all’origine del trauma –
una scala temporale, quella dell’evento, che la commemorazione condivide
con il discorso giornalistico ed emergenziale –, il lavoro della
rimemorazione esige uno sguardo lungo sui fenomeni, capace di tenere
insieme le storie e di metterle a confronto: se la commemorazione lavora
marcando una discontinuità narrativa, la rimemorazione è
“ricostruzione” di una continuità di senso nel dopo-catastrofe.

I
nove contributi – risultato di una rielaborazione di articoli
pubblicati online sul blog di Il lavoro culturale – sono divisi in tre
sezioni tematiche: economie del sisma, ricostruire l’abitare e
spettrografie.
Nonostante la diversità delle prospettive
disciplinari, delle aree d’analisi e delle metodologie applicate, mi
sembra che emerga nei nove saggi una problematica comune: il rapporto
tra l’agire “dall’alto” dell’istituzione e l’azione “dal basso” dei
cittadini. Da una parte ci vengono così descritte le pratiche
governamentali – per dirla con Michel Foucault – dispiegate dopo
l’evento sismico. Tali pratiche di gestione dell’emergenza riducono la
popolazione e il territorio a meri oggetti dell’esercizio di un potere
eccezionale: quello garantito, in questo caso, dalle procedure di
emergenza che hanno avuto come principale attore la Protezione Civile
guidata da Guido Bertolaso. Sull’altro versante i saggi descrivono le
strategie e le azioni di resistenza orizzontale messe in campo dagli
abruzzesi e finalizzate a una riappropriazione del “diritto di
decisione”: alla popolazione-oggetto dell’istituzione si contrappone
così l’azione di una comunità-soggetto che rivendica il diritto ad
autodeterminarsi.

Nell’ambito
economico le procedure di emergenza trovano nella shock doctrine,
emersa nell’ambito del neoliberalismo americano all’indomani del
disastro di New Orleans, un fondamentale principio ispiratore per la
gestione della popolazione e del territorio: le istituzioni e i governi,
secondo i principi della shock economy, devono interpretare l’evento
catastrofico come occasione “per plasmare le società che la catastrofe
ha riportato all’anno zero” (p. 20), come spiega Stefano Ventura nel suo
contributo.
Come sottolineano Fabrizio Petrei e Lina Maria
Calandra nei loro articoli, questo tipo di dinamica , che sottrae il
territorio alla disponibilità di chi lo abita, si crea soprattutto lì
dove i circuiti di comunicazione tra istituzione e cittadini non
funzionano più. In questi casi, come dice Calandra, occorre
riconfigurare la sfera pubblica e il rapporto tra cittadino e
istituzione al fine di permettere, in fase progettuale e decisionale,
che il singolo possa contribuire a ripristinare “i propri dove”,
partecipando alla ideazione e alla realizzazione tecnica, scientifica e
politica della ricostruzione (p.32).

Nella
seconda sezione, dedicata alle forme dell’abitare, la dialettica tra
pratiche governamentali e pratiche di riappropriazione emerge in tutta
la sua chiarezza con l’analisi della tendopoli come forma di
“istituzione totale” portata avanti da Rita Ciccaglione ed Emanuele
Sirolli. L’istituzione totale è:
il luogo in cui gruppi di persone risiedono e convivono per un significativo periodo di tempo.
I tratti distintivi di detta istituzione sono:
l’allontanamento e l’esclusione dei soggetti istituzionalizzati
l’organizzazione formale e centralizzata del luogo e delle sue dinamiche interne
il controllo operato dall’alto sui soggetti-membri” (p. 63)

L’irreggimentazione
spaziale (la divisione degli spazi interni ai campi) e temporale (per
esempio i riti dell’alzabandiera e del silenzio che aprono e chiudono le
giornate degli sfollati) della vita nella tendopoli è alla base secondo
Sirolli dell’emergere tra gli aquilani di una “sindrome da
istituzionalizzazione”. La vita dei singoli, regolata e resa funzionale
agli scopi organizzativi e di gestione dell’emergenza dettati
dall’autorità (spesso militare), diviene mero oggetto passivo di
intervento esterno: la capacità di azione e iniziativa del singolo viene
così mortificata e il soggetto si sente incapace di incidere sulla
propria condizione. La sindrome da istituzionalizzazione costituisce in
questo senso l’effetto di pratiche governamentali che invece di aiutare
il soggetto a sviluppare capacità di resilienza e recupero, come auspica
Ciccaglione, ne peggiorano lo stato psico-fisico.

