Le virtù sono una pietanza rituale che si ripropone ogni anno il primo maggio nella zona del teramano.
Quella delle virtù è una tradizione molto antica e risale ai tempi in cui, dopo la lunga stagione invernale, i parchi resti della madia si univano alle primizie dell’entrante primavera e le "virtù della provincia povera e contadina sapevano trovare, attraverso le sapienti mani delle donne, la verve e la fantasia per approntare un cibo ricco e delicato". Si tratta, in pratica, di un minestrone molto particolare. I contadini di una volta, infatti, non buttavano via niente, neanche il pane vecchio per assicurarsi qualcosa in caso di carestia. Le donne in particolare conservavano tutto con cura e maestria e, in tempi in cui non c’erano frigoriferi o conservanti, mantenevano le provviste senza tarli o muffe. Il perché questo minestrone si prepari per il primo maggio deriva dall’usanza di celebrare la dea Maia (da cui maggio) per propiziare la fertilità della terra e l’abbondanza del raccolto. Ma vediamo ora cosa c’è in questo minestrone: fagioli, ceci, lenticchie, fave, cicerchie, piselli, carote, zucchine, bietole, indivia, scarola, lattuga, cavolo, cavolfiore, rape, borrace, cicoria, spinaci, finocchi, misericordia, aglio, cipolla, menta, maggiorana, salvia, pipirello, sedano, prezzemolo, carciofi, prosciutto crudo, cotenna, carne di manzo, carne d’agnello, noce moscata, pepe, chiodi di garofano, lardo, parmigiano, pasta di semola di grano duro di varia qualità, carne tritata, olio d’oliva, sugo di carne mista alla "macellara", pasta fatta in casa con uova. La preparazione richiede tempi lunghissimi perché quasi tutti gli ingredienti vanno cotti separatamente e poi mescolati in modo particolare per cui, pur mantenendo la tradizione, non sono molte le famiglie che preparano le virtù a casa (tra queste la fam. Faragalli che ringraziamo per le foto concesse), preferiscono affidarsi ai ristoranti che si attrezzano anche per l’asporto. Il primo maggio, infatti, sia che si vada a fare un picnic in montagna, sia che si resti in casa, si passa per il ristorante a comprarle. Quindi .... appuntamento a Teramo il 1° maggio di ogni anno.
E’ un piatto dalla storia controversa di cui molti paesi rivendicano la primogenitura ma le cui origini romane sembrano incontestabili e riconosciute dallo stesso Giuseppe Savini, primo a studiare in modo sistematico le tradizioni e il folklore della provincia di Teramo.
Savini infatti, cita Poggio Bracciolini (1380-1459) che riferisce come questo piatto ai suoi tempi fosse molto noto a Roma, dove si consumava proprio alla data del 1º maggio ed era chiamato con lo stesso nome di Virtù, oggi usato in Teramo.
(LA)
« Facetum Contra Romanos Qui Edunt "Virtutes": Calendis Maii, Romani varia leguminum genera, quae virtutes appellant, simul coquunt mane eduntque. Franciscus Lavegnis, Mediolanensis, per jocum, cum is mos recitaretur inter socios: -- 'Nequaquam mirum est,' inquit, 'Romanos a superioribus degenerasse, cum singulis annis eorum virtutes edendo absumant' »
(IT)
« Detto giocoso su i romani che mangiano le "virtù": Ai primi di maggio i Romani raccolgono varie specie di legumi che chiamano virtù, le cociono e le mangiano alla mattina. Francesco Lavegni, di Milano, per ridere parlandosi fra amici di questo costume: «Non è da meravigliare», disse, «che i Romani abbiano degenerato dai loro maggiori, perché ogni anno le loro virtù hanno consumato mangiandole. »
(Poggio Bracciolini, oltre l'edizione citata da Savini cfr. ad esempio, Facezie, prefazione di Domenico Ciampoli, Lanciano, Carabba, stampa 1911 )
Si tratta di un cibo molto antico che rispetta rigorosamente "le scadenze calendariali e i ritmi stagionali", scrive Giuseppe Di Domenicantonio in un suo studio, un cibo che se ormai è ufficialmente "adottato" come proprio dal popolo teramano, si ritrova, sia pure con altre denominazioni e caratterizzato da numerose varianti, in molti paesi d'Abruzzo.Si dice che in passato le Virtù venivano prodotte dall'intera comunità che le distribuiva agli indigenti. In effetti tale usanza sembra permanere nell'abitudine a cucinare le Virtù in grande abbondanza e ad offrirle in omaggio ai vicini, alle persone care e anche a semplici e occasionali conoscenti.
In tutti i casi le Virtù appaiono legate all'incerta esistenza dei contadini che al termine dell'inverno vuotavano le madie e le ripulivano da tutti gli avanzi. Ai legumi secchi, così raccolti, si univano gli ingredienti freschi che già la nuova stagione aveva iniziato a produrre in abbondanza.
Tale credenza tuttavia per quanto molto nota non è molto seguita nella pratica e gli ingredienti in realtà sono sempre in numero maggiore. Resta il fatto che il sapore deve nascere dalla realizzazione di una perfetta miscela nella quale nessun ingrediente deve emergere.
Secondo Giuseppe Savini le Virtù venivano un tempo chiamate anche "li zocche" o "cucine" ma si tratta di espressioni ormai non più in uso.
Eremo Via vado di sole , L'Aquila,giovedì 16 settembre 2010
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