
Fu nel 1913 a Parigi, e uno che veniva a Firenze mi disse nel vedere che mi accaloravo discorrendo d’un libro, che somigliavo,per gli argoemti cui ricorrevo e il modo di presentarli ad un suo amico poeta , e non disse Saba, ma un altro nome, e capii subito che si trattava di Umberto Saba che ancora non conoscevo di persona , ma del quale avevo letto poesie sulla Voce, se ricordo bene, e certamente Coi miei occhi, uscito l’anno prima.
Nel 1922 o nel 1923 , ero di passaggio a Torino e Giacomo Debenedetti che faceva in quegli anni Primo Tempo mi parlò di Saba con ammirazione tanto convincente che mi avvicinai a Saba come al solo poeta di quel momento che mi potesse capire . Saba mi mandò subito da Trieste un quaderno che conteneva le strofe ricopiate di sua mano del poemetto L’uomo e, più tardi, nel 1931, quando Preda ripubblicò la mia Allegria , molto ritoccata dopo la pubblicazione del 1919 ( o nel 1923, forse quando riprendendo il vecchio titolo della prima stampa in volume di mie poesie, Il porto sepolto, Ettore Serra raccolse a La Spezia ,per primo in volume quella parte di poesie del Sentimento del tempo cui già avevo dato forma , ripubblicando unitamente l’Allegria in una stesura non molto dissimile da quella dell’edizione Preda) (ma rileggendo il presente mio scritto ,mi accorgo che nella Storia e Cronistoria del Canzoniere, la data è da

Nel 1925 Eugenio Montale pubblicò gli Ossi di seppia, e da qual tempo l’uso invalse nella critica di citare uniti i nostri nomi , quello Saba, quello di Montale, e il mio, per rilevare differenze , per indicare ciò che ci era comune nelle aspirazioni, o anche per opporci, a volte acremente,l’uno all’altro. Era ormai consuetudine di lunghi anni sentirmi unito ai miei due compagni nell’opinione che seguiva il lavoro di ciascuno di noi. Spesso sono stato ingiusto e verso l’uno e verso l’altro. Sono un uomo con le umane debolezze. Oggi è partito il maggiore per gli anni , e anche il maggiore per la bontà, oggi uno di noi tre manca per il proseguimento del lavoro e il mio lavoro , è già tanto stanco.

Venne con Adriano Grande a trovarmi , era la prima volta che lo conoscevo di persona, e andammo tutti e tre a vedere Enrico Falqui , e poi incontrammo Malaparte. Malaparte ci disse che un comm. Della Pera , o ne sbaglio involontariamente il nome,che era il prefetto che dirigeva le discriminazioni razziali ,era amico dello scultore Arturo Dazzi. Dazzi abitava, e abita ancora, una villa al Forte dei Marmi vicina a quella di Malaparte. Malaparte ed io partimmo per il Forte. Dazzi accettò subito di scrivere o di telefonare al Prefetto di cui ricordo male il nome, e ne chiedo scusa , il quale poi una sera ricevette in casa sua Falqui e me e ci ascoltò e ci fece delle promesse. Poi i ragazzi delle scuole fecero delle dimostrazioni contro la Francia, e crebbero da parte mia i discorsi imprudenti , ed ebbi anch’io la mia disavventura. Mentre stavo per partire da Roma e andarmi ad imbarcare a Genova, e il salone dell’Albergo d’Inghilterra era pieno d’amici venuto a salutarmi, fui fermato. Mia moglie e i mei bambini erano rimasti a S. Paolo e sarebbero rimasti soli e senza mezzi in un paese lontano, se non fossi potuto tornare laggiù a guadagnare da vivere per essi e per me. Si ricorse a Mussolini , e diede ordine che mi lasciassero tranquillo. Mi tolsero solo la tessera.

Nel guardarlo bene imparai che il dolore :
ha una voce e non varia
Questa voce sentiva
gemere…
Nessuno ha più di Saba sentito nell’intimo se la presenza del nodo di dolore che da infiniti secoli nell’uomo si fa più stretto da generazione a generazione, e la stretta di tanto dolore nessuno l’ha espressa con familiarità uguale alla sua , con quella grazia sua che resterà unica :
ancora
giovane, ancora
sei bella. I segni
degli anni , quelli del dolore, legano
l’anime nostre , una ne fanno…
La luce del dolore e brama nella tenebra carnale accendevano i suoi sogni. E anche l’ingenuo vivere e l’ingenua dedizione e l’illudersi ingenuo, con sorridente meraviglia colti insuperabilmente in quel capolavoro da petit maitre olandese (ma erano, tutti sanno,grandi maestri ) che è la sua poesia a mia moglie:
ti ritrovo in tutte
le femmine di tutti
i sereni animali
che avvicinano a Dio,
e in nessun altra donna.

Le giurie, tutte, furono sempre avarissime , anzi crudeli con lui , e non ebbe che povertà. Avrà per premio l’attenta gratitudine delle generazioni che verranno.
Caro Saba, sei partito, ma eccoti riapparito accanto a noi come ti vedevi nel ritratto di Bolaffio:
La notte vede più del giorno.
Parte
di quella ancora,ad occhi aperti sonoil montone dipinto da Bolaffio,
che solo torce di tra il branco il muso
umano.
Non vano
godimento ne provo; quasi vivo
fosse l’amico che pur ieri è morto.
Eremo Via vado di sole, L’Aquila venerdì 17 settembre 2010
Nessun commento:
Posta un commento