“Ad un certo punto della sua lunga, tortuosa storia di scrittore,Calvino si accorse di essere dominato da una passione retorica esclusiva ,una passione cui si dedicò con una tacita ,ostinata, schiva devozione : la chiarezza. Scrittore limpido Calvino lo era sempre stato; ma ora non di limpidezza si trattava ,ma di una chiarezza che forse era il suo contrario. La limpidezza mimava un’arguta ingenuità. Presupponeva una pagina unidimensionale,liscia ignara di anfratti,trasparente; ma la rivelazione della chiarezza era tutt’altra: la capacità, la vocazione fatale a vedere per l’appunto ciò che sta oltre ,accanto , attorno, dietro la pagina : una pagina a più dimensioni, una paginaad infinite dimensioni , illusionistica, allucinatoria, enigmatica ma sempre tale in virtù della chiarezza. Il modello di codesta chiarezza è lo specchio , superficie apparentemente univoca, coerente ma capace di ospitare una folla di immagini, tutte chiarissime ,ansiose di essere nominate e descritte , ma impossibili, irraggiungibili dal tatto : immagini non cose. La scoperta della chiarezza dello specchio conduce Calvino per le strade della fiaba, del mito, gli consentì di sfiorare le tenebre, di misurarsi con l’enigma: . Ma il rebus è anche un gioco : Calvino non tollerò che l’enigma osasse liberarsi dallo stile del gioco.Questa astuzia, questa ostinazione, sapientemente infantile lo protesse dalla tentazione cui talora indulgono gli scrittori irrealistici : la profondità. Fece proprio il malizioso comandamento di Hofmannsthal:<> E che altro fa lo specchio?
Ma forse c’è qualcosa che può ospitare giochi ed enigmi,illusioni e chiarezza, estro e silenzio anche più della liscia superficie dello specchio : ed è uno specchio posto di fronte ad un altro specchio : in questo secondo specchio si troverà tutta la lucida intangibilità del primo , ma anche un ulteriore gioco, l’enigma che risponde all’enigma , la descrizione della descrizione. <>
Questa citazione compresa quella di Hofmannsthal sono tratte dall’ultimo – conclusivo e culminante – libro di Italo Calvino Lezioni americane.Libro stupendamente duplice, un testo letterario che parla di letteratura. E’, per l’appunto, il secondo specchio, quello che trasforma in specchio anche colui che scrive : il trionfo della chiarezza. Letteratura sulla letteratura , le Lezioni Americane di Calvino si collocano appunto sulla cima perigliosa di questa chiarezza: quella che illumina tutte le ambiguità,la duplicità, l’insondabile superficialità del discorso letterario. Tutto è chiaro, ma niente è limpido ; tutto è rigoroso ma niente è immobile : tutte è lì ma non lo puoi toccare.
Già nelle prime pagine, Calvino ricorre ad un mito, uno dei grandi miti greci : Perseo riesce ad uccidere e decapitare la Medusa perché non la guarda direttamente ,ma la studia e la aggredisce nello specchio ; nelle sue mani questa testa mirabile e fatale diventerà un’arma terribile, purchè Perseo non la guardi mai direttamente. Citando Ovidio Calvino nota che la testa di Medusa non è solo orrore, ma una qualche misteriosa forma d’amore; con Perseo colloca quella testa su uno strato di foglie , e i ramoscelli marini a contatto con la Medusa diventano coralli. Calvino affascinato da questo mito stupendo , si rifiuta di commentarlo; si rifiuta di passare dalla chiarezza alla limpidezza. L'oscurità del mito è la sua perspicuità. Forse mai come in questo libro sulla letteratura , Calvino ha percorso i labirinti, i corridoi a specchio, i paesaggi illusionistici della propria letteratura : un itinerario ilare, incantato , fitto di brividi con soprassalti di rapide angosce: quel sorriso e quella paura che tengono la mano potente ma ignara dell’incantatore. Oh, egli sa molto di più di quanto creda di sapere, ma questo appunto importa: che egli non commenti ,non interpreti se stesso ; non si capisca. Il Grande giocatore fa parte del gioco . Ma ancora si propone l’ambiguità del discorso calviniano: il non sapere dello scrittore si fonda sul sapere di non sapere, ancora su un gioco sapiente di specchi: sapere di on sapere è più sapiente che non sapere. Anzi, non solo non può sapere, ma neppure capire.
Diviso in cinque capitoli intitolati ad altrettante immagini letterarie – Leggerezza, Rapidità, Esattezza, Visibilità, Molteplicità - questi vogliono esser letti ,credo, come Cinque Lezioni Fantastiche, magari le prime cinque di una Mille e una notte critica. Come queste sono ricche <>. Anzi direi che la figure letteraria che circola più impetuosa è questa che pone in contatto oggetti non solo diversi ma eterogenei , anche non oggetti,una cifra ed un castello ,un emblema e un animale, mai esistito. Come i geni delle Mille e una notte , il luogo mentale naturale di Calvino è l’aria : luogo aperto alla sollecitazione dei venti ,non governabile dall’io , abitato da dinamiche impetuose o soavi,in ogni caso ignare di volto.
Il cristallo e la fiamma sono due modelli di forma che sfidano lo scrittore; ma questo virrei osservare , che del cristallo non viene sperimentata la freddezza , né della fiamma l’ustione: entrambi sono guardati nello specchio dove esistono solo forme , e una città che brucia è silenziosa e gelida come un pianeta morto.
Vorrei isolare alcune linee di questo misto poema in prosa De loitterarum natura, così come Calvino cita un suo Leopardi , o Ovidio.
Due citazioni da due pagine non contigue fanno intuire quanta elaborata sapienza retorica nasconda questa incantevole superficie : (pag. 89) lo metto accanto a questo stupendo :<> (pag. 37):
Questa altra citazione mi sembra si colleghi per cunicoli tenebrosi con il mito di Medusa:<> (pag. 63) Questo discorso che qui tratta di Leopardi ,rimanda all’impossibilità di del discorso letterario , ma solo specchio , chiaro e freddo, anche ludico , oscuramente felice.
In conclusione tutto il discorso di Calvino porta a quel misterioso , ambiguo, emblematico culmine che è la retorica. La chiarezza rifiuta l’impuro allettamento dell’ispirazione : meglio la . La retorica è la grande difesa nei confronti del fascinoso automatismo, della confusa potenza della visione. L’illusione di colui che scrive è che egli sia veramente titolare in proprio di un potere letterario , che in definitiva lo specchio non esiste. Ma che cosa è l’argomento dello specchio ? Ancora la letteratura, la letteratura come mondo, spazio,universo. <>.
Recensione di Giorgio Manganelli a Lezioni Americane di Italo Calvino pubblicata su Il Messaggero, 1988
Eremo Via vado di sole , L’Aquila, lunedì 20 settembre 2010
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