Soprattutto
di pratiche di resistenza e riappropriazione parlano invece i due saggi
di Fabio Carnelli su Paganica e di Salima Cure, Isabella Tomassi e
Filippo Tronca su Pescomaggiore. Si tratta del caso di due comunità che
ricostruiscono la propria “geografica simbolica” sia attraverso la
riproposizione di processioni religiose – nel caso di Paganica – che
attraverso la “autocostruzione” di un villaggio ecosostenibile seguita
al rifiuto della popolazione di Pescomaggiore di abbandonare il
territorio così come richiesto dalle autorità. Cure, Tomassi e Tronca
rileggono quest’atto alla luce delle filosofie della comunità
recentemente sviluppate e vedono in Pescomaggiore un esempio pratico di
governance as a common.

L’ultima
sezione, Spettrografie, integra al quadro fin qui tracciato due aspetti
fondamentali: il discorso mediatico e quello umanitario. L’analisi di
Daniele Dodaro e Antonio Milanese ha al centro le gallerie fotografiche
online pubblicate sul sito del quotidiano La Repubblica e sul sito del
settimanale L’Espresso. I tempi della cronaca e quelli dell’emergenza si
rispecchiano nella scelta del quotidiano di racchiudere il percorso del
lutto in sei giorni, tracciando una scansione narrativa che va dalle
immagini “intense” della distruzione a quelle “distese” degli sfollati
nelle tendopoli ritratti in una “straordinaria ordinarietà”. L’Espresso
decide invece di prolungare il proprio racconto fotografico e
soprattutto di riprendere anche l’azione degli sfollati: non più dunque
soggetti “agiti” prima dalla forza naturale e poi dall’istituzione, ma
soggetti d’azione e in azione.
Il saggio di Francesco Zucconi,
nella analisi della sovrapposizione tra la sofferenza degli aquilani e i
riti e l’iconografia della settimana santa (il terremoto avvenne il
lunedì santo e i funerali di duecentocinque delle trecentootto vittime
si tennero il venerdì), mette in evidenza quanto il discorso umanitario
rischi di divenire elemento di rinforzo delle pratiche governamentali,
dando luogo a una “tecnocrazia umanitaria” che sospende “ogni
partecipazione democratica e ogni collegialità decisionale” (p. 106) in
nome della tutela della vittima e per la buona riuscita di una nuova
missione umanitaria

Gli
autori di Sismografie lavorano su un evento che è ancora molto vicino a
noi e su cui abbiamo ancora molto da riflettere. In tal senso i saggi
della raccolta sono ricchissimi di idee e analisi interessanti che però a
volte non vengono pienamente sviluppate, lasciando il lettore con la
voglia di saperne di più. Inoltre in alcuni passaggi sarebbe stato utile
collegare gli studi sul sisma aquilano a una bibliografia ormai
abbastanza ricca sui fenomeni sismici: dagli studi storici di John
Dickie sul terremoto di Messina alle analisi di Augusto Placanica su un
terremoto calabrese del 1783, dalle riflessioni filosofiche di Susan
Neiman sul terremoto di Lisbona al filone degli studi sulla
governamentalità della scuola di Paul Rabinow fino a giungere in Italia
al “paradigma immunitario” di Roberto Esposito.
Il volume
dimostra tuttavia con chiarezza, all’indomani del terremoto emiliano,
l’importanza di indagini di questo tipo. Ci dimentichiamo molto spesso,
infatti, che la catastrofe sismica è il risultato dell’“incontro” tra
due grandezze su cui è possibile in qualche modo agire: l’evento
naturale e il sistema antropico in cui questo avviene.
Se
dal lato dello studio dell’evento naturale siamo in attesa che la
sismologia arrivi presto all’elaborazione di sistemi affidabili per la
previsione dei fenomeni sismici, dal lato dell’analisi dei sistemi
antropici l’economia, la geografia umana, la psicologia, l’antropologia e
la semiotica possono aiutarci a elaborare nuove strategie per
diffondere una buona cultura della prevenzione, per rafforzare la
resilienza rispetto a eventi catastrofici e per migliorare i processi di
“empowerment” delle popolazioni colpite dai disastri. Sismografie e il
lavoro degli autori dei saggi in esso contenuti sono un buon esempio di
quanto questi saperi pratici e teorici, se messi opportunamente in
azione, ci aiutino ad affrontare questi eventi con più consapevolezza e
forse con più efficacia.
Il libro è disponibile in formato ebook, ordinabile in libreria o scrivendo all’editore
Daniele Salerno in http://centrotrame.wordpress.com/2012/05/25/sismografie/#more-2310
Eremo Via vado di sole, L'Aquila, martedì 29 maggio 2012
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