domenica 5 dicembre 2010

AD HOC : Parole

AD HOC : Parole

Gli eschimesi hanno cinquanta parole per indicare la neve. Significa che nel loro linguaggio essi riescono a cogliere almeno cinquanta sfumature nel significato del termine “neve”.

Noi non riusciamo più nemmeno a cogliere il senso delle parole, il loro significato.

Ed è problema serio come uomini perché stando ad Aristotele l’uomo non è altro che parola e senza parola l’uomo non è.

A questo destino sembra che non riusciamo più a sottrarci a tener conto perchè le parole della vita ci sono state sottratte e le parole della politica sono state affidate ad un teatrino che mostra ogni giorno di più il volto del turpiloquio , della invettiva , della diceria come componente essenziale di ogni manifestazione.

Dicerie dell’untore un ben libro che racconta una malattia, la tubercolosi, che racchiude in sé, il concetto stesso di consunzione, dissoluzione. Un soggetto, quello del binomio di amore-morte, è in qualche modo la metafora di questo discorso sulle parole.

Qualcuno afferma che la vera natura del linguaggio è minerale. Chi non sa che all’occorrenza le parole diventano “pietre” e ancor di più “macigni”? Metafore di uso quotidiano a cui ricorriamo quando il lessico si schianta sotto il suo stesso peso. Vocaboli come proiettili o corpi contundenti , da usarsi in una lotta di sopravvivenza verbale. A volte bisogna pur dirlo i sassi sono un dilavamento dell’anima, sono leggeri. Ma è l’aspetto nobile di questo deposito Sono le parole granello che bisogna rintracciare con un setaccio a rete fina negli scritti dei poeti. Occorre un crivello per trattenere impurità a livello di suono per separarle dal senso comune.

Sembra assurdo ma è così. La parola può essere questo ed abnorme il contrario di questo. E’ quando è un lapillo minuscolo in un giacimento di tufo va ricercata, coltivata ,aiutata a venire fuori . L’aspetto meno nobile della parola e la brutalità di alcune parole che si stanno imponendo nella politica. Le parole della politica di per sé alte e nobili che hanno lastricato il cammino della storia di alcuni paesi , di democrazie mate cresciute e ormai affermatisi , alcune parole stanno scomparendo nel lessico della politica. Stanno progressivamente assumendo un altro significato e un altro senso oppure sono completamente relegate in un angolo .

C’è una manomissione delle parole come quelle per esempio della tradizione della politica di sinistra che fa pensare ad un cambiamento del rapporto con le parole. Le parole possono cambiare il mondo e questo loro potere può essere usato per realizzare un mondo migliore e un mondo peggiore di quello che viviamo. Perché chi non ha parole nella nostra società non ha alcun potere.

Sono esemplari in questo senso le pagine di Lettera a una Professoressa dei ragazzi della Scuola di Barbiana di Don Milani .

Quello che viene in evidenza nelle parole della politica di oggi è che purtroppo il pane non è più chiamato pane e il vino non è più vino. Le parole , per esempio in tivù si riducono sempre più e così come vengono usate danno una cattiva anzi pessima rappresentazione della realtà. In quei contesti non c’è solo una cattiva scelta delle parole ma anche di argomenti.

Ho ascoltato in tivù uno spot sulla sicurezza sul lavoro che dice che “chi pretende la sicurezza sul lavoro si vuole bene”. Come forma di comunicazione non lo so può anche funzionare ma come argomento sostanziale in tema di sicurezza del lavoro è poco meno di una patacca. La sicurezza sul lavoro è uno dei tanti doveri dell’imprenditore che spesso sono assenti nella partita culturale nel nostro paese a differenza degli altri . Ebbene in questo dovere ( dico dovere non capacità )dell’imprenditore sta il discorso sulla sicurezza. Lo spot sposta invece il problema proprio sulla capacità dell’imprenditore . Per cui se l’imprenditore realizza la sicurezza è capace e quindi bravo. Capace o non capace la sicurezza è un diritto, deve essere pretesa e realizzata indipendente se l’imprenditore è bravo o è cattivo.

Che cosa significano dunque alcune parole nella vita quotidiana di lavoratori , studenti, genitori, insegnanti. Per esempio formazione? Chi la fa la formazione, che senso ha, che produce , a che serve?

E ancora che significa popolo, che significa libertà, che significa democrazia. In Grecia per esempio queste parole nacquero con un cuore da discutere sapendo che non c’è azione senza parola che la prefiguri. Il fare senza il pensare è un’azione bruta e spesso la politica del fare senza il sostegno della parola guidata dal pensiero diviene pericolosa e triviale .

E’ proprio la volgarità che striscia nei discorsi politici è la spia della irresponsabilità.

La neolingua della politica del fare è la neolingua della menzogna che non lascia nessuna traccia ma che provoca danni a volte irreparabili. L’uso distorto delle parole crea un mondo alla rovescia . Certa politica di oggi confisca delle parole nobili e ne scredita delle altre . Un esempio: mi è sembrato di capire che più volte il nostro capo del governo abbia detto che lui non è un politico ma un imprenditore. Questa affermazione dà significati alle parole politico e imprenditore : sarebbe interessante andare a rintracciarne i segni positivi e negativi . Qualcuno afferma che questa differenza in bocca al capo del governo la dice lunga sul senso , il significato e il fine che assume in quella esperienza la parola politica.


A questa riflessione non interessa che cosa appunto questa affermazione abbia prodotto nell’azione di governo , anche perché altri ne riferiscono ,per esempio alcuni articoli di Luca Ricolfi su La Stampa che chi è interessato al discorso può tranquillamente leggere . Qui si è cercato di riflettere sul linguaggio della politica quando appare in tivù, quando viene proposto nelle piazze, quando è appunto rovesciamento della realtà. Come nel caso delle missioni all’estero dove in alcune siamo su uno scenario di guerra e siamo costretti forse a fare anche noi la guerra e la chiamiamo missione di pace e i morti li chiamiamo caduti. Ma anche questo è un discorso difficile da fare con attenzione, discrezione e puntualità in quanto implica tante e tali relazioni con gli uomini, il mondo , la storia, la vita che può essere superficiale soffermarsi alle prime battute di un discorso o alla sola angolazione che in queste riflessioni ha cercato di sviluppare.

Infine , per il momento un’ultima considerazione : ci sono state polemiche circa parolacce e bestemmie pronunciate in pubblico. Per me la conclusione è semplice :chi dice parolacce e bestemmie dice parolacce e bestemmie, nient’altro.


Eremo Via vado di sole domenica 5 dicembre 2010

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